Cooperazione, l’unica strada per uscire dalla crisi

Sabato 31 Ottobre 2020 di Marco Simoni

Questi giorni così difficili sono diversi dalla fine di febbraio quando la pandemia colpì la nostra vita quotidiana.

Innanzitutto diversi per ragioni negative. La crisi ha già colpito molte categorie, i costi economici che ci apprestiamo a pagare per salvare vite umane colpiscono aziende e persone già provate, come far male nuovamente a un corpo già ferito. Inoltre, abbiamo già speso moltissimi soldi per mitigare gli effetti negativi, ma le risorse non possono essere infinite. 

Infine, rispetto allo scorso inverno, è ormai chiaro che non siamo davanti a un fenomeno difficile ma passeggero. Al contrario ci aspettano mesi e mesi di una complicata condizione da cui usciremo del tutto solo con l’intervento di un vaccino prodotto su grande scala che al momento nessuno può dire veramente quando arriverà. Dobbiamo in altre parole fare affidamento sulle nostre migliori forze per una difficilissima e lunga traversata, da un punto di vista personale e sociale.

Rispetto alla scorsa primavera abbiamo però alcune lezioni da tenere presente, innanzitutto per evitare di cadere in coazioni, e anche per provare a prepararci all’uscita dalla crisi, sociale e economica, che chiaramente sarà più dura di quanto pensavamo anche solo un mese fa. Io credo che al centro di questa risposta e del lavoro preparatorio debba essere lo sforzo di trovare un equilibrio, che al momento non vedo, tra le cose che cambieranno e quelle che non cambieranno. L’esperienza di questa estate, ma anche lo studio di precedenti pandemie nella storia, ci dice che il desiderio istintivo di tutti noi è quello di tornare a vivere esattamente come prima. Di tornare a frequentare luoghi affollati, feste e teatri, di tornare a viaggiare magari in aerei o autobus pieni, di lavorare anche e discutere animatamente in convegni e assemblee. La pandemia non ci porta desideri di “cambiare tutto”, quasi il contrario. Allo stesso tempo questo non sarà possibile. Per esempio, in positivo, perché il lavoro da remoto – che almeno parzialmente resterà come buona abitudine – ci restituirà un po’ di tempo che prima perdevamo forse inutilmente nei trasporti. Ma soprattutto, in negativo, perché gli effetti del Covid hanno aperto e apriranno faglie profondissime di disuguaglianza. Innanzitutto perché le persone più povere e più fragili precipitano in povertà e disagio ancora peggiori. Inoltre, la crisi da pandemia colpisce aziende e settori in modo molto diseguale. Non è solo la differenza tra settore pubblico e settore privato, ma soprattutto all’interno del settore privato ci saranno differenze rilevantissime a seconda del settore in cui si opera. Un percorso di uscita da questa condizione sarà complesso da individuare e non si può certo riassumere in un articolo. Penso tuttavia che dobbiamo riflettere sulle precondizioni che possono aiutarci a trovare il percorso, tenendo presente che le dimensioni della trasformazione che stiamo attraversando non sono totali, ma neanche irrilevanti. Primo: è una illusione pensare di superare la crisi economica da soli, magari a spese degli altri che soccombono. 

Così come la pandemia si contrasta efficacemente se tutti mettiamo la mascherina, così anche non sarà la competizione ma la cooperazione a fare riprendere la nostra economia quando potremo farlo. Secondo: è sbagliato pensare di reagire chiudendosi in recinti nazionali. I livelli di debito che stiamo raggiungendo, la risposta che l’Europa già ha dimostrato di saper dare, mostra che non esiste alcuna possibile uscita unilaterale dalla crisi, che la dimensione europea e internazionale è l’unica in grado di offrire a noi, come agli altri Paesi, gli strumenti necessari. Terzo: bisogna costruire ponti e costruire fiducia, sforzandoci di colmare le barriere che esistono tra le varie “bolle” in cui viviamo. Dobbiamo comprendere che internet e i social media hanno frammentato in maniera estrema le esperienze di tutti, e che la costruzione della fiducia non avviene più spontaneamente perché ha meno luoghi in cui formarsi, e va dunque vissuta da tutte le istituzioni pubbliche e private, come una parte fondamentale della propria missione.

Infine: la lezione più importante della prima metà dell’anno: abbiamo ragione di avere fiducia in noi stessi, e nella nostra capacità di rispettare le regole e di superare le prove. Questa può dunque essere la pietra angolare di una nuova fase del nostro Paese basata sulla responsabilità e sulla libertà anziché sulla diffidenza e sullo scontro. 
 

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