Capienza e trasporti/ L’incertezza delle regole e l’assenza del governo

Mercoledì 16 Settembre 2020 di ​Paolo Balduzzi
Abbiamo sperato che l’estate da sola si portasse via tutti i problemi del Paese, o se non tutti, perlomeno quelli con cui l’emergenza sanitaria ci ha costretto a convivere negli ultimi sei mesi. E abbiamo anche creduto - cittadini, studenti, lavoratori, imprenditori - a quanti ci avevano promesso una riapertura di aziende e scuole con una parvenza di normalità, e solo piccoli ma giustificati sacrifici personali. 

Finite le vacanze, staccata giustamente la spina dai nostri problemi quotidiani, ci siamo subito accorti che ci eravamo illusi. Dai trasporti alla scuola, dai vaccini ai progetti per il futuro del Paese, le risposte che ci aspettavamo non sono mai arrivate. Inutile negarlo: il caos che ancora regna, in queste ultime settimane dell’estate, è frutto principale dell’emergenza sanitaria che ci ha colpito; ma è anche figlio di una eccessiva approssimazione nell’affrontare i problemi da parte di chi aveva e ha la responsabilità, se non di risolverli, almeno di provare a farlo senza peggiorare la situazione. E la ragione di questa approssimazione non può essere certo la fretta. Abbiamo avuto tempo e modo di studiare e cominciare a capire come evolve la diffusione del virus; soprattutto, abbiamo potuto osservare esperienze, tentativi, soluzioni efficaci sperimentate in altri Paesi. 

Paradossalmente, verrebbe da dire, abbiamo reagito meglio proprio nel pieno dell’emergenza: abbiamo saputo adattare la nostra vita, i ritmi del lavoro, addirittura la burocrazia, alle nuove e più cogenti esigenze di sanità pubblica. Ma una volta allentata la morsa più stretta dell’emergenza, ci siamo persi. E due ambiti della vita quotidiana ben esemplificano questo fallimento: i trasporti e la scuola.

È di pochi giorni fa l’annuncio che Italo-Ntv dovrà tagliare 27 convogli sull’alta velocità a partire dal prossimo ottobre: un danno enorme per i lavoratori coinvolti, per i viaggiatori, per la qualità delle infrastrutture viarie del Paese, per la concorrenza nei trasporti, per il turismo. La ragione dei tagli? Semplice: l’azienda non può sopravvivere con il dimezzamento dei posti previsto dalle regole sul distanziamento. E ciò vale anche per il Frecciarossa, che si salva solo in quanto appartiene a un gruppo (le Fs) fortemente diversificato e sostenuto dallo Stato. Ma ciò che più desta perplessità è il disordine di regole. Basti osservare che, per contro, Alitalia è autorizzata al riempimento totale: se si pensa a come si è stipati su uno qualunque degli aerei della compagnia di bandiera, non si comprende la ragione di un tal diverso trattamento. Per non dire del trasporto locale: usciamo di casa e non sappiamo se e quando arriveremo a scuola o al lavoro: invece di potenziare le linee, ci siamo persi in un bicchiere d’acqua colmo di improbabili “quote di riempimento dei posti”. Sicché al bus è dato il riempimento al 100% della capacità, ma solo per 15 minuti (è il caso dell’Atac), mentre ai treni regionali ugualmente il 100%, ma solo stando seduti. E che dire dei traghetti? Nel pieno della stagione turistica la percentuale di occupazione è diventata, in alcuni casi, terreno di scontro tra governo e politica regionale. Non sarebbe perciò il caso di mettere finalmente ordine, uniformando la regola?

Ancora più grottesca la situazione della scuola. Con una premessa. La scuola versa in una situazione critica, al limite della disperazione, a causa di una politica dell’istruzione sconsiderata e di una politica di bilancio squilibrata che nasce ormai diversi decenni fa. Sopravvive, è il caso di dirlo, grazie all’abnegazione di presidi coraggiosi, alla passione di docenti sottopagati, all’apporto monetario, di tempo e di energia di milioni di famiglie. Se non si può quindi rimproverare tutto a questo governo, nemmeno tuttavia lo si può scusare per l’incertezza che ancora, a scuole riaperte, regna sovrana in questo mondo. Siamo uno dei Paesi che apre più tardi il proprio anno scolastico (e in alcune regioni, appunto, ancora le scuole sono chiuse). Eppure, a quello che è successo all’estero, anche vicino a casa, non sembriamo interessati. Non possiamo certo copiare modelli all’avanguardia in pochi mesi, ma davvero è così difficile, in un Paese mediterraneo, trovare spazi esterni e diversi da utilizzare? Non solo: riusciamo anche a complicarci la vita con decisioni scellerate. Nel riacuirsi della diffusione del virus, siamo riusciti a far coincidere una tornata elettorale con la riapertura delle scuole stesse. Votare è sacrosanto, sia chiaro. Ma che proprio le scuole, già mortificate dal bilancio, debbano da sole sopportare la necessità dell’esercizio democratico è di per sé la più paradossale delle situazioni. In un anno, ricordiamocelo senza chiudere gli occhi, che sarà sicuramente caratterizzato da sospensioni e chiusure improvvise.

<HS9> Il Paese vive nell’incertezza: la nostra vita sociale, economica, professionale è appesa alla speranza di ritorno alla normalità. Ma anche alla consapevolezza che ci vorrà ancora molto tempo. In attesa di un autobus, incrociamo le dita sperando di poter salire. E, molto probabilmente, non lo saprà nemmeno l’autista, incolpevolmente condannato a decidere se violare le norme anti-covid o se impedire di salire a infuriati studenti e lavoratori in eccesso. Potere di una metafora: la mente corre subito al nostro governo. Con la differenza che i nostri conducenti non sempre dimostrano di meritarsi la patente per guidarci fuori dall’emergenza.

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