L’ultimo pasticcio/ Il bonus preso a sua insaputa e la figuraccia in Europa

Mercoledì 12 Agosto 2020 di Carlo Nordio
Ammoniti dalla comprensibile indignazione popolare, ma consapevoli che l’emotività è nemica della logica, osiamo riassumere, ragionandoci sopra, i termini di questo ennesimo scandalo, o, meglio sarebbe dire, dell’ennesimo pasticcio. 

Uno. La richiesta del bonus da parte di parlamentari, consiglieri regionali e altri pubblici amministratori, era perfettamente legittima, e come tale esclude ogni conseguenza penale per i loro improvvidi autori. Oggi si sostiene, finalmente, che anche ciò che è penalmente lecito possa essere censurabile. Peccato che, per il passato, l’esistenza di un’indagine a carico di un politico fosse motivo quasi automatico, e unico, di estromissione, mentre altri comportamenti, magari eticamente ben più gravi, restavano senza conseguenze. Meglio tardi che mai. 

Due. Poiché, come dicevamo, l’opportunità può esser criterio anche più importante dell’illiceità per calibrare la statura di chi ci rappresenta, l’aver richiesto il sussidio quando si dispone di un reddito elevato è comportamento quantomeno disdicevole, e come tale va sanzionato.

Bene dunque se è stato chiesto il rapido accertamento dell’identità dei postulanti. La decisione del Garante di togliere ogni vincolo a questa ingiustificata segretezza è stata sacrosanta, e dovrebbe facilitare questo compito.
Meglio ancora se gli interessati lo anticipassero rivelando nomi, date e cifre. 

Tre. Nell’eccitazione purificatrice suscitata da questo episodio, si è fatta una incredibile confusione tra i vari amministratori destinatari del beneficio. Molti di questi sembrano essere consiglieri comunali, assessori o anche sindaci di piccoli comuni, con una retribuzione modesta e talvolta insufficiente alla loro decorosa sopravvivenza. E infatti la più parte di loro mantiene la propria attività professionale, che ben può esser stata vulnerata e forse compromessa dall’epidemia. Assimilare le loro richieste a quelle dei parlamentari non è né giusto né logico, e sentenziare con corrucciato cipiglio la loro indegnità senza valutarne le singole posizioni significa, per dirla con Giobbe, pronunciare sentenze di cenere.

Quattro. In ossequio all’elementare principio che se metti dietro al mulo un bastone e davanti una carota, il mulo sceglie la carota, era prevedibile, e purtroppo inevitabile, che la concessione indiscriminata del bonus avrebbe scatenato gli appetiti più elementari, e questa è una colpa imperdonabile del governo. 

Cinque. Le giustificazioni date a questa precipitosa e allargata generosità sono quantomeno eccentriche. Si è detto infatti che “c’era bisogno di liquidità”, e che, in sintesi, l’urgenza non consentiva di discriminare tra chi stesse morendo di fame e chi no. Probabilmente l’ineffabile grillino che si è espresso così aveva in mente (o anche no) il brocardo latino che “in praeteritum non vivitur”, che cioè non si vive nel passato e se devi mangiare non puoi né attendere a lungo gli alimenti, né chiederne gli arretrati perché si presume che tu sia già deceduto. Ma questo vale, appunto, per chi versa in situazione di necessità immediata, mentre la stragrande maggioranza di titolari di partite Iva, benché vessati dall’emergenza, avrà certamente avuto da parte seicento euro per arrivare a fine mese, o meglio a fine settimana, dando così il tempo al governo di selezionare, almeno grossolanamente, gli aventi diritto.

Sei. Il problema è proprio qui. Porre un tetto di reddito per accedere al sussidio non avrebbe affatto comportato, in un sistema efficiente, il rischio di far morire di fame anche chi non aveva un soldo da parte. Basta infatti schiacciare un bottone per verificare il numero e l’identità dei contribuenti con le relative denunce, e bastano poche ore per avere un panorama dei veri indigenti che devi proteggere. Facendolo, lo Stato avrebbe risparmiato a loro beneficio risorse importanti. Quelle che ora, per l’avidità di alcuni e la dissipazione di altri, vengono a mancare. 

E infine le giustificazioni più banali. Così come alcuni “furbetti” hanno sostenuto di aver ignorato la richiesta inoltrata, e persino di aver ricevuto il bonus a propria insaputa, cosi da parte della maggioranza si è ammesso di non aver immaginato un simile frenetico e generale arrembaggio. Così consolidando quella diffusa impressione non di malafede, ma di sciatta inavvedutezza che già si era manifestata nel pasticcio di tener riservati i suggerimenti del Comitato Tecnico Scientifico per il Covid, salvo poi provvedere in senso contrario.

In definitiva, un continuo stillicidio di errori, e ora anche di sprechi, che sarà severamente giudicato dai nostri partner europei al momento dell’erogazione degli aiuti promessi.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA