Degrado Capitale/Baobab, sgomberato il centro migranti, Salvini: «Ora altri 27»

Mercoledì 14 Novembre 2018 di Paolo Graldi
Sgomberato dalla polizia e poi dissolto dalle ruspe con gli artigli d’acciaio l’accampamento di Baobab Experience di piazzale Maslax (già piazzale Gerardo Chiaromonte): lo smantellamento forzoso è stato deciso dal Viminale e voluto con severa determinazione da Salvini.

Lo sgombero è avvenuto senza incidenti, abbassando il livello della inevitabile polemica politica. Gli occupanti, 120, per lo più provenienti dal nord Africa, erano in preallarme da un paio di settimane, borse e trolley già pronti per il trasferimento in Questura, Ufficio Immigrazione, seguiti e consolati dagli operatori del Comune. A questi ultimi spetterebbe l’onore del ricollocamento e 75 hanno accettato nei giorni scorsi le proposte del Campidoglio, degli altri si saprà forse col tempo. C’è chi teme, attingendo dall’esperienza, che il bubbone dei campi di accoglienza messi su tende e baracche si riproporrà da qualche altra parte. Quello smantellato ieri è stato demolito ventidue volte ed è sempre rispuntato, come un fungo nella notte. Non sarà un’operazione semplice e indolore: il generale Inverno è alle porte, lamentano gli ex baraccati.

Il ministro ha preferito la strada di Twitter per scandire il senso della operazione promettendo sulla strada dei fatti altri 27 interventi per «riportare la legalità a Roma, quartiere per quartiere». La prosa spiccia del ministro, collaudata e rilanciata in mille occasioni, traccia un solco profondo con un passato tollerante, distratto, inconcludente: poca, scarsa accoglienza, quasi sempre affidata alle mani tese di cittadini benemeriti e sensibili al disagio e alle problematiche umanitarie e nessun atto di autentica integrazione. È per questa ragione che anche l’esperienza di Baobab non ha trovato sbocchi nella legalità riconosciuta e a forza di scusanti assolutorie si è trasformata in un problema di ordine pubblico.

All’inizio, anni fa, in via Cupa, si è impiantato il primo accampamento, un’isola, un rifugio tollerato e perfino accettato dagli abitanti della zona. Si vedevamo mamme che facevano la spesa e portavano le buste di cibo, pasta, frutta, fazzoletti, saponi e poi scarpe, magliette, coperte: una beneficenza di quartiere spontanea, gentile, per niente esibita, sincera nell’atto del dono senza aspettativa di un grazie, gesti sorretti solo dalla comune speranza che le istituzioni si sarebbero fatte avanti con soluzioni strutturali, rimuovendo ciò che appariva e doveva essere un momento stretto nel tempo, giusto il necessario per orientarsi e uscire allo scoperto, alla luce della legge. Piccoli episodi hanno dapprima scalfito e poi macchiato l’esperienza. Era evidente che occorresse cercare soluzioni capaci di prosciugare un’accoglienza che s’infrangeva contro un inevitabile degrado. Il Comune, i municipi coinvolti, si sono mossi e qualcosa stanno facendo anche in queste ore, e tuttavia la critica si appunta sulla mancanza di visione verso soluzioni meno fragili e provvisorie.

Il timore, fondato, è che gli atti ispirati al solo ordine pubblico, perseguito con nuova determinazione, si rivelino insufficienti e non sia scongiurata una condizione che disperde queste persone, le sparpaglia e le rende fantasmi, calamitate dalla pericolosa avventura del giorno per giorno. Era chiaro che quel degrado, col tempo, si sarebbe arricchito di tensioni e di presenze incontrollate anche dall’interno. La baraccopoli poi si è spostata dov’era fino a ieri, a piazzale Maxamed Maslax, nome del ragazzo somalo di 19 anni che si è tolto la vita a Pomezia, e anche qui il clima si è via via fatto cupo: una ragazza slovacca stuprata da un tunisino, incolpato anche di sequestro di persona, una donna seguita fin nell’ascensore che la portava nel suo appartamento da un giovane con ambizioni aggressive, altri fatti come i gruppetti di ragazzi che sciamavano spericolati e arroganti per strada correndo a palpeggiare le donne. Timori e paure si sono trasformati sulle ali dei racconti angosciati in un vento di diffidenza e poi di protesta: riguardava magari una minoranza e tuttavia ciò è bastato a cambiare il clima di comprensione.

L’azione del Viminale, com’era prevedibile, ha acceso lo scontro anche perché da più parti, a sinistra, si lancia l’accusa di trattamenti diversificati, là dove abusivi in edifici vengono lasciati in pace, una pace che ha il sapore della simpatia politica. È il caso di Casapound, raggruppamento di ultradestra, per il quale sembra valere la legge del lascia correre. Gli aderenti occupano da gran tempo un edificio in cui neppure alla guardia di Finanza è stato consentito l’accesso. Siamo entrati nel territorio della Tolleranza Zero, con tutti i vantaggi e i rimbalzi indesiderati e scabrosi che le maniere forti determinano. Mani tese con giudizio o soltanto il pugno d’acciaio? Ecco: è la partita che abbiamo di fronte, delicata e complessa. L’Ora X è scattata e l’augurio è che sia la saggezza ad accompagnare il tempo prossimo venturo.
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