Oltre il caso Savona/ Se il fronte della crescita ormai batte in ritirata

Giovedì 7 Febbraio 2019 di P​aolo Balduzzi
Uno dei vizi più vecchi della politica, certamente  non solo italiana, è quello di liberarsi delle persone (diventate) scomode offrendo posizioni compensative, a volte migliori, meno spesso peggiori. C’è anche un’espressione latina, promoveatur ut amoveatur, a indicare questa pratica e a riprova che certi vizi sono consolidati e non sono propri solo della politica contemporanea. L’ultimo esempio è di questi giorni e riguarda la nomina del ministro Paolo Savona alla presidenza della Consob. 

La nomina è stata criticata dalle opposizioni per motivi sostanzialmente burocratici (c’è un conflitto di interessi o non c’è?), ed è un peccato. Perché la sinistra dovrebbe sapere che il conflitto di interessi è un argomento che non interessa minimamente agli elettori (Silvio Berlusconi non ha insegnato proprio nulla?). E perché ci sono decisamente argomenti migliori per criticare la nomina. Che, se vogliamo dirla tutta, dal punto di vista tecnico, anzi non solo tecnico ma anche sostanziale, è una buona notizia, viste la lunga esperienza e la forte caratura professionale vantata da Savona.

Gli argomenti per riflettere su questa nomina sono molteplici. Il primo, e più importante, è che appunto questa operazione ha tutta l’aria di voler allontanare dal governo un ministro diventato scomodo soprattutto per le sue posizioni così apertamente a favore dello sviluppo basato su una politica di investimenti. A volte anche provocatorie, come quando nel pieno della trattativa con l’Unione Europea propose di sforare i famosi parametri della politica di bilancio per finanziare un robusto programma di investimenti. Ma la ricetta giusta era – e resta – esattamente quella. E del resto è ciò che scriviamo e ribadiamo su queste colonne da mesi e che mai ci stancheremo di ripetere. La crescita economica deve essere nutrita del cibo corretto, e questo cibo è dato da politiche di medio-lungo periodo, da investimenti in capitale fisico (infrastrutture) e capitale umano (istruzione, di ogni ordine e grado). 

Certo, non sono politiche con un grande appeal elettorale e per dei leader che pensano solo al consenso è decisamente molto meglio distribuire benefici monetari a pioggia (il riferimento a Reddito di cittadinanza e Quota 100 non è puramente casuale). Ma che classe politica è quella che pensa alle scadenze elettorali e non alla crescita del Paese? Un Paese che cresce è un Paese in cui i cittadini possono ottenere posizioni lavorative migliori e posizioni sociali più elevate, in cui i giovani possono programmare con relativa tranquillità il proprio futuro e pensare di formare una famiglia senza dover andare necessariamente all’estero. E se servisse un’ulteriore conferma numerica che il sentiero imboccato è quello del declino, basta guardare a quelle che, secondo le prime indiscrezioni, sono le stime aggiornate del Pil da parte dell’Unione Europea: +0,2%, un taglio netto rispetto alle previsioni di pochi mesi fa dell’1% di Pil. 

Un mondo – fondato su stime scientifiche - completamente diverso da quel “boom economico” e dall’immotivato ottimismo che invece Di Maio e Conte stanno ammannendo agli italiani. C’è una persona nell’attuale governo che sembra avere capito bene tutto ciò in splendida solitudine: il ministro degli Affari europei. E proprio quest’ultimo sta per lasciare la compagine governativa sulla base di una decisione che appare, a pensarci bene, di portata totalmente diversa rispetto alle esigenze di avere alla Consob la persona giusta (e Savona lo è perfettamente).

È sempre così: se non hai un partito alle spalle, se sei un cosiddetto “tecnico”, parti sempre da una posizione di debolezza rispetto a chi ha una tessera in tasca. E, molte volte, questo è un peccato. Lo è certamente questa volta: non possiamo negare ai politici la necessità e la vanità di essere circondati da persone che danno loro sempre ragione, ma almeno possiamo augurarci per il Paese che essi non siano completamente sordi alle voci fuori dal coro che provano a dare il loro contributo. 
Ultimo aggiornamento: 10:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA