Il commento/ ​Una ferita alla storia dell’Europa

Martedì 16 Aprile 2019 di Marina Valensise
Uno spettacolo agghiacciante assistere in diretta tv all’incendio di Notre Dame de Paris. Seguire impotenti la devastazione delle fiamme, che dal tetto hanno iniziato a lambire lentamente la guglia. 

Per poi risalire fino al pinnacolo, trasformandola in un tizzone ardente. Sconvolgente vedere la guglia accartocciarsi su se stessa e crollare in diretta come un cerino, volando per aria come se fosse un bastoncino dello Shangai. Era la guglia della cattedrale di Parigi, la cattedrale gotica costruita mille anni fa, col suo pinnacolo alto 93 metri e irraggiungibile dalle scale dei pompieri parigini che non possono superare i 30 metri di altezza. Ancora più agghiacciante, vedere il fuoco divampare sul tetto della cattedrale come un mare incontenibile, investirne l’ossatura, forse colpire persino la volta, lasciando vedere l’intelaiatura dei ponteggi per i restauri, come una rete nuda, inerte e inutile. 

Il danno è incalcolabile non solo per un monumento nazionale, visitato ogni anno da 14 milioni di turisti, che per l’Unesco rappresenta il patrimonio dell’umanità. Il danno riguarda non solo Parigi, la capitale della Francia, che vede andare in fumo la sua cattedrale. 

Non rattrista soltanto i cattolici, che all’indomani della domenica delle Palme si apprestano a celebrare la settimana santa in vista della Pasqua. E’ un danno incalcolabile che colpisce il mondo intero, perché la cattedrale di Parigi, come scriveva Victor Hugo, non parla solo della storia religiosa o della storia politica della Francia, la figlia prediletta della Chiesa di Roma. Ma ogni pietra di Notre Dame parla della storia dell’arte, della storia della scienza, della storia dell’architettura, del sapere e del lavoro che per secoli hanno unito la rete di conventi, chiese e monasteri che fondavano l’Europa cristiana. La cattedrale di Parigi, come le centinaia di cattedrali medievali costruite in tutta Europa, da migliaia di mastri e da maestranze che sognavano di alzarsi fino a toccare il cielo è la prima proiezione della coscienza collettiva europea. E quest’incendio devastante e tragico non solo mostra l’estrema fragilità del nostro patrimonio storico europeo, ma è anche un segno dei tempi, in un momento complicato per l’Europa, visto che non riesce più a trovare le ragioni per stare insieme. Mentre l’incendio continua a divampare davanti ai nostri occhi i francesi, e non solo loro, sono sotto choc. Da tutto il mondo arrivano messaggi di cordoglio. Molti sono sgomenti, non trovano la forza di reagire, non vogliono parlare come Alain Besançon, lo storico del leninismo e dell’iconoclastia, che quasi in lacrime sussurra: “E’ un segno apocalittico, e ce le meritiamo”, e sembra echeggiare lo sconcerto del conte De Maistre di fronte alle convulsioni della rivoluzione francese. Difficile pensare che la decristianizzazione imperante, le chiese deserte, e il vuoto metafisico non gettino una luce sinistra su questa apocalissi che continua a divampare sui nostri schermi. E’ la stessa nostra storia, la storia dell’Europa, a andare in fumo. Prima di piangere, è bene prenderne coscienza.
 
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