Nobel, il ritorno al classico senza inseguire il MeToo

Venerdì 11 Ottobre 2019 di Marina Valensise
Finalmente una buona notizia. Un anno fa, per la prima volta dal 1943, i giurati dell'Accademia svedese, la prestigiosa istituzione che assegna il Nobel, avevano deciso di spassare la mano per un anno senza decretare il vincitore del Nobel per la letteratura 2018.

La decisione era l'effetto dello scandalo a sfondo sessuale deflagrato intorno alla figura del settantenne fotografo e regista marsigliese Jean-Claude Arnaut, e della conseguente dimissione di alcuni dei 18 membri della Svenska Akademien, fra i quali sua moglie, la poetessa svedese Katarina Frostenson.
Il marsigliese Arnault, promotore di un noto circolo letterario, già posto sotto sequestro, era stato accusato di aggressione e violenza da parte di una ventina di signore, per fatti risalenti ad alcuni anni orsono, caduti in prescrizioni. Una delle sue vittime, tuttavia, era riuscita a ottenere giustizia, con la condanna a due anni di carcere e un risarcimento di 115 mila corone, comminata dal tribunale di Stoccolma al regista-fotografo, giudicato un predatore sessuale. La Svenska Akademien e tutta la cultura svedese era sotto choc. Per superare lo scandalo, bisognava punire in modo esemplare il Weinstein di Stoccolma, e cavalcare il Me Too, cambiando i criteri di assegnazione, per marcare un svolta.

La buona notizia è che, un anno dopo, i giurati dell'Accademia svedese chiamati ad assegnare un doppio premio per il Nobel della letteratura hanno compiuto una scelta esemplare. Lungi dal cavalcare le pulsioni del momento, e blandire incongruamente il metodo delle quote rosa, per il Nobel 2018 hanno scelto una scrittrice di grandissimo valore, come la polacca Olga Tokarczuk con una motivazione esemplare, premiando «l'immaginazione narrativa che con enciclopedica passione rappresenta il superamento dei confini come forma di vita», e i suoi molti romanzi costruiti «su una tensione tra opposti aspetti culturali, natura versus cultura, ragione versus follia, uomini versus donne».

A Stoccolma, dunque, hanno aspettato un anno, ma non potevano dare migliore risposta allo scandalo per molestie sessuali e soprattutto al fanatismo del Me Too. Premiando una scrittrice fuori dal mainstream, hanno riconosciuto per una volta il valore assoluto della letteratura, e della grande letteratura, senza cedimenti alle mode e alle attese più prevedibili. Olga Tokarczuk, che solo in Italia passa per un'autrice di nicchia, mentre in Polonia e in tutta Europa è considerata una star, premiata da un immenso successo di pubblico, e insignita persino del Booker Prize, è un'ex psicologa, che testimonia nei suoi romanzi la singolarità della cultura polacca contemporanea, divisa tra il sogno di un futuro apparentemente allettante eppure deludente e il richiamo a un passato che non passa, con le sue ombre, i suoi fantasmi, i tanti drammi non risolti e le passioni lancinanti.

Bisogna leggere i suoi romanzi, fatti di viaggi nel tempo e nello spazio, come i Vagabondi dove la grande storia si intreccia alle piccole vicende famigliari, per apprezzare la sensibilità di una scrittrice, cresciuta nella Polonia comunista, svezzata alla libertà da donna adulta, estremamente attenta all'oggi, ma anche piena di rispetto per il passato della Polonia e la sua storia. E pazienza allora se per compensare questa scelta coraggiosa, i giurati svedesi hanno voluto assegnare il Premio Nobel per la Letteratura 2019 a Peter Handke, lo scrittore e drammaturgo austriaco che oltre ad essersi macchiato del sostegno al dittatore serbo Milosevic, resta una delle espressioni più alte del depressismo europeo.
 
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