Se la politica monetaria si lega agli scenari di guerra

Domenica 15 Ottobre 2023 di Angelo De Mattia

Le aspettative iniziano ad occupare la scena e non sono per ora quelle cruciali riguardanti il “ dove si arriverà” nella guerra in Israele dopo i crimini efferati e la barbarie dei miliziani di Hamas, da distinguere dalla popolazione civile palestinese, e l’assedio di Gaza.

Esse riguardano, a un livello assai meno importante, quel che potranno decidere rispettivamente la Bce e le agenzie di rating: la prima, in materia di tassi d’interesse di riferimento su cui il Consiglio direttivo è chiamato a deliberare il prossimo 26 ottobre, e le agenzie di rating che con Standard & Poor’s il 20 ottobre prossimo inizieranno a emettere il rispettivo giudizio sul debito italiano ( Moody’s il 17 novembre, dopo Fitch il 10 dello stesso mese).

Quanto alla Bce, i segnali che vengono da alcuni “ falchi” del Consiglio direttivo - nel quale vi è stato un duro confronto tra favorevoli e contrari sull’ultimo, il decimo, innalzamento dei tassi per 25 punti base - vanno in direzione dell’eventualità, pur affiancata da bilanciamenti, che il 26 ottobre vi sia una pausa negli aumenti. Si pensi che il durissimo presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, molto cautamente non ha escluso questa ipotesi, cosa che, se confermata, sarebbe, conoscendo il rigorismo esasperato di questo banchiere centrale, il classico uomo che morde il cane.

In effetti, il calo dell’inflazione nell’area, la debolissima crescita, l’impatto che potrà esercitare la guerra in Israele che si affianca a quella in Ucraina e ad altri conflitti con riflessi sui prodotti energetici, fino a ipotizzare, da parte di qualcuno, rischi di recessione, dovrebbero condurre a una pausa, sia pure impregiudicati restando i successivi sviluppi e anche se la Federal Reserve si dovesse orientare, invece, come si teme, per un aumento dei tassi di 25 punti base in considerazione, tra l’altro, di una discesa dell’inflazione minore, sia pure di pochissimo, rispetto a quella prevista.

La politica monetaria non può fare astrazione da un contesto assai difficile e non si può affiancare a chi vorrebbe restrizioni nella politica economica dei partner europei e restrizioni maggiori nella politica monetaria. Si sono succedute in questi giorni dichiarazioni, alcune ambigue di banchieri centrali dell’Eurosistema, altre chiare. Permane una debole capacità di sintesi e propulsiva della presidente Christine Lagarde, mentre il Fondo monetario internazionale sposa ancora la linea restrittiva assumendo che è preferibile sbagliare in eccesso anziché in difetto, senza darsi carico, però, delle conseguenze dell’eccedere.

Sarebbe ora, però, che si imboccasse una linea coerente con lo scenario che si profila e si adottasse una comunicazione che non peggiori paradossalmente una situazione già difficile. Sono fondamentali misure d’anticipo che incidano sulle aspettative. Poi c’è l’attesa diffusa dei rating del debito pubblico, che certamente è spiegabile. E’ chiaro, però, che dalle predette agenzie non può dipendere il destino delle politiche nazionali. Spesso abbiamo ricordato i gravi limiti della normativa europea e la necessità di un’adeguata supervisione su di esse, anche con riferimento ai potenziali conflitti di interesse, perchè ci sarebbe da chiedersi” Quis custodiet ipsos custodes?” Se a queste società si affidano funzioni il cui esercizio può incidere sulla vita degli Stati e, finanche, di assetti federali, è necessario che su di esse vi sia un’adeguata vigilanza che ovviamente non deve intervenire sulla libera manifestazione del pensiero. Comunque, sin d’ora sarebbe bene prepararsi a valutare attentamente le motivazioni che saranno date delle loro decisioni che, si spera, siano già analitiche.

Queste possono risultare inoppugnabili o, al contrario, contestabili. E’ proprio la motivazione l’elemento di garanzia. Se oggettivamente dovessero risultare criticabili influendo così’ sul giudizio finale, con il “rating” o con l’”outlook”, il Governo dovrebbe difendere le proprie ragioni con argomentazioni contrarie ineccepibili: così vuole la dialettica. 
Il Governatore Ignazio Visco, pur sottolineando l’importanza del calo del debito, ha osservato che lo spread Btp - Bund, considerati i fondamentali della nostra economia, dovrebbe essere più basso. Ocorrerà, comunque, valutare quel che consegue da una revisione della crescita del Pil al ribasso che la Banca d’Italia fissa allo 0,8 per cento nel prossimo anno. Ma non sarebbero affatto utili gli allarmismi. E’ fondamentale, tuttavia, una comunicazione istituzionale adeguata e rigorosa da parte del Mef. È nell’interesse del Paese che ciò avvenga.

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