Le chiese, un patrimonio che la Francia trascura

Mercoledì 17 Aprile 2019 di Claudio Strinati
Mentre l’incendio si sviluppava, il mondo è stato informato che Notre Dame di Parigi appartiene allo Stato francese.
E non appartiene, dunque, alla Chiesa. Proprio come avviene in Italia, dove lo Stato è proprietario di innumerevoli edifici sacri di cui gestisce e amministra comunque la tutela culturale. Abbiamo così saputo che lo Stato francese spende ogni anno qualcosa per Notre Dame ma i fondi sono insufficienti tanto che, con l’ incendio in corso, grandi mecenati hanno subito annunciato enormi donazioni per il restauro della chiesa. Ma allora lo Stato francese si cura bene o male dei suoi beni culturali?

In tal senso l’incendio non prova nulla di preciso, essendo uno di quegli eventi difficilmente prevedibili e controllabili, come fu per l’incendio della Cappella della Sindone nel Duomo di Torino. La televisione ha fatto vedere come il restauro in corso da tempo a Notre Dame fosse condotto con cura e attenzione anche se forse sono stati proprio i ponteggi a veicolare l’incendio dentro quella vera e propria foresta di travi lignei strutturanti l’armatura del soffitto, complice il forte vento e, probabilmente, un sistema antincendio a Notre Dame non in perfetta efficienza. Forse non c’era niente da fare. Ma questo non cambia il giudizio storico-critico che inevitabilmente deve essere formulato da parte di chi osserva ciò che accade.

Non da oggi c’è l’impressione che lo Stato francese non abbia la tutela delle chiese antiche - e qui questi edifici vanno intesi anche, assai laicamente, come monumenti - al primissimo posto dei suoi conclamati meriti. Certo, lo Stato è laico ma è laico anche lo Stato italiano eppure in Italia la tutela delle chiese antiche è molto più capillare ed efficace. Un sistema che funziona egregiamente. Come in Francia è ben poco finanziato, i grandi mecenati privati non mancano: ma anche da noi ci sono complessi artistici illustri in abbandono o semiabbandono. Ma questo, perlomeno, è ben chiaro alla coscienza dei tutori del bene pubblico che comunque si adoperano almeno sul piano della conoscenza e della catalogazione, una sorta di protezione secondaria provocata anche dalla mancanza di personale e di fondi. C’è invece una carenza europea perché in questo campo l’Europa non ha ancora portato una armonizzazione normativa.

Soprattutto noi lo facciamo e, oserei dire, dai tempi di Augusto, anche se, ammettiamolo, con alterni risultati. Un giro per le chiese monumentali di Parigi ci porta sovente in luoghi tristi, polverosi, talora desolanti. L’ illuminazione è per lo più cimiteriale, chilometri e chilometri quadrati di affreschi ottocenteschi sovente di degnissimo valore si affievoliscono ogni anno di più, mai restaurati, mai consolidati e puliti. Immani dipinti e gigantesche sculture affondano nell’oscurità e nella trascuratezza. Non si percepisce alcun amore, alcuna particolare attenzione per quel patrimonio che sta come sta. A fronte della politica museale più agguerrita, la tutela del territorio in Francia è ancora una meta da conquistare. Ci sono delle ragioni legate al laicismo francese, all’organizzazione generale della cultura, alla riconosciuta rilevanza di alcune attività prioritarie rispetto ad altre. Ma non cogliamo l’occasione da sciagure altrui per autoflagellarci quando scopriamo dolorose carenze proprio in chi ammiriamo. Ogni tanto una critica costruttiva giova a chi la fa e a chi la subisce.
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