Sbarchi e sicurezza/ Smontare il rigore, passo falso da evitare

Venerdì 6 Settembre 2019 di Carlo Nordio
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Come primo atto del suo insediamento, il nuovo Consiglio dei Ministri ha deciso di impugnare una legge regionale del Friuli Venezia Giulia contenente disposizioni sui migranti. Il motivo giuridico sarebbe che alcune norme eccedono le competenze statutarie della Regione. 

Non discutiamo, ovviamente, il merito tecnico del provvedimento: il perimetro di competenze tra Regioni (in questo caso a statuto speciale) e Stato è complesso e insidioso: in ogni caso, partendo dal principio della presunzione di legittimità degli atti, diamo per buono che l’impugnazione del governo sia corretta. 

A questo punto si pongono tuttavia due considerazioni. Primo. La legge regionale non è stata fatta ieri, e il precedente governo, con lo stesso Primo ministro e con buona parte dei suoi attuali componenti non aveva avuto niente da ridire. Ha scoperto solo ora che vi era un eccesso di attribuzioni? È ovviamente lecito dubitarne. 
Secondo. Questi leciti dubbi insinuano l’ipotesi che, al di là dell’aspetto giuridico si tratti del primo passo di quel “revirement” sulla politica migratoria auspicato dal Pd nell’ambito della cosiddetta discontinuità. Ora, non vi sarebbe niente di sorprendente se, in ottemperanza alle promesse elettorali e al nuovo accordo di governo si cambiasse, con avveduta progressione e razionale omogeneità, il precedente indirizzo. 

Certo sorgerebbero delle perplessità dovute all’eventuale contrasto con la precedente rigorosa strategia del democratico Minniti, e ancor più con quella di Di Maio e dello stesso Conte che, ricordiamolo, si sono pubblicamente e orgogliosamente associati a Salvini nella gestione della nave “Diciotti” e nella successiva inchiesta giudiziaria, condividendone opinioni e responsabilità. 

Ma queste son cose che in politica accadono, possono essere messe in conto. Quello che invece il governo non mette in conto è il consenso che la politica migratoria precedente - sia pure con alcuni errori - aveva ottenuto presso la maggioranza dell’opinione pubblica, la quale osserverà sbigottita questo improvviso cambio di marcia adottato non dal Viminale ma dall’intero Consiglio dei Ministri, nella nuova e diversa sede dei conflitti di attribuzioni regionali. Non solo, ma questa repentina inversione di tendenza - ripetiamo, formalmente legittima - rischia di esser letta come una sorta di populismo all’incontrario, cioè di cedimento arrendevole al solidarismo indiscriminato.

Questo avrebbe, come conseguenza naturale, un’accoglienza generalizzata, in stridente contrasto con la stessa “ratio” dei decreti sicurezza che Di Maio ha solennemente proclamato di voler mantenere, una volta depurati delle criticità tecniche manifestate dal Capo dello Stato, e che rientrano nei 26 punti del programma di governo. 
Davanti a una tale contraddizione, il cittadino si domanderà se davvero sia un buon inizio. E se, continuando così, alla fine di questo inizio cominci l’ inizio della fine.
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