Il Coronavirus e la tutela di tutti/ Decidere ascoltando la scienza

Giovedì 5 Marzo 2020 di Barbara Gallavotti
Il Coronavirus e la tutela di tutti/ Decidere ascoltando la scienza

In Italia cambiano le abitudini, almeno per qualche tempo. Si annunciano le ultime misure per arginare la diffusione del nuovo coronavirus, in particolare la chiusura delle scuole. Già ieri però sono state diffuse anche raccomandazioni sul comportamento personale. Ad esempio il consiglio di non darsi la mano nel salutare. È qualcosa di cui nessuno di noi ha memoria: appena poco tempo fa, solo l’idea che qualcuno potesse entrare nella nostra vita privata in questo modo ci sarebbe parsa assurda. 

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Eppure per quanto la posta data dal dover affrontare l’epidemia sembri alta, forse stiamo persino mettendo in gioco qualcosa di più: stiamo mettendo alla prova la nostra società e il ruolo che vogliamo abbiano decisori, politici, scienziati e ricercatori, economisti e noi tutti cittadini. Cominciamo da scienziati e ricercatori. Il loro è un compito cardine: far progredire la conoscenza in ambiti dalle applicazioni molto immediate, come la medicina o la climatologia, ma anche in discipline di base dalle quali emergono di solito le idee più innovative, come la fisica o la matematica.

In un momento di crisi come questo, scienziati e ricercatori sono gli unici a poter dire con cognizione di causa quale sia lo stato delle conoscenze. Si sa ad esempio come si diffonde il virus, quali sono le sue caratteristiche, quante persone colpite possono aver bisogno di assistenza, quali sono i comportamenti migliori per proteggerci e così via. Alcune informazioni sono consolidate e condivise fra medici e ricercatori, per altre occorrono ancora nuovi studi. In ogni caso dalla comunità scientifica emerge l’assoluta necessità di contenere la diffusione del virus, una necessità evidentemente espressa dal Comitato Tecnico Scientifico Nazionale voluto da Palazzo Chigi.

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Una volta che scienziati e ricercatori hanno fornito le informazioni necessarie però sta ai politici stabilire cosa fare. 
Non è una decisione facile e deve tenere conto dello scenario generale. Un buon esempio è il caso delle vaccinazioni. I vaccini sono considerati lo strumento più efficace per la tutela della salute pubblica e la comunità scientifica è unita nell’affermare che i benefici delle vaccinazioni superano di gran lunga gli effetti indesiderati. Certo possono sempre esserci voci isolate che dicono il contrario, ma per quanto autorevoli possano essere i loro difensori queste convinzioni non sono ritenute attendibili se non riescono a essere supportate dal risultato di ricerche rigorose.

Ora come sappiamo negli ultimi anni numerosi Paesi si sono trovati a fronteggiare l’emergenza data dal calo di diverse vaccinazioni. A fine novembre la rivista Nature riportava che ancora nella prima metà del 2019 in Europa si erano registrati ben 90.000 casi di morbillo, oltre 17 volte il numero rilevato in tutto il 2016. Di fronte alla chiara indicazione degli scienziati sulla necessità di agire, decisori e politici hanno dovuto stabilire in che modo riportare il numero dei vaccinati a una percentuale sufficiente a proteggere la popolazione.

Paesi come gli Stati Uniti, ma anche Francia, Australia e Italia nel tempo hanno deciso di rendere alcune vaccinazioni obbligatorie per i bambini in età scolare e la misura sembra aver dato risultati positivi. È stata una decisione giusta? A mio parere sì, ma non tutti sono d’accordo. Alcuni ritengono che sarebbe stato non solo possibile ma anche più efficace convincere un numero sufficiente di contrari dell’opportunità di vaccinarsi. Dunque ecco che di fronte a un messaggio chiaro dal mondo scientifico, cioè la necessità dei vaccini, i decisori hanno dovuto valutare diverse strategie e decidere la più opportuna.

Allo stesso modo oggi di fronte all’assoluta necessità di contenere il contagio dovuto al nuovo coronavirus, politici e decisori si trovano di fronte al difficilissimo compito di stabilire quali azioni intraprendere. Se vivessimo in un Paese abituato a decisioni autoritarie, il quadro sarebbe già sostanzialmente completo. Ma in una democrazia non possiamo trascurare il ruolo che abbiamo noi cittadini. Noi non dobbiamo né possiamo esprimerci sulla sostanza dei risultati scientifici, ma sulle decisioni che vengono prese in base ad essi abbiamo voce in capitolo come elettori. Questo richiede una grandissima maturità.

Non è per niente facile essere razionali e riuscire a non essere emotivi quando si tratta di prendere posizione su argomenti come l’uso delle cellule staminali o del nucleare. Ancora più complicato è accettare le decisioni delle autorità in momenti delicati come questo. Nella nostra società democratica misure difficili come quelle che si profilano non possono essere basate sulla forza e hanno successo solo se c’è l’appoggio di tutti noi. Questa emergenza ci sta costringendo a fare qualcosa a cui non siamo abituati: rinunciare a opporci a decisioni che possiamo non condividere almeno in qualche dettaglio e agire insieme per il bene comune.
 

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