Lo spiraglio/Il nuovo ruolo dell’Italia passa anche da Ankara

Giovedì 9 Gennaio 2020 di Alessandro Orsini
Lo spiraglio/Il nuovo ruolo dell’Italia passa anche da Ankara
Il presidente del Consiglio Conte ha ricevuto a Roma il generale libico Haftar e sembra che, almeno per un giorno, che andrebbe goduto a lungo, le notizie buone superino quelle cattive. La buona notizia è che Haftar sembra essere aperto a una soluzione pacifica, per la prima volta dal giorno in cui ha dato inizio all’attacco contro Tripoli, il 4 aprile 2019. Non sappiamo se quest’apertura durerà, ma dobbiamo prima di tutto comprendere come sia stata possibile. 
Soltanto capendo le forze che hanno mosso Haftar potremo capire le forze che potrebbero fermarlo. E allora diremo subito che il merito principale è della Turchia. Ciò che sta accadendo in Libia è infatti di una semplicità estrema e può essere afferrato agevolmente da qualunque mente priva di pregiudizi. Per amore di chiarezza, spiegheremo questo dramma in tre punti o atti. Atto primo: Haftar aveva iniziato l’assalto contro Tripoli dopo essersi assicurato il sostegno di Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Russia, Francia e, purtroppo, anche di Trump. 

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Haftar è avanzato fino alle porte di Tripoli che, in preda alla disperazione, ha chiesto aiuto militare al governo Conte, il quale ha rifiutato per ragioni costituzionali e di opportunità strategica. La Costituzione italiana proibisce di risolvere le controversie internazionali con la guerra.
Quanto alle ragioni strategiche, l’invio di armi al governo di Tripoli, da parte dell’Italia, avrebbe causato l’invio di armi ad Haftar, da parte della Francia. Le conseguenze negative di una simile scelta sarebbero state talmente numerose da non poter essere elencate per motivi di sintesi. Ci limitiamo soltanto a dire che la Francia e l’Italia si sarebbero combattute indirettamente a due passi dalla Sicilia.

Atto secondo: il governo di Tripoli, in procinto di cadere e quindi sempre più disperato, ha chiesto aiuto alla Turchia, mentre Haftar continuava ad avanzare approfittando della paralisi strategica dell’Italia. Erdogan, che non aveva nessuna intenzione di essere coinvolto nella guerra in Libia, come dimostra il fatto che se n’è tenuto fuori per circa dieci anni, ha accettato di inviare i propri soldati per contrastare Haftar. A questo punto, tutto ha iniziato a cambiare rapidamente. I sostenitori di Haftar hanno compreso che la strada verso Tripoli non era più sgombra, visto che Erdogan si accingeva a piazzare i propri blindati. E siccome Erdogan ha il secondo esercito più grande della Nato, è parso conveniente predisporsi a nuove soluzioni. 

E così Putin ha incontrato Erdogan a Istanbul con cui ha rilasciato un invito congiunto a fermare le armi. Atto terzo: grazie a Erdogan, l’Italia si è liberata dalla paralisi strategica e ha potuto dispiegare al meglio la propria azione diplomatica. Questo è un merito del governo italiano, purché sia chiaro che Conte non avrebbe avuto alcun incontro con Haftar, senza l’intervento di Erdogan. 
Non sappiamo se la guerra in Libia cesserà nelle prossime settimane. Tuttavia, sappiamo che Haftar non si fermerà se non sarà fermato. Giunti a questo punto, possiamo ricavare due insegnamenti fondamentali, con l’augurio che ci aiutino a navigare meglio nelle acque tempestose del Mediterraneo. Il primo insegnamento pratico è che la Turchia e la Russia contano più degli Stati Uniti in tutto quello che accade in Libia, anche a causa del disimpegno di Trump in quel Paese martoriato. 

Questo significa che l’Italia e l’Europa devono ripensare il loro modo di porsi verso la Turchia. Le soluzioni sono soltanto due: o l’Europa impedisce a Erdogan di avvicinarsi alle proprie coste oppure gli tende la mano. Il meccanismo è davvero semplice: i nemici, o presunti tali, si tengono lontani. Se si avvicinano troppo, bisogna farseli amici. Il secondo insegnamento è teorico e ha a che vedere con il ruolo della forza nella politica internazionale. 
Qualcuno, dopo l’incontro tra Conte e Haftar, dirà che gli inviti alla moderazione, i continui appelli alla pace e la diplomazia danno risultati concreti. In Libia, però, è accaduto il contrario e cioè che la minaccia dell’uso della forza da parte della Turchia ha aperto un nuovo spiraglio alla pace, riaprendo le porte della diplomazia di Conte, in cui ci auguriamo che Haftar possa entrare (o essere sospinto). 

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