Senza welfare cresce la povertà educativa e emotiva delle giovani generazioni

Lunedì 29 Maggio 2023

Fondazione L’Albero della Vita con la supervisione scientifica dell’Università degli studi di Palermo presenta la ricerca dedicata a come la povertà economica delle famiglie determini quella educativa e emotiva dei più piccoli

In un precedente articolo, abbiamo dato rilevanza al Primo Rapporto sulle Disugualglianze elaborato dalla Fondazione Cariplo per “creare conoscenza sulle diverse dimensioni della disuguaglianza” e nel quale si segnalava come l’area della povertà sia cresciuta in maniera molto importante: nel 2021 circa due milioni di famiglie si trovano in una situazione di povertà assoluta, ossia più del doppio rispetto al 2005. Da questi dati emergeva un’urgenza specifica relativa al percorso di istruzione obbligatoria che “fatica purtroppo da solo a svolgere il ruolo di ascensore sociale per i gruppi di studenti più svantaggiati, contribuendo anzi a sedimentare le disuguaglianze iniziali di apprendimento che derivano dai diversi background socioeconomici (…) il 55% dei ragazzi che crescono in centro pensano di andare all’estero; fra chi cresce in periferia solo il 29%“.

A distanza di qualche settimana, in relazione alla tematica della disuguaglianza territoriale, la Fondazione L’Albero della Vita con la supervisione scientifica dell’Università degli studi di Palermo ha pubblicato oggi la ricerca Come cambia la povertà nelle periferie italiane: il punto di vista delle famiglie e dei bambini. Nelle periferie delle città di Milano, Genova, Perugia, Napoli, Catanzaro, Palermo, la Fondazione è presente dal 2014 con il programma di contrasto alla povertà Varcare la soglia, i cui beneficiari ad oggi, e a seguito della pandemia, sono circa 1.100 famiglie. Come sottolinea Isabella Catapano Direttice Generale Fondazione L’Albero della Vita “a farla da padrone, all’interno del macro tema della povertà è la povertà educativa.

La deprivazione di questi bambini di ogni tipo di input culturale: che si tratti di cinema, teatro, libri o mostre. Per motivi economici e logistici sempre più spesso queste famiglie rimangono digiune di stimoli. Senza questi stimoli, che la sola scuola non può dare, viene a mancare un motore sostanziale per l’immaginazione”.

La ricerca è stata condotta con la supervisione scientifica del Dipartimento di Scienze psicologiche, pedagogiche dell’esercizio fisico e della formazione dell’Università degli Studi di Palermo, tra agosto e settembre 2022 su un campione di 454 persone, di cui 227 adulti e 227 minori. La maggioranza delle famiglie è composta da due genitori, 78%, contro il 22% delle famiglie mono genitoriali. Per quanto riguarda le famiglie mono genitoriali nella quasi totalità dei casi il genitore è la madre, 80%. Nel 38% dei casi le famiglie hanno quattro componenti, nel 27% de casi i componenti sono 5 e nel 17% sono 3. Tenendo presente l’obiettivo di indagare i livelli o l’aumento della povertà in Italia, l’analisi si è concentrata su:

Titolo di studio e lavoro

La maggior parte delle madri, il 44%, e la maggior parte dei padri, il 47%, hanno un titolo di studio di scuola media inferiore. Per quanto riguarda lo stato occupazionale l’76% delle madri è senza lavoro contro l’41% dei padri. A lavorare in nero sono il 39% delle madri e il 17% dei padri. Il 51% del campione è in cerca di lavoro. Cui si aggiunge un 16% che il lavoro vorrebbe cambiarlo e un 14% che lavora ma desidererebbe un contratto regolare. Significa che per l’81% del campione la situazione lavorativa non è soddisfacente. Relativamente alla percezione della propria condizione solo l’11% ritiene di stare meglio di prima. Il 73% del campione ritiene di essere povero o molto povero.

Casa e alimentazione

Il 18% delle famiglie ha una casa di proprietà. Per il 27% l’alloggio e in casa popolare, per il 30% in affitto con contratto (ma c’è un 3% senza contratto). Una quota del 16% vive in una casa occupata. Le abitazioni sono al 54% mono e bilocali. I trilocali sono il 27%. Il 30% degli appartamenti sono affollati o sovraffollati mentre il 70% è considerato vivibile. Il 37% degli intervistati dichiara che in casa non sono presenti giochi per i bambini e il 67% desidererebbe cambiare la situazione attuale. Circa l’alimentazione il 68% del campione non riesce o non riesce sempre a garantire tre pasti al giorno in famiglia. Il 50% non riesce o non riesce sempre a garantire almeno un pasto al giorno a base di carne, pesce o equivalenti vegetali mentre il 58% non riesce a mangiare frutta e verdura fresche ogni giorno.

Scuola

Per quello che riguarda i nidi l’82% dei bambini tra gli 0 e 12 mesi non è iscritto, nella totalità dei casi la causa è la mancanza di posti nelle strutture del quartiere. La percentuale scende al 36% per i bambini tra 1 e 2 anni di età. Questo significa che in media circa un bambino su tre obbliga la madre a non poter lavorare per accudirlo per almeno un anno. Infine il 29% dei figli tra i 14 e i 18 anni non è iscritto ad alcuna scuola secondaria di secondo grado, dato che è pericolosamente più alto della media nazionale: l’ultimo rapporto della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome infatti parla di una media nazionale di abbandono scolastico sul 2022 del 12,7%.

Strumenti di welfare disponibili

Sono principalmente due gli strumenti esistenti: l’assegno unico e il reddito di cittadinanza. Più residuali sono i sussidi del Terzo settore e gli aiuti familiari. A stupire molto è il fatto che solo 37% degli intervistati riceve effettivamente sostegno da una di queste misure. Bel il 63% non ha alcun tipo di aiuto, principalmente il motivo è che non sanno di aver diritto on di poter accedere a questo tipo di welfare. Tra chi riceve aiuti il 34% riceve l’assegno unico mentre il 31% riceve il reddito di cittadinanza.

La cultura e le attività ricreative per i bambini sono per le famiglie un lusso

Il 76% non svolge attività ricreative e sportive quotidianamente, il 43% non ha casa libri adatti all a propria età e al proprio livello di conoscenza. Il 53% non è mai stato al cinema nell’ultimo anno e il 37% ci è stato uno volta sola. L’89% del campione non è stato a teatro nell’ultimo anno, mentre il 78% non ha partecipato a visite al patrimo-
nio artistico, culturale e ambientale.

Incapacità di conoscere ed esprimere le proprie emozioni

Questa capacità è strettamente legata alle condizioni economiche, più cresce la povertà, maggiore è la difficoltà di conoscere, esprimere e controllare le proprie emozioni: se a non saper esprimere felicità tra i bambini che, della categoria povertà, stanno leggermente meglio è il 50%, prendendo in esame la fascia più in difficoltà la percentuale cresce fino al 81% (ben 31% in più). Stessa cosa se si considera chi è in grado di gestire frustrazione e rabbia: tra chi sta meglio si tratta del 76% mentre tra chi sta peggio la percentuale è addirittura del 91%. Il 67%, ritiene di non essere capace di esprimere felicità quando accade qualcosa di bello. Lo stesso accade quando si tratta di manifestare soddisfazione per il raggiungimento di obiettivi che ci si è preposti: il 65% non riesce a gioire appieno dei propri successi. Quando si tratta di esprimere liberamente la propria contentezza e il proprio entusiasmo in occasione di feste e incontri con gli amici il 67% non si sente capace di farlo. Il 60% non riesce poi a rallegrarsi del successo di un amico, il 35% si sente abbastanza capace di farlo.

Il rapporto si conclude con un’analisi strutturale e invito alle istituzioni decisivo e non più procrastinabile: “riteniamo quindi imprescindibile che si lavori, insieme pubblico e privato, per migliorare l’accesso ai servizi socio-educativi per le famiglie a rischio di marginalità sociale, per rafforzare le competenze genitoriali e far emergere le risorse nascoste nelle individualità dei giovani. Crediamo inoltre fondamentale promuovere comunità educative, con la scuola al centro, in cui tutti gli attori istituzionali, sociali, culturali ed economici assumano come propria responsabilità i percorsi di crescita e studio dei minori, rimuovendo gli ostacoli che impediscono loro la piena fruizione dei processi formativi. Investire infine sulle “politiche di conciliazione vita-lavoro”, sostenendo l’occupazione femminile attraverso l’erogazione di servizi formativi e ricreativi per i figli, permetterebbe di aumentare il reddito di molte famiglie e sarebbe strategico per ridurre la povertà materiale ed educativa di tanti bambini”.

Lucia Medri

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Ultimo aggiornamento: 12 Giugno, 11:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA