Salvataggio banche venete, Bankitalia: «Operazione inevitabile, lo Stato potrebbe anche guadagnarci»

Lunedì 26 Giugno 2017 di Roberta Amoruso
Fabio Panetta
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Altro che regalo a Intesa Sanpaolo.

Il passaggio delle Banche Venete era «un’operazione necessaria» per evitare «uno choc sanguinoso» per il sistema bancario, i risparmiatori e l’economia. Dunque, il contributo ad Intesa Sanpaolo sarebbe stato dato «a chiunque avesse dimostrato di poter fare l’operazione». Il costo per lo Stato? «Molto contenuto o addirittura nullo». Alla fine lo Stato «potrebbe anche guadagnarci». Ne sono convinti i vertici della Banca d’Italia, a partire dal Vice direttore generale Fabio Panetta che ha illustrato i dettagli della liquidazione realizzata nel week-end assieme al capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo. La liquidazione ordinata (lca) era senza alternativa, spiegano da Palazzo Koch, ed è stata fatta nel rispetto delle regole, italiane e internazionali. «È una soluzione necessaria, inevitabile e con costi contenuti», dice Panetta, «si è evitato uno shock al sistema finanziario e all’economia reale». Certo la ricapitalizzazione precauzionale era la strada preferita da Bankitalia. Ma è stata bocciata dalla Dg Comp. Che ha anche rispedito al mittente la proposta dei quattro hedge fund che a fine maggio si erano presentati per rilevare una quota delle due banche venete chiedendone. «Mettevano troppo poco capitale» per la Dg Comp. Panetta poi non ci sta con la tesi che l’anno scorso si sarebbe potuto fare meglio e a costi inferiori. Tutt'altro: «Ci sarebbe stato un bail-in sanguinoso, con l’attivazione del Fondo interbancario». Un esito «molto costoso e potenzialmente dirompente per l’economia italiana». Ma vediamo nei dettagli i costi in tasca fatti allo Stato. La previsione di costi molto contenuti, fino a zero per lo Stato, si basa secondo la Banca d’Italia, sul fatto che l’attivo della liquidazione di Popolare Vicenza e Veneto Banca ammonta a 11,7 miliardi ed «è capiente» per controbilanciare i costi. L’attivo di liquidazione comprende crediti deteriorati netti per circa 12 miliardi, già svalutati da Atlante, in gran parte costituito da inadempienze probabili (gli ex incagli) con buone probabilità quindi di essere recuperate dalla Sga, soggetto pubblico paziente nel recupero dei crediti che diventa, di fatto quell’asset management company (amc) per le sofferenze che da tempo in Italia si cercava di realizzare senza successo». I costi sostenuti dallo Stato, spiegano da via Nazionale «sono poco più di 5 miliardi da non confondere con i 17 miliardi di risorse «mobilitate» indicate dal ministro Padoan in conferenza stampa domenica. L’ammontare dei 17 miliardi spiega Panetta è un nozionale dei rischi massimi «come il massimale delle assicurazioni ma quello che paghi, molto inferiore, è il premio», nel caso il costo fair value delle garanzie. Nel conto a favore della procedura di liquidazione delle due Banche Venete vanno inoltre messe le partecipazioni delle due banche che non sono state trasferite a Intesa e che «sono di valore». In via Nazionale ricordano, tra le altre, l’interessenza nella sgr Arca, che potrà essere venduta anche con una plusvalenza. Le partecipazioni delle due banche venete ammontano a 2 miliardi per cui «certamente i 4,8 miliardi di anticipo torneranno indietro». Il riferimento è al contributo pubblico per cassa da circa 3,5 miliardi dato a Intesa e che corrisponde al 12,5% delle attività ponderate per il rischio oggetto di acquisto. C’è poi il contributo pubblico da 1,285 miliardi versato a Intesa per fronteggiare gli oneri sul personale e sulla ristrutturazione della rete. Infine, dalla Banca d’Italia chiariscono un altro punto: la possibilità che ha Intesa di retrocedere entro tre anni crediti in bonis ad alto rischio non è priva di paletti. Da escludere, quindi, comportamenti opportunistici da parte della Banca guidata da Carlo Messina nei confronti della procedura di liquidazione nella valutazione di quella tipologia di crediti.

Ultimo aggiornamento: 27 Giugno, 14:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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