Revisioni sconti fiscali, torna in agenda il taglio delle detrazioni

Sabato 9 Aprile 2016 di Andrea Bassi
Yoram Gutgeld, commissario alla Spending review
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Stavolta l’appuntamento non dovrebbe essere rimandato. Meno di un anno fa, quando si arrivò al dunque, non se ne fece nulla. Finì che uno dei commissari alla spending review, Roberto Perotti, si dimise e se ne tornò alla sua cattedra universitaria. Mettere le mani nelle «tax expenditures», le centinaia di detrazioni e deduzioni fiscali che erodono ogni anno la base imponibile del Fisco per oltre 200 miliardi, è come toccare dei fili elettrici scoperti. Si rischia di scottarsi. L’idea di ritoccare la materia, invece, è emersa di nuovo nelle bozze del Piano nazionale di riforma, il documento che accompagna il Def e che ha come scopo quello di convincere l’Europa che l’Italia sta facendo le riforme che ha promesso. Questa volta dalla revisione dovrebbe essere difficile svicolare. Il monitoraggio delle spese fiscali è stato inserito nelle procedure di bilancio. Sarà deciso nella nota di aggiornamento del Def sotto forma di un indirizzo programmatico approvato dal Parlamento, e al quale il governo sarà obbligato ad attenersi. Siccome negli sconti fiscali ci sono voci molto delicate, come quelle sui mutui casa, sulle spese mediche, sulle assicurazioni, sul lavoro dipendente, la copertura delle Camere sarà necessaria. Ad essere eliminate, tuttavia, dovrebbero essere quelle non più attuali o che si sovrappongono con altri programmi di spesa pubblica. Quello della revisione delle tax expenditures, è solo uno degli impegni previsti nel Def. 

GLI ALTRI DOSSIER
Un altro dossier che il governo si prepara ad affrontare, è quello della revisione dei contratti. Già la legge di Stabilità dello scorso anno ha reintrodotto la tassazione flat al 10% per i premi di produttività, oltre ad esoneri fiscali per chi remunera i lavoratori con bonus e servizi. Nel documento è scritto che, in aggiunta, il governo si concentrerà su una riforma della contrattazione aziendale con l’obiettivo di rendere «esigibili ed efficaci» i contratti aziendali e di garantire la pace sindacale in costanza di contratto. Non solo, i contratti aziendali, aggiunge il Documento di economia e finanza, «potranno altresì prevalere su quelli nazionali in materie legate all’organizzazione del lavoro e della produzione». Se sul lavoro nelle pagine dei tomi si trova qualche indicazione puntuale, almeno nelle prime bozze circolate ieri, per alcune misure che pure hanno tenuto banco nei giorni scorsi non si trova traccia. È il caso per esempio delle pensioni. Le varie ipotesi di flessibilità in uscita o sulla corresponsione anche ai pensionati al minimo del bonus da 80 euro, non hanno trovato spazio per ora. Le riforme, nel loro complesso, avranno anche un effetto sul Pil, stimato di 2,2 punti al 2020.
 
LE CESSIONI
Poche novità sono emerse anche sulle privatizzazioni. La conferma che l’operazione Enav, già ben incardinata con il filing, andrà avanti. E quella che la privatizzazione delle Ferrovie è un’operazione che prenderà più tempo del previsto e che dunque, non si farà quest’anno. Sul resto solo l’indicazione che «sono allo studio ulteriori ipotesi». Che non sono però un mistero. Sul tavolo c’è la cessione di una ulteriore tranche di Poste, la cui privatizzazione ha portato lo scorso anno a centrare un introito complessivo da privatizzazioni per 6,5 miliardi. L’altra è l’acquisizione da parte di Ferrovie dell’Anas, che pure permetterebbe al Tesoro di iscrivere proventi da cessione nei conti. Una delle sorprese, positive, è l’andamento delle cessioni del patrimonio immobiliare degli enti locali. Era previsto che nel 2015 si incassassero circa 500 milioni. Le vendite sono state quasi il doppio, più di 900 milioni di euro. Il governo, insomma, conta che questo trend prosegua e possa permettere di portare acqua al mulino della riduzione del debito. 
 

Ultimo aggiornamento: 10 Aprile, 10:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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