Reddito di cittadinanza, al Nord il 70% non vuole il posto di lavoro

Mercoledì 19 Agosto 2020 di Francesco Bisozzi
Reddito di cittadinanza, al Nord il 70% non vuole il posto di lavoro

Al Nord la percentuale dei beneficiari del reddito di cittadinanza che non si reca nei centri per l’impiego pur essendo in condizione di cercare un impiego sfiora il 70 per cento sul totale degli attivabili, mentre nel resto del Paese circa un occupabile su due partecipa alle iniziative promosse dagli operatori dei cpi, i centri per l’impiego.

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Reddito di cittadinanza


I DATI
Durante il lockdown le convocazioni nei centri per l’impiego si sono fermate a causa delle restrizioni anti-contagio, ma adesso la macchina si è rimessa in moto. Al Nord su 171 mila soggetti chiamati a siglare i famosi patti per il lavoro, senza i quali non è possibile accedere al percorso d’inserimento professionale, solo 58 mila sono stati presi in carico dai navigator, ovvero un terzo. È quanto emerge dall’ultima nota periodica dell’Anpal sul reddito di cittadinanza. Nelle regioni del centro, al contrario, il 39,9 per cento si è già rimboccato le maniche, al Sud il 43,4 per cento e nelle isole addirittura il 51,4 per cento. 
Che il cavallo di battaglia dei Cinquestelle non facesse rima con il lavoro era cosa nota, meno il fatto che i cpi arrancassero in misura più significativa nella parte alta dello Stivale. Il flop della misura sul fronte del lavoro è sonoro. 

Sono circa 875 mila i sussidiati in condizione di cercare lavoro, ma finora più della metà (circa 500 mila soggetti) è riuscita a dribblare con successo i centri per l’impiego: i dati Anpal sull’inserimento dei percettori dell’aiuto economico all’interno delle politiche attive per il lavoro indicano che il 43 per cento dei beneficiari ritenuti attivabili ha sottoscritto i patti di servizio, ovvero 376 mila persone, a cui stando all’ultima rilevazione se ne aggiungono circa 2.600 in tirocinio. In valori assoluti gli occupabili sono di più al Sud e nelle Isole, dove il sussidio è più diffuso: arrivano a quota 590 mila, di cui 272 mila sono già stati arruolati dai navigator. Al Nord sono 171 mila, mentre al Centro gli attivabili sono in tutto 114 mila. Tuttavia nel Mezzogiorno i patti per il lavoro procedono a un ritmo più spedito. 

La situazione è particolarmente critica in Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta, dove la quota degli occupabili presi in carico dai cpi scende al 30,9 per cento: i percettori chiamati a siglare i patti sono 127.583 mila, ma solo in 39.379 mila hanno risposto presente. La Lombardia, con 197 mila persone raggiunte dal sussidio, è la quinta regione per numero di beneficiari del reddito di cittadinanza, dopo il Lazio (223 mila) e prima della Calabria (188 mila). Risultato? Il reddito di cittadinanza a settembre compierà un anno e mezzo ma quella che doveva essere una misura scaccia-disoccupazione, oltre che anti-povertà, continua a camminare su una gamba sola. 
A giugno il sussidio è costato 600 milioni di euro e di questo passo nel 2020 eroderà circa 7 miliardi di euro. Certamente la crisi del mercato del lavoro provocata dal Covid-19 non ha aiutato. Anche il lockdown ha pesato: l’obbligo per i percettori di recarsi nei centri per l’impiego è tornato in vigore a metà di luglio. Ma è vero anche che l’app pubblica che doveva brillantemente incrociare domanda e offerta di lavoro è ancora ferma nell’hangar e che i 3 mila navigator schierati in prima linea finora non hanno impresso la svolta che ci si attendeva. Prima che il virus deflagrasse erano stati convocati nei cpi 529.290 beneficiari, i presenti alla prima convocazione erano stati 396.297, sottoscritti 262.738 patti. 

LE CONVOCAZIONI
Ora il governo chiede all’Anpal di mettere il turbo alle convocazioni. La legge prevede che la card venga definitivamente disattivata alla terza chiamata senza risposta. Per ridurre gli sprechi e cercare di mettere all’angolo i furbetti scatteranno a settembre anche i primi tagli al sussidio: andranno a colpire chi non spende l’intero importo accreditato sulla card. Chi ad agosto non consumerà l’intera somma depositata sulla tessera, a settembre riceverà dallo Stato il 20 per cento in meno. La verifica dell’effettiva spesa mensile viene eseguita tramite il confronto tra il saldo dispornibile sulla card nell’ultimo giorno del mese e il valore del beneficio erogato. In pratica chi riceve 600 euro spendendone solo una parte va incontro a una “multa” salata, di 120 euro. 
 

Ultimo aggiornamento: 09:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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