Reddito di cittadinanza, 400 mila rischiano di perdere il sussidio: non cercano lavoro

Giovedì 6 Agosto 2020 di Francesco Bisozzi
Reddito di cittadinanza, 400 mila rischiano di perdere il sussidio: non cercano lavoro

Si va verso una stretta al reddito di cittadinanza. Nel mirino i beneficiari occupabili che, complice la pandemia e la sospensione dell'obbligo di recarsi nei centri per l'impiego (Cpi), sono riusciti finora a dribblare i navigator. Sono circa 820 mila i sussidiati in condizione di cercare lavoro, ma la metà deve ancora essere presa in carico dai Cpi.
 

Più fannulloni al Nord


Sorpresa, i fannulloni sono di più al Nord. Chi non si metterà in regola rischia di perdere nei prossimi mesi l'agognata card. Se il governo adesso pensa alla stretta è anche perché in appena settantamila hanno trovato un impiego, un numero troppo piccolo per nascondere quello che ormai appare come un gigantesco flop.

Il reddito di cittadinanza a settembre compierà un anno e mezzo ma quella che doveva essere una misura scaccia-disoccupazione oltre che anti-povertà cammina su una gamba sola. Al Sud hanno incominciato a cercare un impiego in 163 mila su 357 mila, nelle isole in 101 mila su 189 mila, al Centro si sono fatti avanti in 44 mila su 108 mila, mentre al Nord solo 55 mila su circa 160 mila (un terzo del totale degli attivabili dunque) hanno sottoscritto i patti per il lavoro.


 

Obbligo di andare nei Cpi


L'obbligo per i percettori di recarsi nei centri per l'impiego è tornato in vigore alla metà di luglio. Prima che il virus deflagrasse erano stati convocati nei cpi 529.290 beneficiari, i presenti alla prima convocazione sono stati 396.297, sottoscritti 262.738 patti. La legge prevede però che la card venga definitivamente disattivata solo al terzo no-show. Ora il governo chiede da un lato all'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro di mettere il turbo alle convocazioni e dall'altro ragiona sulla possibilità di scartare dalla platea dei percettori chi diserta senza giustificato motivo le iniziative per l'inserimento lavorativo già al secondo appuntamento mancato.

È stata la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, madrina del sussidio di marca pentastellata, l'ultima a rimarcare la necessità di potenziare al più presto le politiche attive per il lavoro allo scopo di rendere sostenibile il bouquet di sussidi messi in pista fin qui. Parole che ai beneficiari del reddito di cittadinanza allergici ai navigator sono suonate come un avvertimento: chi non sottoscriverà i patti per il lavoro, primo step da compiere per iniziare a cercare un'occupazione, perderà il diritto al sostegno.
 

Le ragioni del flop


I dati Anpal sull’inserimento dei percettori dell'aiuto economico all’interno delle politiche attive per il lavoro indicano che il 44,7 per cento dei sussidiati attivabili ha sottoscritto i patti per il lavoro. Certamente la crisi del mercato del lavoro provocata dal Covid19 non aiuta. Il flop del reddito di cittadinanza sul fronte dell'avviamento al lavoro si spiega anche così. Ma è vero pure che la maggior parte dei quasi 3 mila navigator che sono stati schierati in prima linea finora si è dimostrata inadeguata, l'app che doveva brillantemente incrociare domanda e offerta di lavoro è ancora ferma nell'hangar, il livello di istruzione dei percettori da inserire nel mondo professionale non soddisfa i datori di lavori.

Il 72 per cento dei beneficiari soggetti al patto di lavoro ha un livello d'istruzione secondaria di primo grado, mentre sono molto bassi i valori associati all’istruzione terziaria (i beneficiari con questi titoli di studio sono a livello nazionale solo il 2,5 per cento). Nonostante ciò meno di un sussidiato su dieci è disposto a intraprendere un percorso di formazione.

 

 
 
 


 

Ultimo aggiornamento: 7 Agosto, 13:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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