Nuova sforbiciata al Pil che quest'anno cresce di appena lo 0,1%, occupazione che tira il freno a mano, debito in aumento e deficit che nel 2020 sfora il 3% senza i 25 miliardi dell'aumento dell'Iva o misure equivalenti. Nelle nuove previsioni economiche della Commissione europea l'Italia finisce in fondo a diverse classifiche dei Paesi Ue: è l'ultima per crescita, occupazione e anche per gli investimenti. Un quadro che pesa sui conti pubblici e spinge Bruxelles ad avviare di nuovo l'iter formale di valutazione delle finanze che comincerà con un nuovo rapporto sul debito a inizio giugno.
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E potrebbe portare all'apertura di quella procedura già scampata a dicembre. Una lettura che non piace al governo. Il premier Giuseppe Conte respinge la visione della Commissione e definisce «ingenerose» le stime, che non vedono l'impatto delle misure del Governo: un atteggiamento «pregiudizialmente negativo da parte della Commissione». Mentre per il ministro dell'economia Giovanni Tria non c'è alcuna sorpresa, perché corrispondono a quelle del Def. Dopo la drastica revisione del Pil 2019 già fatta a febbraio, tagliandolo di un punto percentuale a 0,2%, la Ue abbassa ancora la stima a 0,1%.
Tria: non drammatizzerei le previsioni Ue
«Non è recessione ma una ripresa tenue che, sommata all'allentamento di bilancio, pesa come un macigno sul debito che schizza a 133,7% quest'anno e 135,2% il prossimo. Stesso impatto negativo sul deficit: sale a 2,5% nel 2019 e addirittura a 3,5% nel 2020 se non si attiveranno le clausole di salvaguardia, cioè l'aumento dell'Iva. Il vicepremier Matteo Salvini non si allarma: «Alcune iniziative del governo potranno essere operative solo a luglio o ad agosto, è chiaro che ora non si sentono». Per Bruxelles, però, la crescita stagnante peserà anche sul lavoro. «Lo indicano le sommesse aspettative di impiego delle imprese». La previsione è quindi drastica: «La crescita dell'occupazione si arresterà nel 2019».
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Mentre la disoccupazione salirà all'11% visto che è probabile che il reddito di cittadinanza indurrà più persone ad iscriversi nelle liste di disoccupazione e quindi ad essere contate come forza lavoro.