Pensioni, uscita anticipata: con il prestito si perde una mensilità

Domenica 8 Maggio 2016 di Luca Cifoni
Tito Boeri
6

Gli italiani che intendono anticipare il momento dell'uscita dal lavoro troveranno conveniente la formula del prestito pensionistico a cui sta lavorando il governo? Non è facile rispondere a questa domanda finché non saranno noti i dettagli della proposta, che dovrebbe poi trovare attuazione normativa con la legge di Stabilità. Ma secondo le prime simulazioni realizzate dal Servizio politiche previdenziali della Uil, il nuovo meccanismo si tradurrebbe per gli interessati in una decurtazione del reddito complessivo pari ad almeno una mensilità l'anno. Un sacrificio consistente che potrebbe risultare comunque appetibile solo per coloro, per scelta personale, intendono in ogni caso smettere l'attività lavorativa.

LA FLESSIBILITÀ
Quel che è certo è che il governo intende rispondere alla domanda di flessibilità senza mettere in discussione la struttura della riforma Fornero, ed allo stesso tempo evitare pericolosi ammanchi di cassa legati al maggior afflusso verso la pensione. Di qui la scelta della formula del prestito, che pone a carico del bilancio dello Stato i soli interessi e oneri, mentre le rate riconosciute ai lavoratori prima della definitiva maturazione dei requisiti - essendo erogate dalle banche - non sarebbero classificate come spesa pensionistica pubblica.
 
IL CHIARIMENTO
Il sottosegretario Tommaso Nannicini, che sta seguendo il dossier, ha chiarito che le nuove regole non riguarderanno solo chi - essendo nato negli anni 1951,1952 e 1953 - è rimasto particolarmente penalizzato dall'entrata in vigore della riforma del 2011. Potranno quindi sfruttare il prestito in futuro anche i lavoratori ai quali attualmente mancano più di tre anni al pensionamento. In attesa che siano chiariti tutti gli aspetti del prestito (che dispone già dell'acronimo Ape, probabilmente per “anticipo della pensione”) la Uil ha realizzato delle simulazione sulla base di alcune ipotesi: interessi a carico dello Stato ed aspettativa di vita (e di conseguenza durata del prestito) differenziata per uomini e donne, indicizzazione della pensione fissata all'1 per cento l'anno. Con queste premesse sono state messe a punto alcune ipotesi tipo.

Ad esempio un lavoratore che sceglie di andare in pensione a 65 anni e 7 mesi, quindi con un anno di anticipo rispetto all'età della vecchiaia, avendo maturato il diritto ad un trattamento di 1.000 euro mensili lordi, dovrebbe poi rimborsare 69 euro al mese (con una decurtazione quindi di quasi il 7 per cento). In un anno, con 13 mensilità, l'importo perduto arriverebbe a 898 euro, ovvero una mensilità netta. Percepirebbe quindi 807 euro netti mensili, una volta detratta la rata del prestito e la tassazione Irpef. Il sacrificio sarebbe un po' più contenuto per una lavoratrice nelle stesse condizioni, che dovrebbe restituire il prestito per un periodo più lungo.

L'IMPORTO
La perdita economica risulta però crescente se si ipotizzano un anticipo maggiore ed anche un importo più consistente della pensione maturata.

Ad esempio con 2 anni e un trattamento di 1.500 euro, sempre per un uomo, la rata comporterebbe una decurtazione pari al del 13 per cento. Con tre anni di anticipo e un assegno maturato di 3.000 si dovrebbe accettare una penalizzazione del 18,4 per cento e dunque un sacrificio di oltre 7.000 euro l'anno, ovvero oltre due mensilità. A proposito dell'effetto differenziato in base al diverso livello di pensione, va anche ricordato che il governo, pur senza chiarire i dettagli, aveva parlato di penalizzazioni proporzionalmente più basse per i trattamenti di importo più contenuto, senza però spiegare se tutto ciò comporterà una sorta di solidarietà tra pensionati.

Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 11:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci