Sul web arriva l’equo compenso, i colossi pagheranno gli editori

Venerdì 6 Agosto 2021 di Luca Cifoni
Sul web arriva l’equo compenso, i colossi pagheranno gli editori

Google e le altre aziende di servizi digitali dovranno riconoscere agli editori un equo compenso per l’utilizzo online di prodotti giornalistici.

Con il decreto legislativo esaminato ieri in via preliminare dal Consiglio dei ministri, in attuazione della direttiva europea sul diritto d’autore, viene fissato un principio molto importante, le cui modalità di applicazione dovranno essere precisate dall’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) entro 60 giorni dalla definitiva entrata in vigore del provvedimento. Il punto di partenza è il pieno riconoscimento del fatto che l’utilizzo online di articoli e altre forme di lavoro giornalistico ricade nella disciplina del diritto d’autore: e questo vale sia per le società che ricavano in vari modi introiti dal web sia per quelle che si occupano specificamente di media monitoring e rassegne stampa. Naturalmente, una volta fissati i principi, gli aspetti di dettaglio sono importanti. Il decreto stabilisce alcune eccezioni: per le pubblicazioni periodiche di tipo accademico e scientifico, che non sono considerate giornalistiche, per l’utilizzo privato e non commerciale da parte di singoli, per i collegamenti ipertestuali e per l’uso di singole parole o di estratti molto brevi.

IL REGOLAMENTO

La nozione di “estratto molto breve” può essere di per sé opinabile: il provvedimento messo a punto dalla presidenza del Consiglio e dal ministero della Cultura lo definisce come «qualsiasi porzione che non dispensi dalla necessità di consultazione dell’articolo giornalistico nella sua integrità».

Nell’ultima versione del testo è saltato un criterio quantitativo inserito in precedenza, che faceva cadere automaticamente la caratteristica di “molto breve” al superamento dei 150 caratteri. Sono invece indicati i fattori di cui l’Agcom dovrà tenere conto nel definire il suo regolamento con i criteri dell’equo compenso: si tratta del numero di consultazioni online, degli anni di attività e della rilevanza degli editori, del numero di giornalisti impiegati, dei costi sostenuti per investimenti tecnologici e infrastrutturali da entrambe le parti e dei benefici economici che derivano dalla pubblicazione sia in termini di visibilità che di ricavi pubblicitari: anche questa valutazione dovrà riguardare entrambe le parti, quindi sia l’editore che la società di servizi digitali. Per la stipula del contratto sull’utilizzo dei diritti è prevista una fase di negoziazione durante la quale le aziende del web non potranno limitare la visibilità dei contenuti degli editori nel risultati di ricerca. In caso di mancata intesa, entro 30 giorni le parti possono rivolgersi all’Agcom cui toccherà definire l’ammontare dell’equo compenso.

Infine, agli autori degli articoli dovrà essere riconosciuta una quota tra il 2 e il 5% dell’equo compenso, che per i giornalisti dipendenti può essere fissata tramite contratto collettivo. I diritti scadono due anni dopo la pubblicazione (calcolati dal primo gennaio successivo). Infine, le novità del decreto non valgono per i prodotti giornalistici pubblicati prima del 6 giugno 2019.

Ultimo aggiornamento: 10:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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