Twitter, i dubbi di Wall Street sull'operazione Musk

Venerdì 15 Aprile 2022
Twitter, i dubbi di Wall Street sull'operazione Musk
(Teleborsa) - L'offerta di Elon Musk da 43 miliardi di dollari per acquisire Twitter, con l'intento di rendere il social newtork la "piattaforma per la libertà di parola in tutto il mondo", ha lasciato perplessi investitori e analisti. I dubbi non riguardano solo la fattibilità dell'operazione, ma anche l'attrattività di Twitter sotto il controllo del fondatore di Tesla. Musk ha infatti lanciato l'offerta non vincolante spiegando che "la libertà di parola è un imperativo sociale per una democrazia funzionante", ma la trasformazione di Twitter in un luogo con meno regole potrebbe addirittura essere dannoso per le sue performance economiche. I ricavi da pubblicità sono ammontati a quasi il 90% dei suoi 5,1 miliardi di dollari di entrate nel 2021 e un sito web con poca moderazione dei contenuti è una preoccupazione per gli inserzionisti, che non vogliono accostare i loro prodotti a post controversi.

La mancanza di chiarezza e il precedente

Nonostante Musk sia l'uomo più ricco del mondo, portare a termine un OPA totalitaria per rimuovere le azioni Twitter da Wall Street non è comunque semplice. Nella comunicazione alla SEC con cui ha annunciato l'offerta, ha detto di avere Morgan Stanley come suo consulente finanziario, ma non ha menzionato altri finanziatori o aziende che potrebbero aiutarlo nell'operazione. Nonostante il patrimonio record, Musk è infatti dotato di poca liquidità (la maggior parte della sua ricchezza sono azioni Tesla) e ha quindi bisogno del supporto di grandi banche d'affari per il delisting di Twitter.



Lo stesso imprenditore ha riconosciuto di "non essere sicuro" di essere effettivamente in grado di acquistare Twitter. Alla conferenza TED2022 di giovedì, a una domande se esista un "Piano B" nel caso la proposta attuale venga respinta, Musk ha risposto: "C'è", ma si è rifiutato di elaborare oltre. Quando gli è stato chiesto se avesse i finanziamenti necessari, Musk ha detto di avere "risorse sufficienti".

Un'affermazione del genere non basta a fugare ogni dubbio perchè nell'agosto 2018 Musk aveva sorpreso gli investitori con una serie di tweet, dicendo che stava valutando la possibilità di delistare Tesla con un'offerta da 420 dollari. Anche in quel caso aveva detto di essersi assicurato i finanziamenti necessari. L'offerta poi non andò mai in porto e quelle affermazioni gli crearono problemi con la Securities and Exchange Commission.

L'accoglienza fredda di Wall Street

La mancanza di chiarezza di Musk non ha scaldato il titolo nella giornata di giovedì (quella in cui l'imprenditore ha svelato l'offerta), con le azioni che hanno chiuso in ribasso dell'1,68% a quota 45,08 dollari, e Wall Street. "Sebbene siamo d'accordo con la valutazione di Musk secondo cui Twitter è una piattaforma sotto-monetizzata, ci aspettiamo che il board e gli azionisti chiave resistano all'offerta a causa di differenze filosofiche", hanno scritto gli analisti di Mizuho Securities. Una grande preoccupazione che il consiglio di amministrazione potrebbe avere, hanno affermato gli analisti, è "il tempo limitato che Musk ha a disposizione per concentrarsi su Twitter poiché è CEO di varie società tecnologiche, tra cui Tesla, SpaceX e The Boring Company".

Secondo gli analisti di New Constructs, l'offerta è un "tentativo disperato di Musk di attirare l'attenzione" e non uno sforzo onesto per aggiungere valore. "Si offre di acquistare Twitter solo perché Twitter è il luogo in cui Musk è più popolare - hanno scritto - Elon Musk non apporta alcun valore operativo agli azionisti di Twitter, a parte il suo status di rock star, che non è sufficiente per trasformare Twitter a lungo termine".

Intanto, il principe Alwaleed bin Talal dell'Arabia Saudita (che ha oltre il 4% di Twitter) ha già rifiutato l'offerta di Elon Musk, affermando che l'accordo non "si avvicina al valore intrinseco" della piattaforma di social media. Non è nemmeno escluso che il board della società non utilizzi la cosiddetta "poison pill". Si tratta di una strategia di difesa che fornisce agli azionisti esistenti il diritto di acquistare azioni aggiuntive a un prezzo scontato, diluendo efficacemente la partecipazione di un azionista ostile.
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