Tim, Kkr lancia l'Opa: cos'è il maxi-fondo Usa che sposa il modello Terna per la superfibra

Lunedì 22 Novembre 2021 di Roberta Amoruso
Tim, Kkr lancia l'Opa: cos'è il maxi-fondo Usa che sposa il modello Terna per la superfibra

Non c'è soltanto la ricca dote finanziaria che il fondo Usa Kkr può puntare sul dossier Tim: oltre 400 miliardi di dollari in gestione e la forza di quasi 1.500 persone fra impiegati e consulenti.

Kohlberg Kravis Roberts & Co è un investitore infrastrutturale. È già presente in FiberCop con il 37,5%, la società cui Tim ha conferito l'ultimo miglio della rete, con l'obiettivo di sostituire il rame con la fibra ottica. Ma il fondo in questione ha all'attivo investimenti in oltre 160 società che spaziano dai settori delle infrastrutture, comprese società di software, provider di Reti in fibra, e aziende di It, fino all'energia, dal real estate al credito.

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Nel portafoglio ci sono nomi come Alliance Boots, Del Monte, Kodak e Prosiebensat1. Oltre al ruolo di primo azionista di Springer, il maggiore editore tedesco che ha messo recentemente sul piatto 1 miliardo di dollari per acquistare Politico, il sito giudicato più autorevole tra quelli attivi a Washington.
Kkr non è quindi un fondo avvoltoio, ma uno di quelli che studiano progetti di valorizzazione di asset cruciali come la rete di Telecom. Dunque, è come tale che si è presentato al governo di Mario Draghi, prima ancora di arrivare al cda Tim, come un fondo che guarda al mercato, perché è pronto a lanciare un'Offerta pubblica di acquisto che coinvolge fino all'ultimo dei soci Telecom Italia, e che strizza anche l'occhio ai piani del governo, che mira a portare la fibra in tutta Italia entro il 2026. Un progetto che contempla lo scorporo della rete, una mano pesante dello Stato nel controllo, e l'utilizzo aperto a tutti gli operatori, modello Terna.
Sul tavolo di Palazzo Chigi sono arrivate però anche garanzie. Perché oltre alla rete, nel portafoglio di Tim ci sono due asset che premono molto al governo e hanno a che fare con la sicurezza del Paese.
C'è Sparkle, la controllata di Telecom Italia che gestisce e possiede i cavi che permettono a molti Paesi di essere connessi al web, la quinta infrastruttura Internet al mondo. Si tratta di 600mila chilometri di fibra sparsa per il mondo e per gli oceani oltre che sul territorio nazionale.


GLI ALTRI IN CAMPO
E poi c'è Data Center & Cloud, un altro snodo cruciale per lo sviluppo del Paese. Soprattutto perché proprio Tim si è candidata con Leonardo, Sogei e Cdp Equity alla realizzazione del polo cloud nazionale della Pubblica amministrazione. Dunque, non è pensabile che un progetto di Kkr incassi il via libera del governo se non accompagnato da un ruolo sempre più pesante di Cdp. Solo con lo Stato protagonista si può spingere su alcune leve cruciali per lo sviluppo tecnologico del Paese. Soprattutto in tempi di Pnrr.
Mentre il fondo Usa gioca le sue carte, ci sono altri osservatori considerati più che attivi sulla partita. C'è il fondo Cvc che con Advent erano già alleati nell'offerta sui diritti del calcio. A confermare l'interesse per un'alleanza di ampio respiro sono stati ieri gli stessi fondi a dichiararsi «aperti al dialogo con tutti gli stakeholders per identificare in modo trasparente una soluzione di sistema per il rafforzamento industriale di Tim». Ma viene escluso, almeno per ora, un asse con Vivendi, azionista di riferimento di Tim, e pronto a reagire. Un portavoce dei fondi ha smentito, sempre ieri, che ci siano stati contatti con Vivendi. Del resto, la situazione è ancora molto fluida.
E dunque, anche Cvc e Advent aspettano di studiare la situazione prima di avanzare qualsiasi proposta sulla società delle tlc. Alla finestra ci sarebbe anche la banca d'affari Nomura e l'occhio attento di Marco Patuano, ex amministratore di Tim e profondo conoscitore del gruppo. Sembra defilato, invece, il fondo australiano Macquarie, che ha appena incassato il via libera da Bruxelles all'acquisto da Enel del 40% di Open Fiber, controllata per il restante 60% da Cdp. Una decisione, quella della Commissione, che è sembrata gelare ogni spinta al progetto della rete unica.
A rendere più difficoltosa la strada è stato nei mesi scorsi il ministro della Transizione tecnologica Vittorio Colao. Disse: «Il mio compito è assicurarmi che in Italia la fibra entro il 2026 arrivi ovunque: abbiamo un obiettivo di copertura e di equità. Ci saranno gare e fondi pubblici. L'appassionante dibattito sulla rete unica lo lascio ad altri». Dunque lo scenario a favore della concorrenza potrà giocare a favore di Kkr, quando Palazzo Chigi dovrà fissare ufficialmente certi paletti, passando dal golden power.

Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 09:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA