Tesoro pronto a nuove stime sul Pil: si incrina l'asse con Draghi e Visco

Sabato 10 Novembre 2018 di Andrea Bassi e Marco Conti
Tesoro pronto a nuove stime sul Pil: si incrina l'asse con Draghi e Visco
 Luigi Federico Signorini, direttore generale della Banca d'Italia, ha scelto con cura le parole. La crisi dello spread, causata dall'incertezza sulle scelte politiche del governo, con i suoi costi, ha spiegato, rischia di vanificare gli sforzi espansivi della manovra per il prossimo anno. La tesi, in sostanza è la stessa che il ministro dell'Economia Giovanni Tria, usava fino a un mese e mezzo fa con Matteo Salvini e Luigi Di Maio quando provava a convincerli che era inutile alzare l'asticella del deficit fino al 2,4% se poi i miliardi di deficit extra finivano per pagare interessi più alti sul debito.

Sembra passato un secolo. Ormai Tria è su altre posizioni, che a volte sembrano più radicali persino di quelle degli stessi Di Maio e Salvini. Ieri in Commissione alla Camera, ha sostenuto che per rilanciare la crescita, servirebbe fare un deficit superiore al 2,4%. Dopo l'incontro con il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno, ha rilanciato dicendo che se l'Italia dovesse fare la manovra chiesta da Bruxelles sarebbe «un suicidio». Paolo Savona, l'economista che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, non ha voluto al ministero dell'Economia, non avrebbe saputo esprimersi meglio. Per Bankitalia, insomma, l'asse con il ministero garantito da Tria, si è indebolito se non spezzato. Un raffreddamento nei rapporti che è arrivato fino a Francoforte, al vertice della Bce. Non è un caso che durante l'ultimo Eurogruppo di inizio settimana - quando Tria ha provato a giustificare la manovra italiana - il governatore della Banca Centrale, Mario Draghi, abbia preso la parola per richiamare il ministro connazionale, e ricordare che l'alto debito e la bassa crescita richiedono responsabilità e questo va al di là delle regole europee. Insomma, ormai i vertici delle istituzioni finanziarie si rivolgono a Tria come farebbero direttamente con Di Maio o Salvini che non partecipano ai consessi dove si discutono decisioni che loro hanno preso e che loro soli possono modificare.

IL SUICIDIO
Il fossato scavato intorno al governo, appare sempre più profondo. Anche se Tria è pronto a giocare l'ultima carta per convincere la Commissione della bontà delle stime italiane. Ovvero dare una garanzia tombale che il deficit non salirà oltre il 2,4%. Il ministro ne ha discusso ieri con Centeno. Il Tesoro produrrà nuove stime, incorporando uno scenario di rallentamento dell'economia, probabilmente fino all'1,2% previsto dalla stessa Commissione. Ma dimostrerà che anche con quella crescita il deficit resterà al 2,4%.

Difficilmente nelle prossime settimane il governo ammetterà di aver sbagliato la manovra, come sostengono tutti i principali istituti europei e internazionali, ma il Mef avrà presto bisogno indicazioni dai leader dei due partiti di maggioranza su come intendono comporre le due platee che beneficeranno del reddito di cittadinanza e della riforma delle pensioni. Sullo sfondo restano le preoccupazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella esternate anche di recente sulla necessità di mantenere aperto il dialogo con le istituzioni europee. Da quella trincea istituzionale che sino a qualche settimana fa difendeva il lavoro del Mef, il ministro dell'Economia Giovanni Tria sembra però essersi sottratto preferendo, alla consueta solitudine del titolare di via XX Settembre, rinsaldare l'asse con M5S e Lega. D'altra parte cambiare ora la manovra, ha detto ieri Tria, sarebbe un suicidio. Se più per il governo che per gli italiani non lo ha specificato.
Ultimo aggiornamento: 17:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA