Scudo penale sul Superbonus, la richiesta degli istituti sulle frodi: nessuna responsabilità sul pregresso

Per la cessione dei crediti allo studio l’intervento di gruppi di area pubblica

Lunedì 20 Febbraio 2023 di Andrea Bassi e Francesco Bechis
Scudo penale sul Superbonus, la richiesta degli istituti sulle frodi: nessuna responsabilità sul pregresso

Uno “scudo” più solido per le banche che acquisteranno i crediti incagliati dei bonus edilizi in modo da far completare i lavori a chi ha presentato le Cila prima dell’entrata in vigore del provvedimento che azzera gli sconti in fattura.

Gli istituti di credito, le assicurazioni, ma anche le Poste e la Cassa depositi e prestiti, avranno una protezione dai sequestri della magistratura anche per quei crediti che risultino frutto di frodi che hanno acquistato in “buona fede”. 

Si tratta di cifre rilevanti, più di 6 miliardi di euro. Ma è una delle misure chieste dal sistema bancario e da Poste e che potrebbe essere discussa già oggi al vertice del governo con Abi, Ance, Cdp, Sace, Confedilizia e altre associazioni di categoria. «La questione è allo studio», conferma Andrea De Bertoldi di Forza Italia, relatore del provvedimento già trasmesso alla Camera per l’esame. 

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IL NODO CREDITI

Ottenuto questo scudo, le banche sarebbero pronte a riaprire agli acquisti dei crediti incagliati delle imprese. Una volta scontate le fatture presso gli istituti di credito, condomini e famiglie potranno far ripartire i cantieri e concludere i lavori congelati da mesi. 

Ma come faranno le banche a riattivare i plafond degli sconti considerando che hanno esaurito i loro spazi fiscali? Grazie alla limitazione della responsabilità (già introdotta nel decreto) e allo scudo sui sequestri (che dovrebbe essere introdotto), sarebbero pronte a cedere pacchetti di crediti alle grandi imprese loro clienti. Un ruolo in questo senso lo potrebbero avere le grandi partecipate pubbliche, dalla Cassa depositi e prestiti fino all’Eni e a Rfi. «Una cosa deve essere chiara», spiega ancora De Bertoldi che oggi sarà presente al vertice sui bonus, «per tutti coloro che hanno crediti incagliati e i lavori fermi, questo provvedimento è una opportunità. Posso assicurare che i cantieri saranno sbloccati. Ma per chi non ha ancora deliberato i lavori», prosegue De Bertoldi, «la strada sarà quella della detrazione dal reddito, quindi senza sconto in fattura. Nessuno viene danneggiato dal decreto». 

Dunque, rimane una netta linea di demarcazione: chi ha iniziato i lavori prima dell’entrata in vigore del provvedimento, potrà ottenere gli sconti in fattura (e le banche potranno riprendere ad acquistare). Chi non si è mosso in tempo potrà accedere al bonus fiscale ugualmente, ma solo con la detrazione dal reddito. 
Un’altra delle correzioni che dovrebbero essere fatte al provvedimento, è una sorta di norma “salva-caldaie”. L’intenzione è evitare una beffa per chi ha acquistato una nuova caldaia a ridosso del decreto. Normalmente chi le compra, versa un anticipo al venditore che rilascia un attestato dei lavori solo dopo aver installato l’impianto. Questo schema farebbe perdere la possibilità dello sconto in fattura a chi ha anticipato i soldi, ma non ha ancora installato la caldaia. Dunque l’accesso allo sconto in fattura dovrebbe essere allargato anche a tutti coloro che hanno versato gli acconti. 

Resta invece scetticismo sulla proposta, avanzata dalle associazioni di categoria e da un arco trasversale in Parlamento, di utilizzare le compensazioni F24 dei clienti delle banche per sbloccare i crediti incagliati. Gli scogli sono molteplici. Il primo: serve prima una ricognizione completa dei crediti, individuare quali siano veri e quali no. Dalla Ragioneria fanno notare che una scrematura è indispensabile prima di qualsiasi intervento. In altre parole, devono essere salvaguardate le imprese solide e non la miriade di imprese “apri e chiudi” - sono circa 12mila le imprese non certificate nate dalla sera alla mattina stando ai conti del Mef - inaugurate con il solo obiettivo di sfruttare i vantaggi del Superbonus.

LO SCOGLIO FISCALE

C’è poi un problema di cassa non secondario. Già durante il dibattito parlamentare sulla manovra FdI aveva presentato un emendamento che proponeva il ricorso agli F24 per sbloccare i crediti. Ritirato però su input di Via XX Settembre: l’operazione costava semplicemente troppo. «Parliamo di quattro, cinque miliardi di euro all’anno di minori entrate per le casse pubbliche, per quattro anni», spiega il senatore di FdI Guido Quintino Liris, primo firmatario della proposta ritirata e capogruppo in Commissione Bilancio. Un costo insostenibile in una fase delicata per i conti pubblici, con un governo alla ricerca di risorse per un nuovo decreto salva-imprese per il caro-energia. Tra chi segue il dossier in maggioranza, le speranze (al lumicino) sono riposte nella proposta di far “assorbire” una parte dei crediti incagliati alle aziende di Stato. Ammesso che non siano considerati come nuovo debito e dunque dall’Eurostat arrivi un semaforo verde. Ma qui prevale la fiducia: «Con Eurostat dovremo avviare un’interlocuzione, ma durante l’ultima audizione in Commissione, per la finestra 2021-2022, avevamo registrato aperture che ora ci fanno ben sperare». 

Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 09:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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