Superbonus, cessione del credito da comunicare entro il 31 marzo. Altro decreto per salvare gli sconti del 2022

La comunicazione va fatta all'agenzia delle Entrate. Ma le banche latitano

Lunedì 6 Marzo 2023 di Andrea Bassi
Superbonus, cessione del credito da comunicare entro il 31 marzo. Altro decreto per salvare gli sconti del 2022

Il tempo corre veloce. E per molte famiglie e imprese, il rischio di perdere le detrazioni sulle fatture emesse nel 2022 si fa più concreto. Se non registreranno sulla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate gli sconti entro il prossimo 31 marzo, non potranno più accedere alla cessione del credito.

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Superbonus, un altro decreto per salvare gli sconti del 2022

Il problema è che, nonostante la moral suasion del ministero dell’Economia, il settore bancario non ha ancora riaperto i cordoni della borsa.

Se le banche non accettano i crediti, lo sconto non può essere caricato sulla piattaforma del Fisco. Così, in attesa che il governo e il Parlamento trovino il modo di sbloccare gli acquisti, prende sempre più corpo l’idea di un nuovo intervento di emergenza per “salvare” gli sconti del 2022. 


IL TAVOLO
Sul tavolo del ministero dell’Economia c’è una norma, discussa nei giorni scorsi a livello tecnico, che prevede una sorta di “parificazione” tra l’avvenuta presentazione della richiesta di sconto alla banca alla sua effettiva acquisizione. Insomma, non sarà necessario che la banca abbia terminato l’iter e accettato il credito, basterà sostanzialmente aver presentato la richiesta all’istituto di credito per poter registrare lo sconto sulla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate. Questa possibilità potrebbe essere inserita in un nuovo decreto ad hoc di un solo articolo, che poi confluirebbe nel provvedimento sul Superbonus in discussione alla Camera. Provvedimento che, intanto, prosegue il suo iter. Oggi a mezzogiorno scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti parlamentari. Il relatore del provvedimento, Andrea De Bertoldi di Fratelli d’Italia, ha già iniziato un’opera di raccordo tra i gruppi parlamentari sulle proposte di modifica. 


Questa mattina ci sarà un vertice al Mef tra lo stesso De Bertoldi e i tecnici dell’Economia. Vertice al quale dovrebbe prendere parte anche il vice ministro Maurizio Leo. I temi al centro delle richieste rimangono sempre gli stessi. C’è innanzitutto, la necessità di risolvere il problema dell’edilizia libera. Chi, prima del 16 febbraio scorso, data in cui è stato approvato il decreto legge con la stretta sui bonus edilizi, aveva acquistato una caldaia, degli infissi o una pompa di calore con lo sconto in fattura, adesso rischia di non poter più accedere a questo strumento.Il decreto prevede infatti, che per poter usufruire del meccanismo di sconto in fattura, sia necessario aver presentato una dichiarazione di inizio lavori. Ma nel caso dell’edilizia libera, gli impianti vengono installati generalmente in una giornata di lavoro al termine della quale viene rilasciata la dichiarazione di conformità. Dunque chi non ha ancora installato la caldaia, gli infissi o la pompa di calore, rischia di essere escluso dalla cessione del credito e di dover pagare per intero l’installazione, salvo poi detrarre il costo dei lavori dalle successive dichiarazioni dei redditi. 


LA SOLUZIONE
La soluzione, che dovrebbe arrivare tramite alcuni emendamenti al decreto, sarebbe stata individuata nella possibilità di poter accedere allo sconto in fattura a tutti coloro che potranno dimostrare una “data certa” precedente al 16 febbraio per l’acquisto delle caldaie, degli infissi o delle pompe di calore. Dovrebbe bastare insomma, presentare la ricevuta del bonifico parlante e la fattura per i lavori. 


Deroghe specifiche, sempre per poter continuare ad accedere alla cessione dei crediti, ci saranno per le case popolari (gli Iacp) e le onlus. Oltre a norme specifiche destinate ai lavori con il sismabonus nelle aree del cratere. Il vero punto di domanda è se, e come, sarà data la possibilità al sistema bancario di riaprire i cordoni della borsa. Le banche chiedono di poter usare gli F24 dei correntisti, ma il Tesoro ha chiesto che prima gli istituti esauriscano i loro spazi fiscali residui (7 miliardi secondo l’Agenzia delle Entrate). Uno stallo che quanto prima dovrà essere risolto.

 

Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 11:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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