Superbonus a quota 120 miliardi, ma non peserà sul 2023: il Pil può aumentare dell'1%

Oggi il verdetto dell’Istat sui conti pubblici. Per il Tesoro ci saranno impatti «limitati».

Martedì 28 Febbraio 2023 di Andrea Bassi
Superbonus a quota 120 miliardi, ma non peserà sul 2023: il Pil può aumentare dell'1%

L’urgenza del decreto che il 16 febbraio scorso, in poche ore, ha bloccato la cessione dei crediti per i bonus edilizi, sarà chiara oggi. Questa mattina l’Istat comunicherà le nuove stime sul deficit del 2022.

Stime che dovranno tenere conto delle nuove regole di contabilizzazione dei bonus e che obbligheranno il Tesoro a conteggiare la spesa per i bonus tutta insieme nell’anno in cui i lavori sono stati deliberati. Questo significa che il deficit dell’anno scorso indicato nei documenti di finanza pubblica al 5,6 per cento sarà rivisto al rialzo, e di molto. Ma gli impatti sul disavanzo del 2023 fissato al 4,5 per cento saranno, come spiegano fonti del ministero dell’Economia, «limitati». Il decreto, insomma, è stato una sorta di “salva-conti”, considerando che, sempre quanto riferito da fonti del Tesoro, la spesa complessiva dei bonus viaggia oltre i 120 miliardi di euro. 

Sul 2023 “peseranno” solo le fatture scontate a gennaio e per metà febbraio. Si tratta all’incirca di 4-5 miliardi di euro che, tuttavia, dovrebbero essere “riassorbiti” grazie ad alcune buone notizie in arrivo sul fronte dei conti pubblici. La prima è che l’economia va meglio del previsto. Ieri anche Moody’s ha rivisto le sue stime. L’agenzia di rating aveva previsto per quest’anno un calo del Pil per l’Italia dell’1,4 per cento. Adesso vede una crescita dello 0,3 per cento, ma è più pessimista per il prossimo anno, quando calcola che l’economia arretrerà dello 0,6 per cento. In realtà al Tesoro le previsioni sono migliori. Nel prossimo Def, il documento di economia e finanza, che sarà approvato dal governo ad aprile, le stime di crescita del Pil per quest’anno saranno riviste al rialzo dallo 0,6 per cento fino a sfiorare l’1 per cento. A contenere il disavanzo pubblico di quest’anno, contribuirà anche un altro fattore. Il prezzo dell’energia è in questo primo scorcio d’anno in netto calo. Sul Ttf, la Borsa di Amsterdam, il gas quota sotto i 50 euro al Megawattora, ben lontano dai picchi di agosto dello scorso anno di 350 euro. Se i prezzi si manterranno a questi livelli, oltre a un rientro più rapido dell’inflazione, ci saranno consistenti risparmi anche per le casse dello Stato. 

Il Tesoro ha stanziato 21 miliardi di euro per gli aiuti a famiglie e imprese per i primi tre mesi dell’anno. Una parte di questi soldi molto probabilmente non sarà spesa. Soprattutto, però, ci sarà bisogno di meno risorse per confermare gli aiuti nel prossimo trimestre. Sostegni che, in realtà, saranno rivisti. Se i prezzi del gas dovessero continuare a scendere, non è nemmeno escluso che gli aiuti siano destinati solo alle imprese e non più anche alle famiglie. Poi sarà rivisto il meccanismo, garantendo un “prezzo politico” dell’energia fino a un certo livello di consumi (in modo da incentivare il risparmio), per poi applicare sulla parte eccedente i prezzi di mercato. 

L’IMPATTO
Da quello che sarà l’impatto sul deficit del 2023 della decisione di Istat di oggi, dipenderanno anche gli spazi di manovra del parlamento per modificare il decreto. Modifiche, spiegano fonti del Tesoro, che permetteranno un passaggio «graduale» al nuovo regime a «determinate» categorie di beneficiari. I cambiamenti, definiti «doverosi ed equi», saranno concentrati sulle categorie più deboli e su chi si è comportato correttamente. 
Ieri intanto in Commissione finanze alla Camera, sono andate avanti le audizioni sul decreto. Il vice presidente dell’Ance Stefano Betti, ha espresso «forte preoccupazione per la situazione esplosiva venutasi a creare dopo l’approvazione del decreto legge sulla cessione dei crediti, che», ha detto, «non risolve in nessun modo il problema dei crediti incagliati legati ai bonus edilizi». Si tratta di circa 19 miliardi di euro, già maturati che, ha spiegato Betti, «se non pagati mettono a rischio 115.000 cantieri di ristrutturazione delle case in tutta Italia, oltre 32.000 imprese e 170.000 lavoratori, che raddoppiano se si considera l’indotto».

Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, invece ha chiesto di «consentire fino al 30 aprile l’utilizzo della cessione del credito e dello sconto in fattura e mantenere questo meccanismo per gli interventi nelle unità immobiliari indipendenti, che riguardano nel 2023 le famiglie a basso reddito». Dopo la decisione dell’Istat di oggi, nei prossimi giorni sarà convocato il tavolo tecnico che dovrà elaborare la soluzione per i crediti incagliati da presentare come emendamento al decreto alla Camera. 
 

Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 08:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA