Superbonus 110, come sbloccare ancora l'uso dei crediti (e non perdere gli sconti). A marzo oneri per lo Stato sopra 80 miliardi

Il 31 marzo sono scaduti i termini previsti per legge sulle cessioni dei crediti per i bonus casa e Superbonus

Martedì 11 Aprile 2023 di Marta Giusti
Superbonus 110, conviene iniziare i lavori? Ecco i rimedi per sbloccare l'uso dei crediti

Superbonus 110. Il 31 marzo sono scaduti i termini previsti per legge sulle cessioni dei crediti per i bonus casa e Superbonus. Il governo ha prorogato la scadenza di sei mesi, fino al prossimo 30 settembre.

Ecc alcune soluzioni per recuperare le spese sostenute lo scorso anno e per le rate dei due anni precedenti. Dalla Remission in bonis pre e post 31 marzo fino alle detrazioni in 10 e 4 anni. 

Enea: detrazioni al 31 marzo salgono a a 80 miliardi

Al 31 marzo 2023, secondo Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), i cantieri che in Italia hanno beneficiato del Super ecobonus 110% erano 403.809 (asseverazioni depositate). Le detrazioni maturate per i lavori conclusi sono 63,8 miliardi di euro che saliranno a 80 miliardi a fine lavori. Il totale degli investimenti ammessi a detrazione sono invece 74 miliardi. Alla fine del mese scorso risultava realizzato il 79,8% dei lavori.

Remissione in bonis

Confermata poi la possibilità delle remissione in bonis: il 31 marzo è scaduto il termine per comunicare all’Agenzia delle Entrate l’opzione di cessione o sconto in fattura relativa alle spese edilizie del 2022. A beneficio di chi non ha fatto in tempo (anche a causa della stasi degli ultimi mesi) il termine viene portato al 30 novembre dietro il pagamento di una sanzione di 250 euro. Non è ancora chiaro però se la proroga riguardi solo i privati titolari di crediti o anche le imprese che hanno accettato di praticare lo sconto in fattura. L'importante è che l'accordo per la cessione del credito sia stati stipulato entro il 31 marzo. 

Remissione in bonis post 31 marzo

Come riporta il Sole 24 Ore per coloro che non sono riusciti a stipulare il contratto per la cessione del credito entro la scadenza del 31 marzo si apre una nuova opzione. Ovvero si può usufruire della remissione in bonis purché a comunicare la cessione sia solo il beneficiario del bonus casa e che la cessione avvenga solo banche, società dei gruppi bancari e assicurazioni, ovvero verso dei soggetti sottoposti a vigilanza. 

Detrazione a 10 anni

Superbonus. Archiviati sconti e cessioni, con l'ultimo decreto arriva una chance in più per i redditi bassi con scarsa capienza fiscale. Per le spese sostenute dal primo gennaio al 31 dicembre 2022, infatti, i contribuenti potranno optare per il riparto della detrazione in 10 quote annuali a partire dal periodo d'imposta 2023. Ma come funziona il meccanismo? In sostanza il nuovo sistema prevede che questa possibilità valga a partire dal 2024 e sarà irrevocabile. Per le spese sostenute nel 2022 e relative agli interventi agevolati con la maxidetrazione, lo sconto fiscale può essere ripartito in dieci rate annuali invece che in quattro. La detrazione però potrà essere inserita nella dichiarazione del 2024: i tempi slittano perciò di un anno rispetto al 2023.

Detrazione a 4 anni

Resta il fatto, comunque, che chi è ancora interessato a sfruttare la detrazione in quattro anni avrà ancora la possibilità di farlo. Lo stesso vale per chi vuole usufruire ancora dei crediti di imposta. Questi ultimi sono infatti diversi dalle detrazioni, perché il loro uso non passa dalla dichiarazione dei redditi. Si ricorre invece al modulo F24 e sono utilizzabili in tempi più veloci per abbassare il debito del contribuente che deve pagare imposte Anche per i crediti d’imposta c’è la possibilità di ricorrere ai dieci anni, già prevista dal decreto Aiuti quater. Quindi, chi acquista il credito può comunicare la propria scelta di estendere il periodo in cui intende utilizzarlo (e passare così da quattro anni a dieci).

Cosa prevede la legge se i lavori non sono terminati

La legge prevede dei mezzi di tutela per il committente, che vanno dall’intimazione ad adempiere al risarcimento del danno per l’inadempimento. Se la ditta edile interrompe i lavori o non li termina entro il periodo previsto è necessario adire le vie legali, promuovendo una causa civile necessaria a quantificare l’inadempimento e predisporre, poi, le risoluzioni. In questo modo, il contratto sottoscritto dalle parti è senza dubbio una prova definitiva dell’obbligo in capo alla ditta, ma non è indispensabile.

Occorre una qualsiasi prova documentale, ad esempio il preventivo dell’appaltatore, purché provi che i lavori sono stati affidati in un unico momento, e non in tempi diversi. Per questo, è opportuno inserire delle clausole (ne esistono di vari tipi contemplati dai formulari delle associazioni di categoria) che “bilancino” i rischi soprattutto quando l’esecuzione dell’opera dipenda da forniture di componenti e di altre materie prime di cui l’impresa edile è costretta ad approvvigionarsi da altre imprese. La dimostrazione che la commissione alla ditta edile comprendesse anche i lavori non eseguiti è indispensabile per determinare l’inadempimento, basato quindi sulla differenza fra le opere previste e quelle mancanti. Nel dettaglio, presupponendo la natura indivisibile della prestazione si configura un inadempimento totale anche nel caso di inadempimento parziale. In altre parole, se la ditta ha già eseguito alcuni lavori ma li abbandona senza completarli, è imputabile per l’inadempimento totale, in quanto la commissione prevedeva la realizzazione unitaria del progetto.

Ultimo aggiornamento: 18:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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