Stipendi tagliati dall'inflazione: ecco come cambiano (e le differenze con le pensioni)

Lo scorso anno retribuzioni quasi ferme, va un po' meglio per chi riceve l'assegno di anzianità e per le partite Iva

Giovedì 6 Aprile 2023 di Roberta Amoruso e Luca Cifoni
Stipendi tagliati dall'inflazione: ecco come cambiano (e con che effetti sui consumi)

Redditi, soprattutto stipendi, al palo o in crescita comunque contenuta. Inflazione che morde, per di più insidiando (dopo l'esplosione in parte rientrata dei beni energetici) proprio i consumi di tutti i giorni a partire dagli alimentari.

Sintetizzata al massimo, è questa la vicenda che hanno vissuto le famiglie lo scorso anno. E così non sorprende il bilancio tracciato ieri dall'Istat: negli ultimi tre mesi del 2022 il potere d'acquisto rispetto al periodo precedente si è ridotto del 3,7 per cento. Dal punto di vista della contabilità pubblica, questo è il risultato di un aumento dello 0,8 per cento del reddito disponibile a fronte di un incremento ben più significativo (+4,7%) del deflatore dei consumi (che misura appunto la crescita dei prezzi a livello aggregato). Ma altri dati sempre provenienti dall'istituto nazionale di statistica ci aiutano a comprendere meglio quanto è successo.

LA MEDIA

Nella media del 2022 - nonostante siano stati rinnovati molti contratti - l'indice delle retribuzioni orarie è cresciuto solo dell'1,1 per cento. Quello dei prezzi del consumo invece ha avuto una dinamica superiore all'8%. Un po' meglio è andata per le pensioni, che hanno incassato a inizio anno un adeguamento del 7,3% fino alla soglia dei 2.100 euro mensili lordi, che però è scattato solo in misura parziale (e ritardata) per i trattamenti superiori a questa soglia. Mentre in alcuni casi imprenditori e professionisti, sono riusciti a difendersi, in misura variabile a seconda del settore di attività.

Dunque alla fine si paga di più per mettere nel carrello della spesa quantità inferiori soprattutto di prodotti alimentari, dicono i dati dell'Istat. L'altra faccia della medaglia, infatti, è il calo dei consumi, un segnale di allarme per le associazioni dei consumatori che vedono nero anche per i mesi a venire. A febbraio 2023 il calo congiunturale per le vendite al dettaglio (-0,1% in valore) depurato dall'inflazione si trasforma dunque in un calo dello 0,9% delle quantità acquistate. Nel dettaglio, il dato più sorprendente riguarda la diminuzione delle vendite dei beni alimentari: gli acquisti registrano un -0,3% in valore della spesa, nonostante l'inflazione alle stelle, a fronte di -1,8% per quantità messe nel carrello. Mentre gli acquisti dei beni non alimentari registrano un lieve aumento in valore (+0,1%) e una flessione in volume (-0,3%). Infine, su base annua, a febbraio 2023, le vendite al dettaglio aumentano del 5,8% in valore e registrano un calo in volume del 3,5%. In particolare, le vendite dei beni alimentari vedono la spesa aumentare del 7,9% in valore a fronte di una riduzione del 4,9% in termini di quantità, con una differenza di quasi 13 punti percentuali. Al netto dell'inflazione, fanno notare da Assoutenti, questo significa che la spesa alimentare degli italiani cala complessivamente per 7,1 miliardi di euro su base annua, con una riduzione media di -377 euro se si considera un nucleo con due figli. Non solo. Secondo l'analisi dell'Unione Nazionale Consumatori, le vendite alimentari in volume precipitano non solo rispetto a febbraio 2022, ma anche rispetto a febbraio 2021 (-6,5%), a febbraio 2020 (-11,7%) o al 2019 (-4,4%). Una musica simile, seppure con numeri attenuati, riguarda poi le vendite dei beni non alimentari, ricorda l'Istat, con beni aumentati a febbraio scorso del 4,2% in valore a fronte di -2,3% in volume.

LE PREVISIONI

La preoccupazione è per i prossimi mesi. Perché se finora, stando ai numeri dell'istituto di statistica, la caduta dei consumi è stata tamponata dall'utilizzo dei risparmi degli italiani, da adesso in poi il peso dell'inflazione è destinato a farsi sentire di più nella gestione della spesa dei nuclei familiari, costretti sempre più alla prudenza anche quando vanno al supermercato. A fine 2022 la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari al 5,3%, riaultando però in diminuzione di 2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
Guardando all'intero 2022, osserva da parte sua Confesercenti, «l'inflazione scatenata dagli aumenti energetici ha bruciato 12 miliardi di potere dell'acquisto delle famiglie, costringendo gli italiani a tagliare il risparmio per sostenere i consumi. E lo scenario resta difficile anche nel 2023».

Ultimo aggiornamento: 11:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA