Stipendi, tetto per i manager: cinque fasce di reddito, fino a 240mila euro solo per le grandi aziende

Pronti un Dpcm e un decreto del Mef per le società pubbliche non quotate

Mercoledì 8 Febbraio 2023 di Francesco Bechis
Stipendi, tetto per i manager: previste cinque fasce retributive, sarà richiesta la fedina penale pulita

Esperienza, competenza, fedina penale immacolata.

Arriva la stretta del governo Meloni sui manager delle società controllate dallo Stato. Regole stringenti per gli amministratori, tetto agli stipendi dei dirigenti. La “rivoluzione del merito” promessa dalla premier passa anche da qui. 

Le regole

Due provvedimenti allo studio del governo, un Dpcm e un decreto del Mef, introducono una stretta sulle società a controllo pubblico, ad esclusione delle quotate. 
Da un lato i requisiti necessari per i componenti degli organi amministrativi e di controllo. «Onorabilità, autonomia, professionalità». Ma soprattutto, una fedina bianca. Chi ambisce ai vertici delle controllate non deve avere l’ombra di una condanna - anche non definitiva - per reati finanziari o delitti contro la Pubblica amministrazione. 
Dall’altro lato l’indicazione di cinque tetti ai compensi lordi di dirigenti, amministratori e dipendenti per cinque fasce diverse di società controllate, divise per produzione, attivo patrimoniale e numero di dipendenti. Resta in vigore il tetto massimo di 240mila euro per le società di prima fascia, con una produzione pari o superiore a duecento milioni di euro e più di mille dipendenti. Se ne aggiungono però altri quattro: dal limite di 216mila euro per i manager in seconda fascia ai 120mila euro per le controllate più piccole. Alle fasce di retribuzione si sommano nuovi paletti. Nella bozza sulla scrivania del ministero di Giancarlo Giorgetti si precisa che in ogni caso «i trattamenti economici del presidente e dell’amministratore delegato non possono essere cumulati in capo alla medesima persona». Stesse regole per gli stipendi annui e i compensi assembleari: non si potranno sommare. 
Quanto agli stipendi degli amministratori delegati, la parte variabile sarà corrisposta solo «in presenza di un margine operativo lordo positivo» e «non può essere inferiore al 30% della componente fissa». Non solo: per incassare il bonus il manager al vertice della società dovrà raggiungere obiettivi di performance come, si legge nel decreto, «il miglioramento del risultato operativo, l’efficientamento della struttura organizzativa, la riduzione dei costi di struttura». Fin qui la meritocrazia e i criteri di spending review. 

I requisiti

Sulle competenze interviene invece il decreto di Palazzo Chigi con nuovi paletti all’entrata per i manager che siedono negli organi amministrativi e di controllo. Appunti utili, alla vigilia di una lunga e delicata stagione di nomine che vedrà protagoniste anche diverse controllate, da Consip a Gse. Si parte dal quadro giudiziario. È incompatibile chi è stato condannato per delitti relativi «all’attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa» o in materia di «mercati e valori mobiliari». La lista prosegue. Chi ha commesso delitti «contro il patrimonio, l’ordine pubblico, l’economia pubblica o in materia tributaria», o è stato condannato a più di due anni di reclusione per qualunque delitto non colposo, non potrà ambire ai vertici delle controllate. Il decreto interviene anche su un’annosa questione. Politica e aziende: quanto tempo deve passare prima che un ministro, sottosegretario, (euro)parlamentare, consiglieri regionali e comunali (per città con più di 15mila abitanti) freschi di dimissioni possano puntare alla poltrona di vertice di una controllata? Almeno un anno, spiega il Dpcm. Altrimenti scatta l’incompatibilità. Il Cv degli aspiranti manager, in sostanza, sarà passato al setaccio con più meticolosità di prima. E non solo per i politici. Chi vuole entrare nel cda, in un organo di controllo o in un’azienda a controllo pubblico, dovrà avere alle spalle tre anni di esperienza nei rispettivi campi. Cinque, per chi punta alla carica di vertice per vestire i panni dell’amministratore delegato.
Partono da lontano, i due provvedimenti del governo. E ricalcano in gran parte il “decreto fasce” proposto prima dal governo Conte-bis e poi dal governo Draghi ma rimasto finora in un limbo. Uno sprint necessario: il decreto attua con sei anni di ritardo il Tuspp (Testo unico sulle Società a partecipazione pubblica) e archivia una volta per tutte la disciplina transitoria del governo Monti. Ma invia anche un segnale all’Ue. Con la Commissione europea che ha proclamato il 2023 «l’anno europeo delle competenze», il governo Meloni sintonizza le frequenze partendo dalle società pubbliche. 

Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 08:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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