Statali, è fuga dal pubblico impiego (ma non dipende dallo stipendio). Aran: salari adeguati

Ai funzionari retribuzione media di 31.700 euro: valori in linea con compagnie private e società di tlc

Sabato 20 Maggio 2023 di Andrea Bassi
Statali, è fuga dal pubblico impiego (ma non dipende dallo stipendio). Aran: «Salari adeguati»

L’idea è sfatare un mito. Quello che i dipendenti pubblici guadagnano meno dei loro colleghi che lavorano nel settore privato. Una delle ragioni che sarebbe alla base della “grande fuga” dai concorsi pubblici.

Proprio per smentire questa idea, giovedì 25 l’Aran pubblicherà un dossier che dimostra come gli stipendi dei dipendenti pubblici siano “allineati” a quelli garantiti nei principali comparti del privato. 

L’Aran è l’Agenzia che tratta a nome del governo il rinnovo dei contratti degli statali. Di fatto negozia aumenti e norme che regolano il rapporto di lavoro. Che cosa sostiene lo studio? Che la retribuzione media di un funzionario pubblico è di 31.766 euro, in pratica poco più di 1.800 euro nette al mese. Si tratta di una cifra superiore ai 30.836 euro della media dei lavoratori del comparto privato e di quello pubblico degli “impiegati”. Nella classifica al primo posto si trovano i funzionari di banca che guadagnano 34.288 euro lordi l’anno. Al secondo posto ci sono gli impiegati dei settori della metallurgia e della siderurgia, con 33.565 euro, seguiti dai lavoratori (sempre di livello impiegatizio) della chimica, con 33.296 euro. Meno dei dipendenti pubblici guadagnano gli addetti dei trasporti, della logistica, dei media, del tessile, della ristorazione. 

LA DOMANDA

La domanda, insomma, è lecita: davvero la fuga dal pubblico impiego è una questione di retribuzioni? In realtà il livello degli stipendi è solo una delle ragioni che oggi rendono meno appetibile lavorare per lo Stato. Le indagini più recenti parlano anche di altre ragioni, come l’attrattività dell’ambiente pubblico, considerato poco innovativo soprattutto per le professioni più tecniche. Ma ci sono anche altri fenomeni che incidono. Come quello della ripartenza dei concorsi pubblici dopo una quindicina di anni di blocco del turn over. Per lungo tempo, insomma, i concorsi pubblici sono stati banditi con il contagocce. Solo lo scorso anno, invece, le amministrazioni pubbliche hanno avuto la necessità di sostituire ben 150 mila dipendenti e quest’anno di posti da bandire ce ne sono altri 170 mila. L’offerta è stata superiore alla domanda. 

La Pubblica amministrazione, è diventata di nuovo un datore che ha “fame” di lavoratori e che deve competere con il pubblico per attirare i giovani più formati. In questo scenario si inseriscono poi i concorsisti. Persone che partecipano a più bandi della pubblica amministrazione e che, in un contesto di offerta ampia di posti, possono fare una sorta di “cherry piking”, ossia scegliere l’amministrazione che offre le condizioni migliori. E quasi sempre tra un contratto a tempo indeterminato a uno a termine, si sceglie il primo. Questo ha comportato problemi soprattutto per il personale per il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, per il quale le norme europee consentivano di offrire soltanto posti a tempo determinato. Si è visto in diversi casi. 
A cominciare dal concorso per l’assunzione dei 500 esperti del Ministero dell’Economia, dove più del 30 per cento dei vincitori del concorso ha rinunciato al posto. Una circostanza che ha indotto il governo a introdurre delle norme per stabilizzare immediatamente i funzionari del Piano. 

I CONTEGGI

Ma tornando ai livelli retributivi, c’è anche chi già contesta i calcoli dell’Aran. Come il sindacato Flp. La contestazione riguarda il fatto che il conteggio Aran è stato fatto calcolando come media il massimo che un funzionario pubblico può ottenere in tutta la carriera lavorativa. Secondo Flp, insomma, prima di arrivare a guadagnare i 1.800 euro netti al mese, potrebbero passare diversi anni. Non si tratterebbe dunque, di uno stipendio di primo ingresso. 

Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 08:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA