Statali, lavoro agile solo al 30% e maggiori controlli sui furbetti

Giovedì 25 Marzo 2021 di Francesco Bisozzi
Statali, lavoro agile solo al 30% e maggiori controlli sui furbetti

ROMA Lavoro agile per uno statale su tre.

La proposta è sul tavolo della trattativa per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici, che disciplinerà lo smart working nella Pa, regolamentandolo sotto il profilo economico, dei diritti e dei controlli anti-furbetti. È quanto emerge da fonti sindacali, dopo i primi incontri con il neo ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta. Oggi si trova a casa la metà dei dipendenti pubblici che svolgono attività che possono essere assolte da remoto, come stabilito dalle disposizioni emergenziali introdotte a ottobre e prorogate a più riprese, ma l'obiettivo del precedente esecutivo era di portare l'asticella ancora più su e di rendere accessibile il lavoro agile almeno al 60% degli statali smartabili.

Quota che l'attuale governo è pronto a dimezzare. Una stretta resa necessaria dai disagi sofferti da cittadini e imprese in questi mesi di smart working allargato nella Pa. Fino al 30 aprile valgono le disposizioni dell'ex inquilina di Palazzo Vidoni, Fabiana Dadone, secondo cui non sono necessari accordi specifici tra i dipendenti in smart working e i loro dirigenti, il che equivale a dire che non ci sono regole da rispettare, livelli di performance da assicurare e diritti da garantire, con tutto ciò che ne consegue in termini di qualità dei servizi resi dagli uffici pubblici.

A mettere ordine devono essere i cosiddetti i Pola, i Piani organizzativi per il lavoro agile, che le amministrazioni centrali erano tenute a presentare entro la fine di gennaio (ma solo una su tre ha rispettato la scadenza). I Pola però nascono con lo scopo di estendere lo smart working almeno al 60% dei dipendenti che possono lavorare da remoto, una percentuale ritenuta proibitiva per alcuni ministeri, come quelli della Giustizia e dei Trasporti per esempio, per la maggior parte dei Comuni e diverse Regioni, anche secondo gli esperti della Commissione tecnica.

IL DIETROFRONT

Pure per questo il ministero della Pa ha deciso di cambiare approccio in materia e ha manifestato ai sindacati la propria disponibilità a rivedere al ribasso i target sul lavoro agile nella fase post-Covid. La priorità del resto è quella di efficientare la Pa e se lo smart working dovesse rivelarsi un ostacolo allora verrà ridimensionato ulteriormente. Come? Nelle amministrazioni pubbliche che in futuro registreranno un abbassamento del livello della qualità dei servizi forniti, la quota di smart worker potrebbe addirittura essere azzerata.

Resta da vedere come verranno misurate da un lato le performance delle amministrazioni pubbliche e dall'altro quelle dei lavoratori agili. L'intenzione è di coinvolgere nel processo di valutazione sia gli utenti interni che esterni: dirigenti pubblici, semplici funzionari, cittadini e imprenditori. I tempi di risposta e di rilascio delle pratiche potrebbero essere uno dei criteri sulla base dei quali effettuare le valutazioni. Il piano del ministro Renato Brunetta per disciplinare lo smart working nella Pa sta insomma prendendo corpo. Per diffondere il lavoro agile senza mettere a repentaglio la produttività sono previsti anche investimenti massicci in formazione, con particolare riferimento alle competenze informatiche e digitali.

Ultimo aggiornamento: 26 Marzo, 09:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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