Statali, promozioni: nella Pubblica amministrazione l’anzianità vale più del titolo di studio

Grazie a un cavillo, fino al 2025 si potrà diventare funzionario senza laurea

Lunedì 28 Agosto 2023 di Andrea Bassi
Statali, promozioni: nella Pubblica amministrazione l’anzianità vale più del titolo di studio

Statali, la parolina magica è «progressioni verticali».

La traduzione è carriere facili. O quantomeno più facili che nel passato. Per i dipendenti pubblici quella del 2023 si sta rivelando un’estate d’oro. Merito, o colpa potrebbe sostenere qualcuno, dell’ultimo contratto sul pubblico impiego firmato dai sindacati e dall’Aran, l’Agenzia che per il governo negozia il rinnovo degli accordi. Una delle novità del contratto è l’introduzione di nuove famiglie professionali che sostituiscono le vecchie aree nelle quali era inquadrato il personale. 


E per chiudere le trattative e mettere la loro firma in calce all’accordo, i sindacati hanno ottenuto che fosse inserita una norma che fino al 2025 permettesse i passaggi dall’area inferiore a quella superiore per i dipendenti in deroga al titolo di studio. Che significa? Che se un assistente, per esempio un impiegato che lavora allo sportello, vuole diventare funzionario, fino al 2025 può partecipare al bando anche con il semplice diploma se ha maturato almeno 10 anni di servizio. Ma la domanda è anche un’altra. Che succede se a quello stesso bando partecipa un assistente che ha anche una laurea o persino un master? La risposta a questa domanda sta tutta nei bandi che le amministrazioni stanno pubblicando da qualche mese a questa parte per permettere questi scatti di carriera. 

IL MECCANISMO
Prendiamo il bando di un ministero rigoroso come quello dell’Economia, che ha aperto 597 posti da funzionario per gli attuali assistenti. Il bando è stato pubblicato poche settimane fa, e i dipendenti che vorranno partecipare alle progressioni verticali dovranno fare domanda entro il 9 settembre. Come si farà a “vincere” il posto da funzionario? Il bando dice che sarà fatta una graduatoria dove il massimo del punteggio è 100. Quaranta punti saranno dati in base all’esperienza professionale, 1,6 punti per ogni anno passato nell’amministrazione. In sostanza in base all’anzianità di servizio. Altri 35 punti in base alle competenze professionali. E come si farà a valutarle? I dipendenti dovranno seguire un corso on line di autoformazione fare un test, al quale saranno assegnati fino a 30 punti. I restanti 5 punti saranno in base ai titoli: 1 punto per un master, 3 punti un dottorato, 2,5 una specializzazione. Studiare, insomma, rende decisamente poco. Altri 25 punti, poi, saranno assegnati in base alla formazione. Alle scuole cioè, che si sono fatte. E qui sta un’altra sorpresa. La laurea vale 20 punti, il diploma di scuola superiore 15 punti. Si potrebbe pensare che il ministero dell’Economia sia un’eccezione. invece è la regola. L’Anpal, l’Agenzia nazionale per il lavoro che di formazione e competenze qualcosa dovrebbe saperne, per le sue progressioni verticali assegna 50 punti all’esperienza e altri 25 punti alle competenze maturate in Anpal (si legga in entrambi i casi anzianità di servizio), e 25 punti al titolo di studio. Chi ha una laurea li otterrà tutti e 25. Chi ha un diploma di scuola superiore dovrà accontentarsi di 24 punti. 


LA RICOGNIZIONE
Diverse Asl in giro per l’Italia hanno addirittura pensato a dei meccanismi semi automatici: hanno avviato una ricognizione per vedere quanti vogliono fare carriera e verificare se ci sono le risorse per far crescere tutti. Il 24 agosto scorso si è concluso il maxi bando per oltre 2 mila progressioni verticali decise dal Comune di Roma, la maggior parte delle quali per passare proprio all’area dei funzionari, la più ambita e per la quale, in condizioni normali, servirebbe avere una laurea. I dipendenti capitolini che si sono candidati allo “scatto” hanno superato i seimila. C’è da capirlo. Sarà difficile che in futuro qualcuno si possa riaprire una finestra di opportunità come quella attuale, poter diventare funzionari senza la laurea. Resta il fatto che quella italiana è una pubblica amministrazione dove l’età media è ormai di 50 anni e dove soltanto un dipendente su tre ha completato l’Università. E le progressioni senza titolo non sono forse la via maestra per attrarre talenti nei ranghi delle amministrazioni. 
 

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