Statali, liquidazione con il prestito dell’Inps: anticipi a febbraio. Gli interessi dovuti saranno dell’1%

I dipendenti pubblici ricevono Tfs e Tfr fino a cinque anni dopo il pensionamento

Venerdì 11 Novembre 2022 di Andrea Bassi
Statali, liquidazione subito ma con il prestito dell’Inps: anticipi a febbraio. Gli interessi dovuti saranno dell’1%

Potrebbe quasi sembrare un paradosso. L’Inps “anticiperà” con un prestito ai dipendenti pubblici che andranno in pensione i soldi del loro Tfs, il trattamento di fine servizio, o del Tfr, il trattamento di fine rapporto.

Un prestito che, visti i tassi bancari attuali, sarà anche molto conveniente, visto che sarà erogato a un tasso fisso dell’1 per cento, più un contributo a titolo di rimborso spese forfettario dello 0,50 per cento. Ma andiamo con ordine.

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Liquidazione statali, come funziona

Gli statali ricevono la loro liquidazione in tempi lunghissimi. Fino a cinque anni dopo il momento in cui lasciano il lavoro per la pensione. Si tratta di una norma decisa durante gli anni della crisi del debito pubblico per dare una mano alle casse dello Stato. La regola è questa: il dipendente pubblico che va in pensione ottiene subito i primi 50 mila euro di liquidazione, poi il resto lo prende nei successivi 24 mesi. Ma chi va in “prepensionamento”, per esempio con Quota 100 (62 anni) o 102 (64 anni), deve attendere comunque di compiere i 67 anni per ottenere le tranche della liquidazione. E questo senza contare i ritardi amministrativi dello stesso Inps nel lavorare le pratiche e che, in alcuni casi, hanno portato a ritardi di pagamento fino a 72 mesi. 


Per provare a risolvere il problema dei ritardi di pagamento del Tfs e del Tfr, il primo governo Conte aveva escogitato un meccanismo di “anticipo” fino a 45 mila euro attraverso il sistema bancario. L’Abi e il governo hanno firmato una convenzione, appena rinnovata, che permette questo prestito con interessi calmierati. Il tasso previsto dall’accordo è pari al rendistato più uno spread dello 0,4%. Il problema è che il rendistato è schizzato verso l’alto. Per la scadenza più breve (1 anno/1 anno e 6 mesi) ha superato il 2,6%. Per le scadenze più lunghe è arrivato fino al 4,5%. Insomma, l’anticipo del Tfs-Tfr da parte delle banche costa oggi, almeno il 3%. E qui arriva l’Inps. 


Il documento


Con la deliberazione numero 219 del consiglio di amministrazione adottata il 9 novembre, ha deciso che da febbraio del 2023 l’Istituto potrà prestare ai lavoratori pubblici che vanno in pensione, somme pari alla liquidazione maturata a un tasso dell’1% più le spese dello 0,5%. E a differenza del sistema bancario, si potrà ottenere tutto il Tfs-Tfr maturato e non solo un anticipo di 45 mila euro. Le somme saranno erogate al netto degli interessi e delle spese e la liquidazione dovrà essere ceduta con la clausola pro-solvendo all’Inps. Le domande, a partire dal primo febbraio del prossimo anno, potranno essere presentate solo online e saranno accolte in ordine cronologico fino ad esaurimento dei fondi che saranno destinati a questa misura. Non potrà ricevere l’anticipo chi però ha un debito contributivo con l’Inps o qualche cartella non saldata con l’Agenzia delle Entrate. Per Massimo Battaglia, segretario generale di Confsal-Unsa, che ha portato la questione dei ritardi di pagamento del Tfs-Tfr fino in Corte Costituzionale, si tratta di «un primo segnale importante. Comunque», dice ancora Battaglia, «rimaniamo in attesa fiduciosi del pronunciamento della Corte Costituzionale sul ricorso pendente circa il ritardato pagamento».

 

Ultimo aggiornamento: 21:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA