Statali, Minenna: «I funzionari potranno scegliere dove lavorare. Così attiriamo talenti»

Parla il direttore dell'Agenzia delle Dogane: a luglio un nuovo bando per 1.500 assunzioni in tutta Italia

Domenica 29 Maggio 2022 di Andrea Bassi
Statali, Minenna: «I funzionari potranno scegliere dove lavorare Così attiriamo talenti»

Marcello Minenna, direttore dell'Agenzia delle Dogane, delle Accise e dei Monopoli. Lei è uno dei principali datori di lavoro pubblici. Che succede con i concorsi, davvero c'è difficoltà a trovare persone disposte a lavorare nella macchina dello Stato?
«Nelle nostre procedure di selezione abbiamo colto alcuni cambiamenti rispetto al passato».

Che cambiamenti?
«Le persone non vogliono più essere selezionate in maniera centralizzata, despecializzata e soprattutto facendo mesi di formazione stile Università.

Con la pandemia il mondo è cambiato. Ormai le persone si sono abituate a essere interconnesse e a vivere a distanza. Di questi nuovi fenomeni va tenuto conto quando si organizza un concorso».

Si spieghi meglio, cosa significa per esempio non voler essere selezionati in maniera despecializzata?
«Significa che un laureato in chimica non vuole fare lo stesso concorso di un laureato in legge. I profili vanno selezionati in base alla loro specializzazione e alla loro preparazione. E non sempre è stato così».

Nei vostri concorsi come vi siete comportati?
«Abbiamo seguito le tre direttrici che le ho detto: logistica decentrata, specializzazione e formazione on the job, sul campo».

Quanti dipendenti avete reclutato?
«L'ultimo concorso era per 1.200 persone e sono arrivate 180 mila domande. Lo abbiamo chiuso in sette mesi grazie alle norme sblocca-concorsi di Brunetta».

Avete coperto tutti i posti?
«Quasi tutti».

Il ministro Giovannini ha detto che molti ragazzi rifiutano di trasferirsi dal Sud al Nord per lavorare. Che tassi di rinuncia avete registrato nelle vostre selezioni?
«Le rinunce sono state inferiori al 10 per cento. Grazie, ritengo, proprio a quelle intuizioni che le dicevo, ossia aver organizzato il concorso in maniera decentrata su 18 poli fieristici, aver predisposto bandi per profili ben definiti e aver garantito una formazione sul campo, mandando i neo assunti nelle nostre migliori strutture, a contatto diretto con le migliori professionalità, negli uffici più prestigiosi dell'amministrazione. Tutto questo dà il senso di missione di ciò che si fa e che si farà, crea motivazione e un senso di appartenenza. Oggi il posto di lavoro per i ragazzi non è solo la retribuzione. Ma c'è anche un altro aspetto da tenere presente».

Quale?
«L'organico dell'Agenzia oggi è al 65 per cento di quanto dovrebbe».

Vi manca più di un dipendente su tre?
«Dovremmo essere 13.500 e siamo 8.500. Questo per via del fatto che dagli Anni Novanta non si faceva un concorso in Agenzia. Con Quota 100, poi, abbiamo avuto uscite di mille persone l'anno. L'età media del nostro personale è di 56 anni. Abbiamo una necessità estrema di assumere nuovo personale. Per questo anche per un'ente pubblico come l'Agenzia è necessario essere attrattivo. Ed è il motivo per cui ritengo che questo concorso che abbiamo chiuso sia stato un esperimento di successo. Che ripeteremo».

Quando?
«Ogni 12-15 mesi».

Cioè assumerete 1.200 persone l'anno?
«Vogliamo far diventare il concorso annuale e bandirlo sempre lo stesso mese, a luglio. La nostra idea è avere un rapporto di uscite-entrate di 1 a 1,5. Significa che per ogni mille pensionati assumeremo 1.500 nuovi funzionari. E continueremo a fare le selezioni decentrate. Inoltre a partire dal concorso di quest'anno, per il quale prevediamo di mettere a bando altri 1.500 posti, ci sarà anche una regionalizzazione».

Cosa intende per regionalizzazione?
«Significa che i candidati potranno scegliere la regione nella quale lavorare».

Perché non avete introdotto questa novità da subito?
«Perché non serviva. Avendo grandi carenze di organico abbiamo dato a ogni neo assunto la possibilità di indicare la sede preferita. In pratica abbiamo garantito ai funzionari di scegliersi il luogo di lavoro. Che nel contesto attuale è un incentivo non da poco a lavorare per l'Agenzia».

Senta, l'Agenzia non è l'unico organismo pubblico che lamenta carenze di organico dopo 15 anni di blocco del turn over. Un po' è dappertutto così. Non c'è il rischio che l'offerta di lavoro pubblico a un certo punto superi la domanda. Anche considerando la concorrenza del mondo privato per gli stessi profili?
«Èla ragione per la quale abbiamo deciso di spalmare le assunzioni negli anni. Proprio per non ingolfare il mercato. E soprattutto per non rischiare di abbassare la qualità dei neo assunti».

Ma il pubblico non rischia comunque di essere meno attrattivo per i profili più alti rispetto al privato che, in fin dei conti, paga meglio?
«Non c'è dubbio che il pubblico ha una concorrenzialità retributiva non adeguata. Per questo vanno creati degli incentivi, attraverso la delocalizzazione dei concorsi, la specializzazione, la possibilità di scegliere il luogo di lavoro. Vedere poi che ogni anno arrivano nuove risorse, crea un senso di equilibrio tra chi è già in servizio e chi arriva».
 

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