Smart working, picco nelle grandi aziende: nel 2023 aumento di almeno 30-40 unità. «Risparmi sulle bollette»

In prima fila tra le big Tim ed Enel che ora puntano forte sul lavoro agile

Giovedì 29 Dicembre 2022 di Francesco Bisozzi
Smart working, picco nelle grandi aziende: nel 2023 aumento di 30-40 mila lavoratori flessibili. «Risparmi sulle bollette»

Nel 2023 cresceranno i lavoratori in smart working. Si stima che quasi 4 milioni di dipendenti, pubblici e privati, lavoreranno da remoto. Si tratta di un aumento di circa 30-40 mila unità rispetto a quest’anno.

L’incremento dipende soprattutto dalle scelte delle grandi aziende (Eni, Tim, Enel, ma anche Intesa e altre banche), che puntano forte su questa modalità e che stanno orientando il mercato. Una scelta legata ai risparmi sul costo dell’energia che pesa, come noto, in maniera significativa sui conti aziendali. Da qui una organizzazione flessibile e agile.

Smart working prorogato al 31 marzo per i lavoratori fragili

IL MECCANISMO

Con un emendamento alla manovra il governo ha prorogato lo smart working semplificato fino ad aprile solo per i fragili, invitando i genitori con figli under 14 a tornare in ufficio. Molte grandi aziende, sia pubbliche che private, però si apprestano a potenziare il ricorso al lavoro agile nei prossimi mesi, con accordi ad hoc allo scopo di ridurre il peso delle bollette. Sul fronte della Pa dopo la cura dimagrante voluta dall’ex ministro Brunetta, che ha fissato l’obbligo della prevalenza del lavoro in presenza, gli statali in smart working sono destinati ad aumentare. Per l’attuale titolare della Funzione Pubblica, Paolo Zangrillo, questa particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro rappresenta uno strumento utile a cui le pubbliche amministrazioni, al pari delle imprese, non possono più permettersi di rinunciare. Risultato? Oggi, secondo l’Osservatorio sullo smart working della School of Management del Politecnico di Milano, i lavoratori agili sono 3,6 milioni, ovvero 500mila in meno rispetto al 2021, mentre l’anno prossimo dovrebbero crescere di circa 30-40 mila unità. 

Da gennaio tutti i dipendenti privati potranno svolgere la prestazione lavorativa da remoto solo dopo aver stipulato un accordo individuale. Nella Pubblica amministrazione funziona così già da mesi. L’osservatorio del Polimi ha rilevato che lo smart working è ormai radicato in 9 grandi aziende su 10 – erano circa 8 su 10 nel 2021 – mediamente con 9,5 giorni di lavoro da remoto al mese. Emblematico il caso di Tim, che a partire da febbraio porterà da due a tre le giornate di smart working consentite e il venerdì terrà chiuse le proprie sedi, grazie a un’intesa firmata con i sindacati nei mesi scorsi. La novità interessa 32mila dipendenti, di cui 12mila nella Capitale. Sempre l’osservatorio del Politecnico di Milano ha calcolato che lo smart working consente una diminuzione dei costi significativa per le aziende: permettere ai dipendenti di svolgere la propria attività lavorativa fuori sede per 2 giorni a settimana rende possibile ottimizzare l’utilizzo degli spazi e favorisce la riduzione dei consumi, con un risparmio potenziale di circa 500 euro l’anno per ciascuna postazione. 
Discorso diverso nelle Pmi, caratterizzate da una cultura organizzativa che privilegia il controllo della presenza e percepisce il lavoro agile come una soluzione di emergenza.

 

I PICCOLI

E così oggi solo il 48% delle piccole e medie imprese è a favore del lavoro agile, contro il 53% del 2021, ricorda l’osservatorio. Ma se quest’anno sono stati mezzo milione in meno gli smart worker in circolazione è anche per effetto del ritorno al lavoro in presenza nella Pa: al momento il lavoro agile è presente nel 57% degli enti (contro il 67% del 2021) con in media 8 giorni di lavoro da remoto al mese. Come detto, le disposizioni del precedente governo e i limiti stabiliti da Brunetta hanno pesato, influenzando i Piao, i piani integrati di attività e organizzazione che tra le altre cose disciplinano proprio il lavoro agile. Un esempio? I dipendenti del ministero del Tesoro hanno diritto a 8 giorni di lavoro da remoto al mese, due alla settimana. 

I TEMPI

Di più. L’Osservatorio sullo smart working ha anche evidenziato che nel 68% delle grandi imprese e nel 45% delle Pa il rientro in ufficio finora ha incontrato resistenze da parte delle persone. Attenzione però perché c’è lavoro agile e lavoro agile. La sola possibilità di lavorare da remoto, se non accompagnata da un’opportuna revisione del modello organizzativo, non dà benefici ai lavoratori in termini di benessere, spiegano gli esperti della materia. I lavoratori che manifestano i livelli più elevati di benessere sono infatti gli smart worker puri, mentre i lavoratori da remoto non smart, che lavorano da casa ma senza flessibilità di orari, risultano avere un livello di benessere persino inferiore a quello riscontrato in presenza.
 

Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 10:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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