Siccità, ecco il piano: sblocco dei primi fondi per dighe e mini-invasi. ​Salvini: «Opere frenate dai “signori del no”»

Domani la cabina di regia. Per gli interventi più immediati il Mit mette sul tavolo 50 milioni

Giovedì 4 Maggio 2023 di Francesco Malfetano
Siccità, ecco il piano: sblocco dei primi fondi per dighe e mini-invasi. Salvini: «Opere frenate dai signori del no »

Ricognizione e ripartenza, con almeno i primi 50 milioni di euro sul tavolo. Mentre mezza Penisola è alle prese con la pioggia e l’Emilia Romagna fa i conti con l’ennesima alluvione, il governo prova a muovere le prime mosse per contrastare l’emergenza siccità (e le conseguenti precipitazioni estreme). Domani infatti si riunisce a palazzo Chigi la cabina di regia presieduta dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. 
In attesa di chiarire se l’atteso commissario sarà o meno nominato (ma non pare ancora il momento), il vicepremier ha chiesto a ministeri coinvolti (Agricoltura e Ambiente soprattutto), oltre che a tute le Regioni, di indicare le opere prioritarie su cui è necessario intervenire. 

LE MISURE

Nel mirino sono finite in particolare quelle dighe e quei micro-invasi che ormai da anni attendono di essere realizzati. «Non è possibile che si passi da una settimana all’altra dall’ emergenza siccità all’emergenza alluvione come accade in Emilia Romagna - ha spiegato ieri Salvini a margine dell’inaugurazione una fiera a Verona - Vuol dire che l’acqua quando cade va trattenuta, vuol dire che ci sono dighe ferme da troppi decenni per colpa dei “signori del no”». Il riferimento è soprattutto alle diverse associazioni ambientaliste che si oppongono, con diverse motivazioni ma soprattutto con l’idea di non deturpare il paesaggio, alla realizzazione delle grandi dighe (alcune anche nel Pnrr) e dei circa 10mila invasi che si stima sarebbero necessari per evitare che in caso di alluvioni l’acqua non solo diventi un problema filtrando eccessivamente nel terreno ma vada anche sprecata in vista delle stagioni più calde. 
Nei fatti si punta quindi a dare il là alla più volte invocata opera di sburocratizzazione che se da un lato vedrà già oggi Salvini inaugurare la posa della prima pietra della diga al porto di Genova, dall’altro vedrà domani l’analisi e l’approvazione delle prime opere dei piani presentati dalle Regioni per bacini di ricarica delle falde. Il decreto Siccità del mese scorso ha reso più semplice costruire le vasche di raccolta (a patto che l’acqua sia destinata solo all’agricoltura e che si immagazzinino al massimo 50 metri cubi per ogni ettaro di terreno), ciò che manca sono le risorse a disposizione degli enti di gestione. 
La ricerca di una dotazione economica completa di circa 700 milioni di euro è ancora al vaglio del Tesoro e non è affatto semplice (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per quanto riguarda gli invasi, finanzia solamente i sistemi di raccolta realizzati su terreni già irrigabili), e così intanto il Mit prova a muoversi mettendo sul tavolo «almeno 50 milioni di euro» per avviare quella che nelle intenzioni è un’operazione monstre. 

I DATI

Ad oggi infatti secondo i dati dell’Anbi l’89% dell’acqua piovana che cade sulla Penisola finisce dispersa, nel senso che se ne va nei fiumi, in mare o evapora. Il tutto proprio mentre circa 300mila le imprese agricole sono alle prese con al diminuzione del 30% di precipitazioni nell’ultimo anno (il 40% se si considera solo il Nord Est del Paese). 
Infine tra le linee di intervento lungo cui si muove l’esecutivo - ma stavolta con 2 miliardi di euro finanziati dal Pnrr - c’è la dispersione idrica.

In Italia infatti il 42% di acqua trasportata viene persa dalle nostre reti idriche. Tant’è che secondo i dati pubblicati da Istat sul totale di 8,2 miliardi di metri cubi di acqua immessa nel sistema, la perdita si aggira intorno ai 3,4 miliardi. Un dato che corrisponde a oltre 150 litri di acqua sprecata al giorno per abitante. 

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