Russia, cosa succede in caso di default finanziario? Conseguenze devastanti per i cittadini, impatto minimo per l'Occidente

Lo scenario che soltanto un mese fa veniva considerato probabile al 67% dalle principali agenzie di rating internazionali, adesso viene dato al 99%

Giovedì 7 Aprile 2022 di Giusy Franzese
Russia, cosa succede in caso di default finanziario? Conseguenze devastanti per i cittadini, impatto minimo per l'Occidente

Il conto alla rovescia è cominciato e ogni giorno in più che passa, sui 30 concessi a partire dal 4 aprile, senza che il Ministero delle Finanze russo rimborsi le cedole dei bond scaduti in dollari così come da contratti, è un passo in più di Mosca verso il baratro del default del debito sovrano. Con tutto ciò che ne consegue per il paese guidato da Putin, a partire dall’impossibilità di emettere altre obbligazioni per finanziare le spese correnti.

Un fallimento che trascinerebbe nel pozzo profondo dell’impoverimento anche le imprese locali e i cittadini russi. Lo scenario che soltanto un mese fa veniva considerato probabile al 67% dalle principali agenzie di rating internazionali, adesso viene dato al 99%.

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Le cedole

A marzo, seppur con qualche giorno di ritardo, le cedole in scadenza dei bond russi furono pagate in dollari. Stavolta non è andata così: il ministero delle Finanze russo avrebbe voluto rimborsare in rubli la cedola scaduta il 4 aprile scorso per un ammontare di ben 649,2 milioni di dollari, ma le banche internazionali creditrici si sono rifiutate di accettare il pagamento in valuta diversa da quella prevista dal contratto. La Russia quindi è già in “default tecnico”. Ha però 30 giorni di tempo dal 4 aprile per rimediare e rimborsare le cedole in dollari. Se non lo fa il default diventa effettivo e reale.

Il portavoce di Putin

Il portavoce del Cremlino ha attaccato Ue e Usa, sottolineando che la Russia non ha potuto pagare in dollari non per sua scelta ma a causa delle sanzioni che hanno bloccato l’accesso alle riserve in valuta detenute dalla Banca centrale russa nei conti correnti di banche estere. «I soldi per pagare le cedole la Russia li ha, ma non può prenderli: è un default artificiale» ha detto Dmitry Peskov.

Il Tesoro Usa

É stata JPMorgan, la banca che ha gestito cinque pagamenti coupon sui bond russi dall‘inizio dell‘invasione, a rifiutare di elaborarne altri due alla scadenza del 4 aprile: uno da 84 milioni e uno da 552 milioni. Lo ha fatto su indicazioni del Tesoro americano, che ha deciso di utilizzare anche quest’arma per soffocare l’economia russa così da costringere Putin a far tacere le bombe e i missili sull’Ucraina. Secondo il Tesoro Usa, Mosca adesso ha tre alternative: «Attingere risorse dalle riserve interne al Paese, utilizzare le nuove entrate o fare default». In ogni caso saranno ridotte «ulteriormente le risorse che Putin sta usando per continuare la sua guerra in Ucraina».

 

Il congelamento

Il congelamento delle riserve della Banca centrale russa in valuta estera fa parte del primo pacchetto di sanzioni varato da Ue e Usa all’indomani del 24 febbraio, l’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Complessivamente le riserve della Banca centrale russa ammontano a 640 miliardi di dollari, circa 300 miliardi erano parcheggiati su conti esteri e quindi sono stati bloccati. L’esposizione della Russia verso l’estero in questo momento è pari a 490 miliardi di dollari. Gli investitori esteri hanno 20 miliardi di dollari di bond russi denominati in dollari e 41 miliardi di titoli di Stato in rubli, oltre a partecipazioni azionarie in società russe per 86 miliardi.

Le conseguenze

Il default è una strada senza ritorno: comporterebbe una dichiarazione irreversibile di “paria” finanziario per Mosca, il sequestro di ulteriori asset finanziari, un’impennata ulteriore del costo del debito, la liquidazione obbligatoria di bond russi dai portafogli di centinaia di fondi, in una parola un quasi-collasso finanziario con inevitabili ripercussioni globali, dall’export ai fondi esteri esposti verso la Russia costretti a liquidare anche con gravi perdite. Senza escludere una tempesta finanziaria per altri Paesi emergenti.

La recessione

Secondo previsioni del Tesoro Usa, il default comporterebbe  un crollo del Pil russo del 15% quest’anno. Verrebbero così “bruciati” gli ultimi 15 anni di crescita economica della Federazione.

Le aziende private russe

 Fiammata anche per il rischio default del settore privato, a cominciare dalle banche come Sberbank, la principale del Paese colpita anche dall’ultimo pacchetto di sanzioni. In grandissima difficoltà anche i colossi tecnologici, le acciaierie e tutte le aziende esportatrici. Se poi davvero si riuscirà a imporre l’embargo per l’export di gas e petrolio, la Russia sarebbe completamente isolata dall’Occidente.

Le aziende europee

Quasi tutte quelle che hanno stabilimenti in Ucraina li hanno chiusi per sicurezza. Tante stanno chiudendo anche le filiali in Russia. L’impossibilità di interscambi sta portando inoltre molte aziende europee, anche italiane, che negli ultimi anni avevano intensificato l’export verso la Russia, a fermare gli stabilimenti e mandare i lavoratori in cassa integrazione. Altro versante, quello degli approvvigionamenti: i settori più colpiti sono siderurgia, agroalimentare, metalmeccanico. Lo stop all’import da Russia e Ucraina sta provocando fermi, per carenza di materie prime, in tante fabbriche. In Italia sono in affanno quelle siderurgiche, le aziende che producono dolciumi, gli allevatori di bestiame (il mais che serve per alimentarli proveniva soprattutto dall’Ucraina). Effetti negativi anche su molte banche europee che si sono viste declassare il loro rating. Spiega Fitch: «Gli istituti europei avevano crediti totali verso le controparti russe di circa 91 miliardi di dollari a fine settembre 2021. Di questi, 41 miliardi di dollari si riferivano a posizioni locali in valuta locale, principalmente esposizioni detenute da filiali russe di banche estere». In particolare le banche italiane e francesi detenevano la maggiore esposizione verso le controparti russe, rispettivamente a circa 15 e 10 miliardi di dollari a fine settembre 2021, mentre tutte le altre dell’Europa occidentale avevano un’esposizione combinata di circa 17 miliardi di dollari. Si tratta comunque di cifre non così elevate e perfettamente gestibili dagli istituti di credito, che quindi non prevedono particolari conseguenze negative.

Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 00:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA