Ristoranti in crisi, Cristina Bowerman: «Siamo i portabandiera della qualità ma così distruggono il made in Italy»

Mercoledì 13 Gennaio 2021 di Laura Bogliolo
Ristoranti in crisi, Cristina Bowerman: «Siamo i portabandiera della qualità ma così distruggono il made in Italy»

«Il delivery è un cerotto che serve finché non si va in ospedale, chiudono i ristoranti per colpa della movida sfrenata? Facessero come negli Usa dove si vieta l'uso di alcol in strada e non penalizzino la nostra categoria, siamo i portabandiera del made in Italy, ma siamo ignorati». Nel difendere i colleghi della cucina di qualità e non solo, ha la stessa grinta di quando crea i piatti che l'hanno resa celebre nel mondo e che le hanno fatto conquistare la stella Michelin.
Cristina Bowerman, chef stella Michelin, presidente dell'associazione Ambasciatori del Gusto, la crisi colpisce anche i ristoranti stellati?
«Certamente, siamo affranti, i decreti fatti all'ultimo momento distruggono noi e tutta la filiera alimentare, il governo deve avere il coraggio di fare scelte diverse dalla chiusura».
Quali scelte?
«Se ci dicessero di avere un infermiere che fa i tamponi rapidi ai clienti fuori il locale, noi ci adatteremmo, siamo rimasti chiusi durante le festività, ma i contagi sono saliti, mentre altri negozi erano affollati, siamo penalizzati: sembra che il Covid possa contagiare soltanto cenando nei ristoranti».
E chi parla del delivery come di una ancora di salvezza?
«È solo un cerotto, non è adatto per tutti i ristoratori e poi lo sa che le piattaforme prendono dal 25 al 30% per ogni ordine? Non ci si può improvvisare trasformano la propria attività, ci vuole un business plan. Sto pensando a un progetto a parte per questo. Insomma, è come se a un poeta dicessero che per continuare a scrivere deve fare gli annunci mortuari: posso adattarmi per sopravvivere, ma alla fine non riuscirebbe a pagare l'affitto».
Un paragone estremo il suo.
«Sì, voglio far capire che la ristorazione in questo periodo non è considerata, è ignorato ciò che facciamo, eppure continuano a chiederci sacrifici, vogliono che restiamo chiusi, poi ci riaprono, ma come si fa? Vogliamo un dialogo, confrontarci, essere ascoltati, insieme possiamo trovare strade alternative alla chiusura».
Qualche esempio?
«Ripeto, il governo poteva chiederci ad esempio di fare i tamponi rapidi ai clienti, io, Cristina, avrei pagato una infermiera pur di continuare a restare aperta, ma la chiusura serale che senso ha? Il virus a pranzo non c'è? Noi da sempre rispettiamo le regole anti Covid, eppure vediamo i supermercati affollati e tanti altri negozi con assembramenti. Vuole un altro esempio?».
Sì, certo, quale esempio?
«L'altro giorno passavo davanti al ministero dell'Istruzione, c'erano studenti ammassati che protestavano perché volevano tornare nelle aule, ecco: gli avrei dato due ceffoni! La salute è importante, noi rispettiamo le regole, ma veniamo penalizzati».
Ma il suo ristorante stellato Glass Hostaria a Vicolo del Cinque, a Trastevere, è aperto?
«Sì, ma solo venerdì, sabato e domenica, non posso permettermi il lusso di restare aperta dal lunedì al venerdì, alzo le serrande perché voglio dire ai mie clienti che ci sono e resisto».
Insomma, usa la stella Michelin non tanto per brillare, quanto per aiutare la sua categoria.
«E le dico che sempre più ristoratori, sull'onda di quello che è accaduto negli Usa, sono pronti a riaprire comunque, ma io non sono d'accordo, noi siamo per il rispetto delle regole.

Ma devono ascoltarci».

Covid, la crisi porta il conto anche agli chef stellati: «Trattati come untori». Ristoratori allo stremo

Palestre e piscine chiuse. Jury Chechi: «Restare fermi a lungo è rischioso per il fisico e anche per la mente»

Roma, il commercio in crisi: già persi 30 mila posti «Gravi rischi a marzo». Triplicato il cibo sprecato dai ristoranti

 

Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 11:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA