Reddito di cittadinanza, perché è un fallimento: colloqui con il contagocce, ma in tre anni 4 su 5 sono senza lavoro

Il dossier sulla riforma del sussidio sul tavolo della ministra Calderone. Negli ultimi 3 anni, il 73 per cento degli occupabili non ha mai avuto un contratto

Lunedì 24 Ottobre 2022 di Francesco Bisozzi
Il fallimento del reddito di cittadinanza, tutti incassano l’assegno: ma in 3 anni solo uno su cinque lavora
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Sono un migliaio di irriducibili, con il contratto in scadenza alla fine della settimana. Sono i navigator di Luigi Di Maio e Mimmo Parisi, l’ex numero uno dell’Anpal. Sono quelli che armati di tablet e airpod avrebbero dovuto traghettare nel mondo del lavoro i percettori del reddito di cittadinanza ritenuti occupabili: peccato che hanno viaggiato a una media di un colloquio effettuato al giorno, secondo i dati del ministero del Lavoro, e che su circa un milione di beneficiari attivabili attualmente in misura gli attivati siano meno del 20%.

Molti navigator hanno già gettato la spugna, in realtà. Circa la metà di quelli assunti nel 2019 ha lasciato nei mesi scorsi l’Arca di Noè grillina dopo aver trovato un lavoro altrove (anziché trovarlo ai percettori del sussidio). 

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LE PROROGHE

Gli ultimi mille in servizio sono il risultato di numerose proroghe, i navigator infatti sarebbero dovuti uscire di scena nel 2021, ma adesso vedono vicino il capolinea. Non ci sarebbe spazio per loro all’interno del piano che il nuovo governo sta studiando per rendere l’aiuto un efficace strumento di politica attiva. In tutto sono 958 i navigator ancora in servizio nelle Regioni che hanno sfruttato la proroga concessa prima dell’estate dal precedente governo. Altri 530 circa avrebbero voluto continuare a lavorare nei centri per l’impiego ma Piemonte, Lombardia, Campania, Veneto e Umbria hanno preferito fare a meno di loro. Insomma, nemmeno Draghi è riuscito ad arginare questa truppa di volenterosi inefficaci, che senza sporcarsi troppo le mani si sono portati a casa in questi anni uno stipendio più che discreto, superiore a 1.700 euro al mese. 

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Adesso il dossier sul reddito di cittadinanza spicca tra quelli affastellati sulla scrivania della nuova ministra del Lavoro, Marina Calderone, ex presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, che in futuro potrebbe puntare su un maggiore coinvolgimento delle agenzie per il lavoro private. Anche perché nei centri per l’impiego avanzano a rilento le assunzioni degli oltre 11 mila operatori che servono a potenziare queste strutture: a luglio meno della metà di questi risultava messo sotto contratto. Nel frattempo sono più di 326mila i partecipanti al cosiddetto programma Gol per il lavoro presi in carico dai centri per l’impiego, tra disoccupati, percettori del reddito di cittadinanza e lavoratori fragili. La soglia da raggiungere per centrare i target fissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per quest’anno era pari a 300mila partecipanti. Anche il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, tra gli ideatori della prestazione di sostegno al reddito messa in pista dai Cinquestelle e contrario alla sua abolizione, insiste sulla necessità di «migliorare i centri per l’impiego e le politiche attive». I navigator, dal canto loro, sono scesi in piazza la settimana scorsa per far sentire la loro voce e chiedere una soluzione che garantisca loro la continuità occupazionale. 

I PERCETTORI

I navigator sono stati assunti in origine per occuparsi della profilazione dei beneficiari del reddito e dell’individuazione di piani personalizzati di accompagnamento al lavoro adatti ai percettori del sussidio. Quando sono arrivati nei centri per l’impiego hanno trovato però ad accoglierli un’organizzazione spesso inadeguata, uffici sprovvisti di computer, organici ridotti. Con la pandemia la situazione è andata peggiorando, i centri per l’impiego hanno iniziato a operare da remoto e l’esercito di attivabili da attivare è aumentato fino a diventare ingestibile. E così alla fine i navigator sono diventati uno dei simboli del flop del reddito di cittadinanza. Gli ultimi dati Anpal parlano chiaro. Tra i 919mila beneficiari del reddito indirizzati ai servizi per il lavoro, sono appena 173mila gli occupati (il 18,8%). Dunque circa uno su cinque. Di più. Nel 73% dei casi i beneficiari soggetti al patto per il lavoro non hanno mai avuto un contratto di lavoro dipendente o in para-subordinazione nei 36 mesi precedenti al 30 giugno 2022. Osservando più da vicino la platea dei beneficiari occupati si nota una maggiore incidenza nelle regioni centro settentrionali, con valori compresi tra il 27% e il 31%, a fronte del 18,6% registrato nelle regioni del Mezzogiorno. Infine tra i beneficiari tenuti alla stipula del patto per il lavoro, la quota di utenti presi in carico, ovvero che hanno sottoscritto il patto o che sono impegnati in esperienze di tirocinio extracurriculare, ammonta a circa 280mila. In pratica oltre il 57% dei percettori attivabili non occupati deve ancora essere profilato.

Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 08:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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