Reddito di cittadinanza, taglio dell'assegno a chi rifiuta il lavoro

Verso la riforma del sussidio: l’assegno sarà decurtato già al primo “no” all’impiego. Il governo vuole mettere sotto controllo la spesa totale, che già supera i 17 miliardi

Sabato 16 Ottobre 2021 di Francesco Bisozzi e Marco Conti
Reddito di cittadinanza, taglio dell'assegno a chi rifiuta il lavoro
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La scintilla sono stati i 200 milioni necessari per arrivare sino alla fine dell’anno con i reddito di cittadinanza e che il ministro Giancarlo Giorgetti ha contestato. Il fuoco arde da tempo, ma l’incendio è ormai scoppiato, con reciproco scambio di accuse tra Lega e M5S, e non sarà facile domarlo in vista della riunione della cabina di regia nella quale si discuterà di cosa fare di una riforma che Mario Draghi non vuole cancellare, ma rivedere in maniera profonda.

L’obiettivo è distinguere il sussidio per le famiglie indigenti e il sussidio per disoccupazione. Soprattutto ora che con il Pnrr e la conseguente transizione ecologica e digitale nuove forme di lavoro si affacciano e altre rischiano di scomparire. Le modifiche saranno nella legge di Bilancio, così come lo stanziamento per i prossimi anni. L’obiettivo è di ridurre drasticamente i costi di una misura che ha creato non pochi problemi sul mercato del lavoro. Draghi intende rivedere tutto il percorso di accesso al reddito che ritiene troppo facile e senza che ci siano condizioni al mancare delle quali può decadere. 

Reddito di cittadinanza, i numeri

Quasi diciassette miliardi di euro. Tanto è costato il reddito di cittadinanza fino a oggi, ma ora il governo punta a riportare la spesa per il beneficio sotto la soglia di guardia. Come? Riducendo progressivamente l’importo erogato ai percettori occupabili che rifiutano il lavoro: oggi perdono il diritto al sussidio dopo aver detto no a tre offerte congrue, ma i due primi rifiuti non costano loro decurtazioni. Di più. Sarà meno facile accedere alla prestazione di sostegno: allo studio requisiti più stringenti e il potenziamento dei controlli alla fonte, ossia a beneficio ancora da erogare. Tradotto, basta furbetti con la supercar nel garage e la card del reddito di cittadinanza nel portafoglio. I correttivi dovrebbero trovare spazio nella legge di bilancio. 
Dal ministero del Lavoro fanno sapere però che si attendono anche le conclusioni del Comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza guidato dalla sociologa Chiara Saraceno: l’attuale scala di equivalenza per esempio non convince gli esperti del comitato perché penalizza le famiglie numerose sotto il profilo degli importi erogati.  Obiettivo dell’operazione: riportare la spesa per il sussidio, che di questo passo nel 2021 eroderà quasi 9 miliardi di euro, sui livelli del 2020, quando aveva superato di poco i 7 miliardi, per poi abbatterla ulteriormente. Il problema, infatti, è che il cavallo di battaglia dei Cinquestelle toglie risorse e dunque ossigeno ad altri interventi, per le pensioni e non solo. 

I percorsi

Per smaltire lo stock di percettori attivabili (sono più di un milione) si punta anche sul rafforzamento delle politiche attive per il lavoro e sul nuovo programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori). La formazione diventerà centrale: circa il 7 per cento dei percettori del beneficio non ha la quinta elementare. Si pensa perciò di introdurre anche una nuova condizionalità legata alla formazione e di tagliare il reddito di cittadinanza a chi non segue i percorsi di riqualificazione indicati dagli addetti dei centri per l’impiego. Pure la durata dei contratti che non possono essere rifiutati senza correre il rischio di perdere il sussidio dovrebbe venire rivista al ribasso: oggi i beneficiari del reddito di cittadinanza sono tenuti ad accettare rapporti di lavoro di almeno tre mesi, mentre dall’anno prossimo potrebbero dover dire di sì anche a quelli di due mesi soltanto. Ad agosto il reddito di cittadinanza ha raggiunto 1,2 milioni di nuclei, circa 3 milioni di persone in tutto, tra cui quasi 1,2 milioni di attivabili. Di questi giusto un terzo risultava preso in carico dai centri per l’impiego a luglio. Il beneficio nei primi 8 mesi del 2020 è già costato 5,8 miliardi di euro e ormai ogni mese assorbe più di 700 milioni di euro.

Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 20:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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