Il Reddito e la pensione di cittadinanza funzionano come misura contro la povertà ma non come "aiuto" per l'inserimento nel mondo del lavoro.
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Venti miliardi di spesa per il reddito
Nel complesso, sono state circa 4,65 milioni le persone coinvolte, circa 2 milioni di famiglie, con una spesa che sfiora i 20 miliardi. «La persistenza - spiega l'Inps - sembra essere soprattutto legata alla nazionalità del richiedente, alla composizione del nucleo, all'area geografica di residenza, a indicatori economici». In pratica tra le famiglie che hanno iniziato a prendere il beneficio nel 2019 i «persistenti» sono prevalentemente al Sud e nelle Isole. A fine 2021 «quelli da più tempo presenti nella misura hanno caratteristiche più sfavorevoli rispetto ai nuclei di recente ingresso», viene spiegato nel paper. E nel trimestre aprile-giugno 2019, «su 100 soggetti beneficiari del Rdc, quelli 'teoricamente occupabilì sono poco meno di 60. Di questi: 15 non sono mai stati occupati, 25 lo sono stati in passato, e meno di 20 sono ready to work ovvero hanno una posizione contributiva recente, in molti casi con NASpI e part-time». In pratica quindi, i beneficiari del reddito sono in gran parte lontani dal mercato del lavoro. «La misura - si legge - riguarda effettivamente chi è a rischio di esclusione sociale». Due percettori su tre risiedono al Sud o nelle Isole (67% in termini di persone, 62% di nuclei, a dicembre 2021). Ma lo squilibrio è anche spiegato «da indicatori di disagio economico locale (alto tasso di disoccupazione, basso livello di istruzione, mancanza di servizi adeguati). È dunque il contesto a spiegare una parte dei divari dell'incidenza». Un gap che rivela quanto sia grave il deficit in termini di formazione e la necessità di puntare sulla riqualificazione delle competenze.
La transizione ecologica
E il ministro del Lavoro, Andrea Orlando vede nel fondo europeo 'Surè lo strumento per gestire l'impatto della transizione ecologica sul mercato del lavoro perchè «la transizione è anche transizione di competenze». «Stiamo ragionando con altri sulla possibilità di trasformare il fondo 'Surè in uno strumento che sostenga le transizioni: una sorta di mega cassa integrazione europea per il reskilling e l'upskilling». Ma uno dei nodi di fondo è che il mercato del lavoro italiano «è pessimo» e porta spessissimo a forme di occupazione «povera» avverte la sottosegretaria al Mef, Maria Cecilia Guerra. «Dobbiamo puntare sulla qualità del lavoro», eliminare le cosiddette «forme atipiche» e sottopagate che non consentono di guadagnare «abbastanza per garantire una vita dignitosa». Lo sfruttamento con tipologie di lavoro precarie e flessibili «va eliminata - rincara il segretario generala della Uil, PierPaolo Bombardieri - La politica deve avere il coraggio di fare delle scelte. In Italia negli ultimi tre anni, quindi ben prima della pandemia, su 24 milioni di contratti accesi, abbiamo avuto 4 milioni di contratti a tempo indeterminato e 20 milioni di contratti precari, part time, partite Iva, false cooperative. È lì che bisogna intervenire».