Recovery Fund, ecco come l'Italia dovrà spendere i soldi: industria, green, sanità e digitale

Giovedì 28 Maggio 2020 di Luca Cifoni
Recovery Fund, ecco come l'Italia dovrà spendere i soldi: industria, green, sanità e digitale

ROMA Digitalizzazione dell'economia, transizione ecologica, sanità, (soprattutto come spinta alla ricerca). Ma anche politica industriale e interventi per aumentare la coesione in un Paese che uscirà gravemente provato dalla recessione senza precedenti indotta dal coronavirus. L'Italia aspettava uno strumento per il Recovery Fund per dare la necessaria potenza di fuoco al programma di rilancio degli investimenti e di sostegno all'economia già abbozzato prima della crisi sanitaria ma ora diventato drammaticamente più urgente.

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Le risorse annunciate a Bruxelles sono ingenti e l'obiettivo di sostenere in misura maggiore (nell'interesse di tutta Europa) i Paesi ad alto debito è dichiarato esplicitamente nei documenti della Commissione. Allo stesso tempo si nota lo sforzo dell'esecutivo europeo di incanalare la dotazione finanziaria anche in programmi già esistenti e di ancorare la gestione del Recovery and Resilience Facility, il principale strumento operativo del nuovo Fondo, al semestre europeo, quindi ai programmi di riforma che i vari Paesi devono presentare e poi verificare a Bruxelles.

PROSSIMO IMPEGNO
Normalmente il Programma nazionale di riforma (Pnr) viene reso disponibile in aprile insieme al Documento di Economia e Finanza. Quest'anno però il governo non lo ha presentato proprio per la situazione di emergenza, riservandosi di farlo quando sarà stata avviata la strategia di riapertura delle attività produttive e saranno arrivati in porto le misure di sostegno all'economia, comprese quelli del corposo decreto Rilancio. Dunque il prossimo impegno di Palazzo Chigi e Mef è il provvedimento dedicato a semplificazioni e interventi strutturali, ma contemporaneamente - sperando che intanto il Consiglio europeo dia il via libera pur se con qualche modifica al Recovery Fund - potrà partire il lavoro di messa a punto del Pnr. In vista del quale il vice-ministro dell'Economia Misiani auspica «una discussione ampia nel Paese» che dovrebbe coinvolgere oltre alle forze politiche anche le parti sociali.

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Alcune linee direttrici sono comunque indicate seppur in termini generali nello stesso Def, e sono coerenti con le indicazioni che arrivano da Bruxelles. È il caso ad esempio dei progetti che ruotano intorno al Fondo Green new deal istituito con l'ultima legge di Bilancio (la dotazione quadriennale è attualmente di 4,2 miliardi. Dunque opere infrastrutturali che puntano a mitigare i rischi del cambiamento climatico (il dissesto di molte aree del Paese segnala quanto siano urgenti) ma anche sostegno all'economia circolare e alla rigenerazione urbana. Altrettanto, ampio, almeno potenzialmente, è il capitolo della digitalizzazione, anche qui con investimenti infrastrutturali finalizzati a modernizzare la pubblica amministrazione e migliorare la connettività a beneficio di cittadini e imprese.

LE ESIGENZE
Poi naturalmente c'è il tema sanitario; tema centrale anche se l'obiettivo di fondo della strategia europea è rendere resistente nel lungo periodo un'economia che, nel caso italiano, aveva limiti e ritardi strutturali anche prima dell'esplosione del contagio. Una parte delle esigenze immediate del sistema sanitario nazionale è stata soddisfatta con gli stanziamenti del decreto Rilancio ma le specifiche europee sull'utilizzo delle risorse lasciano spazio agli investimenti in ricerca nel settore; che nella situazione attuale vogliono dire vaccini e cure per questo virus e per altre potenziali minacce.
 



E i margini ci sono anche per investimenti finalizzati al rilancio della politica industriale nel nuovo e più sfavorevole contesto (l'automotive è solo l'esempio più vistoso) e per spese finalizzate alla coesione sociale, in un Paese in cui le lacerazioni recenti si aggiungono alle difficoltà croniche del Mezzogiorno: povertà e disoccupazione giovanile sono certamente tra i maggiori fattori di rischio che si materializzeranno nei prossimi mesi.
Il fatto che le risorse siano una tantum non permette di utilizzarle per riduzioni fiscali generalizzate mentre sono possibili defiscalizzazioni mirate a settori o finalizzate all'innovazione.

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