Pagamenti a rate, quasi la metà degli italiani ha un finanziamento in corso: media di 305 euro al mese

Quasi un cittadino adulto su due ha contratto debiti con la formula della restituzione dilazionata in più tranche

Mercoledì 7 Settembre 2022 di Francesco Bisozzi
Pagamento a rate per un italiano su due: media di 305 euro al mese. Lazio e Toscana le regioni più interessate

Oggi quasi un italiano su due vive a rate. Gli indebitati tricolore sono 22,5 milioni, in aumento di circa 1,6 milioni sul 2021. E pagano una “tassa” media di 305 euro al mese.

Un tempo solo auto, cellulari e grandi elettrodomestici erano oggetto di questa pratica: adesso i pagamenti dilazionati si usano anche per acquistare soggiorni in hotel, pacchetti vacanza, vestiti, libri di scuola. Ma con le bollette alle stelle e i nuovi piani di rateizzazione per l’energia a cui sta lavorando il governo, il debito domestico rischia di andare fuori controllo.

L’aggiornamento della Mappa del credito di Mister Credit, l’area dell’agenzia Crif che si occupa dei consumatori, evidenzia che il 46 per cento degli italiani ha un finanziamento in corso (+7,6% sul 2021). Il tasso di default è stabile all’1,1%, sui livelli più bassi degli ultimi quattro anni. In calo l’importo della rata mensile. Discorso analogo per l’esposizione residua. A fine 2021, secondo la Cgia di Mestre, il debito delle famiglie ammontava a 574,8 miliardi di euro, in crescita di 21,9 miliardi rispetto al 2020. «In questa prima parte dell’anno sia l’importo della rata mensile sia l’esposizione residua risultano in contrazione, non solo per la tendenza degli italiani a privilegiare piani di rimborso più lunghi rispetto al passato, ma anche per la minore incidenza dei contratti di mutuo all’interno del portafoglio delle famiglie, a vantaggio dei prestiti di piccolo importo», spiega Beatrice Rubini, a capo della linea Mister Credit di Crif. Insomma, gli italiani acquistano sempre più di frequente prodotti a rate. 

IL PESO
L’incidenza dei mutui, in costante calo, oggi rappresenta circa il 20 per cento del totale dei finanziamenti attivi, mentre sono i prestiti finalizzati all’acquisto di beni e servizi a risultare la forma di finanziamento più diffusa, rileva Crif, con una quota superiore al 50 per cento del totale. Nel complesso, la regione con la quota più elevata di popolazione con almeno un rapporto di credito attivo è la Valle d’Aosta, dove l’asticella arriva al 56 per cento. Seguono Toscana (con il 51,2%) e Lazio (con il 50,4%). All’estremo opposto del ranking si colloca il Trentino-Alto Adige, dove solo il 26,4% della popolazione risulta avere almeno un prestito in corso. Pochi i finanziamenti in Basilicata (36,8%) e Campania (39,8%). Il progressivo allargamento della platea dei consumatori che hanno scelto di far ricorso a un finanziamento per sostenere i propri progetti di spesa è stato favorito anche da un costo del denaro ancora contenuto, che ha contribuito a garantire la sostenibilità del debito, con il tasso di default a 90 giorni per il credito al dettaglio che nell’ultima rilevazione di Crif si è attestato come detto all’1,1%, stabile sui livelli più contenuti degli ultimi anni. M ora i conti andranno fatti anche considerando i futuri rialzi dei tassi della Bce, nel tentativo di bloccare l’inflazione, che renderanno i prestiti più cari. A livello pro-capite, nel primo semestre del 2022 la rata media rimborsata ogni mese è stata pari a 305 euro (-4,5% rispetto a un anno fa e molto lontana dai 356 euro del 2017) mentre l’esposizione residua è risultata pari a 31.893 euro (in leggera flessione rispetto alla precedente rilevazione ma in netto calo rispetto ai 34.114 euro di cinque anni fa). 

LA TENDENZA
Per quanto riguarda i mutui, la forte evoluzione degli indici di riferimento durante il secondo trimestre di quest’anno ha impattato in maniera incisiva sul mercato, sia con riferimento ai tassi di interesse applicati che alla tipologia di prodotti offerti dagli istituti di credito. Nello specifico, gli indici di riferimento Irs, a cui sono agganciati i tassi di interesse per i mutui a tasso fisso, sono schizzati verso l’alto nel corso del secondo trimestre dell’anno, riposizionandosi su livelli molto vicini a quelli di otto anni fa. Questo ha fatto sì che una quota crescente dei nuovi mutuatari si stia orientando sull’opzione di mutuo a tasso variabile. Nello specifico, per i mutui immobiliari il tasso di default si attesta ora allo 0,7% contro lo 0,8% dei prestiti personali e l’1,8% dei prestiti finalizzati.

Questa situazione di incertezza è destinata a riflettersi anche sui progetti di spesa e sulla dinamica dei prestiti alle famiglie, con un possibile rallentamento della domanda nella seconda parte dell’anno. «Senza considerare i lasciti della pandemia, le tensioni e l’incertezza generati dal conflitto in Ucraina, l’impennata dei costi dell’energia e il forte rialzo dell’inflazione inevitabilmente peseranno sulle condizioni finanziarie delle famiglie», aggiunge Beatrice Rubini, «quindi gli effetti del peggioramento del potere di acquisto delle famiglie condizioneranno soprattutto quelle più vicine al vincolo di bilancio, e ciò suggerisce di mantenere un’elevata attenzione sulla qualità del credito, in attesa di valutare le politiche economiche che saranno intraprese nei prossimi mesi per superare questa difficile fase».

Ultimo aggiornamento: 09:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA