Petrolio russo, stop a gennaio: tagli graduali in Europa per non frenare l’economia

Mercoledì 4 Maggio 2022 di Gabriele Rosana
Sanzioni Russia, stop al petrolio da gennaio: tagli graduali in Europa per non frenare l economia

Dopo l’ok della Commissione europea ieri pomeriggio, il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, che introduce lo stop al petrolio da gennaio 2023, arriva oggi sul tavolo dei rappresentanti permanenti dei governi dei Ventisette e dovrebbe entrare in vigore prima della fine della settimana. In tempo per rovinare a Putin la parata militare del 9 maggio, giorno in cui la Russia celebra la vittoria della seconda guerra mondiale. Portando a termine un lungo e certosino lavoro diplomatico iniziato già prima di Pasqua, il nuovo round di restrizioni colpirà - ma solo dopo un periodo di transizione di 6-8 mesi e con alcune importanti eccezioni - le importazioni di greggio, che per Mosca sono la principale fonte di introiti e un’importante leva finanziaria per continuare a muovere la macchina da guerra in Ucraina

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Ancora l’anno scorso, prima della corsa alla differenziazione, l’Ue importava dalla Russia il 25% del suo fabbisogno di greggio.

La conferma, dopo un fine settimana dedicato alle riunioni bilaterali tra i vertici dell’esecutivo Ue e gli ambasciatori degli Stati membri, è arrivata ieri pomeriggio dall’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, che ha assicurato che «stiamo mettendo a punto un nuovo lotto di sanzioni con lo scopo di scollegare ulteriori banche da Swift, colpire l’import di petrolio e altri attori della disinformazione russa. Lo presenteremo al Consiglio per il via libera». Al mattino era stato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel a dirsi fiducioso che «il Consiglio imporrà in via imminente ulteriori sanzioni, in particolare sul petrolio». Il nuovo round di misure non si limiterà all’oro nero: nel mirino di Bruxelles finiscono pure Sberbank, la principale banca del Paese, la Russian Agricultural Bank e la Moscow Credit Bank, così come l’istituto di credito bielorusso Belinvest: verranno tutti scollegati da Swift, il sistema di messaggistica per i pagamenti internazionali. Colpiti anche i militari coinvolti nelle stragi di civili ucraini, nuovi familiari di oligarchi e pure l’esportazione di componenti usate nella catena di produzione di armi chimiche. 

 

GLI EFFETTI

Lo stop al greggio sarà graduale e sarà effettivo soltanto a partire da gennaio 2023. Scartata l’ipotesi di una fissazione di un tetto al prezzo del petrolio patrocinata soprattutto dagli Stati Uniti, preoccupati dagli effetti sul mercato globale del petrolio dell’embargo Ue, fra gli europei è prevalsa la linea della cautela portata avanti dalla Germania: Berlino è la più esposta fra le capitali alle forniture russe, nonostante la forte accelerazione nella diversificazione degli approvvigionamenti nelle ultime settimane, e ha chiesto più tempo, nel corso dei prossimi sei mesi, per poter tagliare i ponti con i flussi russi. Il governo tedesco, sostenuto da altri partner Ue, ha voluto così replicare lo schema già adottato a inizio aprile per il carbone, la prima fonte fossile russa finita nel mirino delle sanzioni, per cui l’embargo scatterà solo a partire da agosto. L’interruzione ritardata delle importazioni garantirà all’Europa una finestra temporale essenziale per poter trovare fonti di approvvigionamento alternative con cui sostituire i flussi russi e mettere a punto intese con gli altri Paesi produttori di petrolio, dall’Arabia Saudita agli Stati Uniti, pur a fronte del rifiuto dell’Opec di aumentare l’estrazione oltre il target minimo di 400mila barili in più al giorno. Ma c’è di più. Perché l’eliminazione del petrolio russo dal mix energetico dell’Unione europea non sarà solo graduale, ma pure selettiva: risparmierà cioè i Paesi che maggiormente dipendono dall’import di Mosca. In particolare Ungheria e Slovacchia, Stati senza sbocco sul mare e per cui l’autonomia dalla Russia è più difficile, tanto che hanno ottenuto di poter estendere anche al prossimo anno il periodo di tolleranza per i loro acquisti da Mosca. Eppure ancora ieri, quando l’accordo sembrava ormai imminente, Budapest - dopo aver minacciato il veto nei giorni scorsi - è tornata a fare la guastafeste e a mettere a rischio l’unità Ue, essenziale visto che serve l’unanimità dei Ventisette per approvare le sanzioni. «Per come stanno adesso le cose, è impossibile che l’economia ungherese funzioni senza il greggio importato dalla Russia», ha detto ieri durante una visita in Kazakistan il ministro degli Esteri del governo Orbán Péter Szijjártó.
Sullo sfondo, intanto, continua il pressing su Bruxelles - come ricordato ancora ieri dal ministro Roberto Cingolani - perché fornisca «indicazioni chiare per capire se si può o meno aprire il conto in rubli» e se l’adesione allo schema del conto K che prevede il saldo delle forniture di gas in euro con successiva conversione in valuta russa rappresenta una violazione delle sanzioni. Nuove linee guida sono attese entro metà maggio, prima che arrivino a scadenza i prossimi pagamenti.

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Ultimo aggiornamento: 10:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA