Pensioni, premi per gli over 63 al lavoro. Ma c'è un canale di uscita anticipata con 61 anni e 41 di contributi

Salvini: «Risorse dal Reddito, possiamo sospenderlo per 6 mesi a chi è occupabile»

Domenica 30 Ottobre 2022 di Luca Cifoni
Pensioni, premi per gli over 63 al lavoro. Ma c'è un canale di uscita anticipata con 61 anni e 41 di contributi

Far uscire un po’ prima chi lo desidera, ma anche trattenere in servizio una serie di professionalità a partire da quelle del settore sanitario. Sul capitolo previdenza la strategia del governo si muove tra questi due obiettivi, che almeno in parte potranno essere conseguiti all’interno della stessa legge di Bilancio. I dettagli sono ancora da definire e il nodo principale - anche in questo caso - è quello delle risorse disponibili. Ma ci sono alcuni punti fermi. Il primo è quello indicato dal presidente del Consiglio nel suo intervento alla Camera prima del voto di fiducia: confermare le misure in scadenza che permettono un’uscita più flessibile. Dunque Opzione donna, con la possibilità di maturare il diritto alla pensione a 58 anni (59 per le lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi, ottenendo un assegno calcolato con il meno favorevole sistema contributivo; e Ape sociale, che permette ai disoccupati e a lavoratori impegnati in mansioni faticose di ottenere a 63 anni un trattamento-ponte in vista della pensione vera e propria.

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Pensioni, la platea di Quota 102

Poi c’è Quota 102, che scade a dicembre di quest’anno e consente l’uscita a chi ha almeno 64 anni di età e 38 di contributi: un canale che però nel 2023 riguarderebbe poche migliaia di persone, perché si tratta in larga parte della stessa platea che l’anno scorso aveva ancora diritto a lasciare il lavoro con la meno restrittiva Quota 100.
Ecco che allora che si sta valutando una combinazione diversa: arrivare a 102 ma sommando 61 anni di età e 41 di contributi (un’opzione alternativa prevede un requisito di età più alto di un anno, dunque Quota 103). Verrebbero in ogni caso favoriti lavoratori e lavoratrici che hanno iniziato a lavorare relativamente presto. Una soluzione di cui si è fatto promotore soprattutto il vicepremier Salvini, che ha anche quantificato in 1 miliardo i fondi necessari a finanziare la maggiore spesa pensionistica: molto meno di quelli richiesti dall’uscita con 41 anni di contributi ma senza vincoli di età. Secondo Salvini (ne ha parlato nel nuovo libro di Bruno Vespa) queste risorse potranno essere ottenute sospendendo per sei mesi il reddito di cittadinanza a 900 mila percettori, considerati in grado di lavorare, che avendo già percepito il sussidio per 18 mesi dovrebbero rinnovarlo.

Al ministero del Lavoro saranno comunque esaminate anche altre opzioni, a partire dall’uscita anticipata per uomini e donne con penalizzazione (attraverso il calcolo contributivo o per altra via).

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PA SGUARNITA

Accanto al tema dell’uscita anticipata, c’è però anche quello delle professionalità che andando in pensione sguarniscono settori importanti, in particolare della pubblica amministrazione. Ad esempio medici ed altri operatori sanitari: un problema che è emerso durante la fase più acuta della pandemia, ma che perdura in un periodo in cui il servizio sanitario nazionale dovrebbe recuperare i ritardi sulle cure non erogate proprio a causa del Covid. Per queste persone si sta valutando un incentivo economico, anche a compensazione dello stress sempre più associato al lavoro in ospedale e nelle strutture sanitarie. Più precisamente, uno sgravio contributivo che permetterebbe agli interessati di trattenere in busta paga le somme da versare allo Stato ottenendo così un “netto” più sostanzioso. Andrebbe però poi compensato l’effetto sulla pensione futura.

 

 

IL PRECEDENTE

Attualmente il sistema contributivo contiene già in sé un meccanismo di incentivazione della permanenza al lavoro, perché ad età di uscita più avanzate corrispondono più generosi coefficienti di trasformazione del capitale in rendita. Ma il beneficio si manifesta solo una volta conseguito il trattamento pensionistico. L’idea del governo è invece intervenire già sulle retribuzioni degli ultimi anni di attività. Qualcosa di simile alla formula introdotta ormai quasi una ventina di anni fa dall’allora ministro Maroni: coloro che in base alle regole dell’epoca maturavano il diritto alla pensione con 40 anni di lavoro potevano restare in attività aggiungendo alla retribuzione anche tutti i contributi previdenziali (compresi quelli a carico dell’azienda); contributi che nel sistema retributivo allora vigente non erano di fatto più utili ad incrementare il futuro assegno previdenziale.

Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 11:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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