Pensioni, oggi si esce 62 anni e 38 anni di contributi versati: cosa succederà con quota 102 e 104

Ecco i parametri per lasciare il lavoro fino al 31 dicembre e i contenuti della riforma

Lunedì 25 Ottobre 2021 di R.Ec.
Riforma delle pensioni, scontro in maggioranza: tutte le opzioni in campo per il post-Quota 100

«Il problema è il metodo della Quota, Quota 100 è stato un errore, meglio lavorare su giovani e donne». Dopo le parole di ieri sera a "Che tempo che fa" sulla riforma pensionistica del segretario del Pd Enrico Letta, il clima in maggioranza si è fatto rovente. La Lega di Matteo Salvini è sulle barricate per difendere il suo provvedimento simbolo dell'epoca del governo Conte I o quantomeno trovare un nuovo sistema per non tornare entro due anni alla Legge Fornero. Il ministro dell'Economia Daniele Franco, per limitare l'esborso pubblico e trovare un compromesso tra le anime del governo, aveva proposto Quota 102 per il 2022 e Quota 104 per il 2024, ma le opzioni sono state bocciate da Carroccio e sindacati.

In campo ora, in attesa di un confronto tra Salvini e il premier Mario Draghi ci sarebbe la nuova proposta di Franco di tre quote da qui al 2024 e la contemporanea estensione dell'Ape sociale per i lavoratori gravosi. Lega e rappresentanti dei lavoratori, però, non cedono e ora puntano su quota 41. Le opzioni dunque, cominciano a diventare tantissime, con il rischio che gli italiani facciano sempre più confusione.

Facciamo chiarezza.


Pensioni, scontro Lega-Pd. Letta: «Il sistema delle quote è sbagliato»

Riforma di Quota 100, la proposta delle tre quote fino al 2024

Il prossimo 31 dicembre scadrà Quota 100, il meccanismo che ha permesso dal 2019 ad oggi di andare in pensione con almeno 62 anni e 38 anni di contributi versati. Secondo gli ultimi dati disponibili (al 31 agosto), infatti, per il meccanismo approvato dall'allora governo gialloverde l'Inps ha accolto 341.128 domande su 433.202 presentate, di cui solo il 65% con 62 e 63 anni e contro il milione di richieste che ci si aspettava.

Quota 100 dal 2019 ad oggi è costatata 11,6 miliardi di euro, ma i costi da qui al 2030 si sarebbero ridotti in percentuale, arrivando nel 2030 a una spesa complessiva di 18,8 miliardi. Per Mario Draghi, tuttavia, è una spesa troppo onerosa e come ha detto a margine dell'ultimo Consiglio Ue il suo obiettivo è «tornare in maniera graduale alla normalità». Cioè alla legge Fornero, che prevede la pensione, tranne per i lavoratori gravosi coperti dall'Ape sociale (in via di rinnovo e ampliamento), dopo i 67 anni.


Manovra, taglio delle tasse a rischio rinvio. Pensioni, uscita in tre quote

Per trovare una via di uscita, al Ministero dell'Economia stanno tentando di rastrellare risorse aggiuntive (si arriverebbe comunque a meno di 1 miliardo), in modo da poter individuare delle soluzioni che riescano ad avere l’okay di Matteo Salvini e degli altri soci di maggioranza. Per ora - dopo che è stata bocciata dalla Lega e dai sindacati l’idea di fissare quota 102 per il 2022 (64 anni più 38 di contributi) e 104 per il 2023 (66 anni più 38 di contributi) - si continua a lavorare su «uno schema di mediazione», come dice una fonte di governo, che spalma l’uscita da quota 100 in tre anni garantendo (appunto) maggiore gradualità: 102 per il 2022, 103 per il 2023 e 104 per il 2024, con possibile età fissata sempre a 64 anni e aumento del requisito contributivo (38, 39 e 40 anni). E verrà «data attenzione ai lavori usuranti indicati dalla commissione Damiano», dice chi ha parlato con Draghi nelle ultime ore.

La controproposta di Lega e sindacati

Bocciata la proposta di uscita quota 102 sia nell’anno prossimo che nel 2023, la Lega tratta ed esplora un’altra ipotesi. «Si può lavorare a una vera riforma strutturale delle pensioni», spiega Claudio Durigon che per Salvini segue il dossier-previdenza, «con quota 41, che permetterebbe a chi ha 41 anni di contributi e 62 anni di età di andare in pensione. I costi dovrebbero essere pari a quelli preventivati. E per le donne si potrebbero prevedere agevolazioni, tra i 6 mesi e un anno, per ogni figlio». L'idea, poi, sarebbe di tenere ferma un’età minima in uscita, per superare le enormi perplessità di Draghi e del resto della maggioranza. I sindacati, con la Cgil in prima linea, sono da sempre favorevoli a quota 41 e ora si trovano d'accordo anche su nuove forme di flessibilità dopo i 62 anni.

Pensioni, ipotesi quota 102 e 104 dopo la scadenza di quota 100: ma l'uscita è per pochi

Secondo i tecnici del sindacato guidato da Maurizio Landini e dell'Osservatorio Previdenza della Fondazione Di Vittorio, poi, quota 102 e 104 tra 2022 e 2023 coinvolgerebbero solo 10mila persone, circa 8mila il primo anno e 2mila il secondo.

L'ampliamento dell'Ape sociale

Il governo prevede dunque l'estensione dell'attuale Ape sociale. Quest'ultima ad oggi permette di andare in pensione con almeno 63 anni e 30 di contributi se si rientra in alcune categorie definite socialmente deboli, come i disoccupati (tre mesi dopo aver usato tutti gli ammortizzatori sociali), i disabili (almeno al 74%) o chi lavora e assiste in casa un familiare disabile.

A questi si aggiungono i lavoratori con almeno 36 anni di contributi che svolgono mansioni usuranti (e che le hanno svolte in modo continuativo per almeno sei anni negli ultimi sette e per almeno sette anni negli ultimi dieci). Per le lavoratrici madri in queste condizioni il requisito contributivo di 30 o 36 anni viene ridotto fino a due anni se si hanno più o due figli (con un solo figlio di un anno). In tutto le categorie attualmente previste sono 15: operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici; conciatori di pelli e di pellicce; facchini; personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia; insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido; operai dell’agricoltura; pescatori; siderurgici e lavoratori del vetro; operatori ecologici; addetti all’assistenza di persone non autosufficienti; autisti di mezzi pesanti e treni; conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni; infermieri e ostetrici; marittimi e personale viaggiante dei trasporti marini.

Ape sociale: tra i nuovi lavori gravosi magazzinieri, forestali e portantini. Esclusi tassisti, colf e bidelli

Le categorie coinvolte

A strutturare la proposta di riforma è stata la Commissione sui lavori gravosi guidata dall'ex ministro del Pd Cesare Damiano, ora consulente del ministro del Lavoro Andrea Orlando. Il gruppo di esperti ha ricalcolato con alcuni criteri tecnici gli indici statistici che sono forniti dall'Inps, l'Istat e l'Inail e considerano la fatica psicologica e fisica del lavoro svolto, oltre alla probabilità di infortuno e incidenti.

Le nuove categorie sono state individuate perché presentano infortuni e malattie professionali sopra la media. Tra queste ci sono: benzinai, forestali, magazzinieri, saldatori, portantini, chi conduce macchinari in miniera, falegnami, alcuni operatori sanitari non ancora coinvolti, i fabbri, i conduttori di impianti, i saldatori, e gli operai forestali, gli operatori della cura estetica. La Commissione ha poi proposto di estendere l'Ape sociale fino al 2026 e l’eliminazione della condizione di conclusione della prestazione di disoccupazione da almeno 3 mesi ai fini dell’accesso alla pensione anticipata. Per gli operai edili, poi, l'idea è quella di abbassare da 36 a 30 gli anni di contribuzione minimi per l'ape sociale. Secondo le tabelle dell'Inps, per il 2022 l’aggravio sarebbe di 126,7 milioni di euro, 337,1 nel 2023 e 520,7 milioni nel 2024 (arrivando a un totale triennale di 1 miliardo), per poi salire fino a 805 milioni di euro nel solo 2026. 

Opzione donna verso la riconferma

Dopo le parole di Letta, poi, sembra in via di riconferma Opzione donna, in scadenza a fine anno, e su cui tuttavia il ministro Franco si era mostrato dubbioso. Si tratta di un sistema che permette alle donne di ritirarsi dal lavoro ad almeno 58 anni (se autonome a 59, in ogni caso da compiere entro il 31 dicembre 2021) e con 35 di contribuzione. In questo caso, però, il calcolo dell'assegno è fatto tutto con il metodo contributivo, con le lavoratrici che per alcuni anni sono rientrate nel retributivo che potrebbero subire una penalizzazione sull'assegno fino al 30%.

Per risparmiare, tra le opzioni in campo per il rinnovo, però, c'è quello di una importante modifica della misura: ad accedervi potrebbe essere chi ha almeno 60 anni. In questo modo il meccanismo costerebbe decisamente meno.

La proposta dell'Inps di Tridico

L'Inps di Pasquale Tridico, intanto, continua a proporre una via alternativa per la riforma pensionistica. Lo schema elaborato dai suoi tecnici prevederebbe per i lavoratori appartenenti al sistema misto (quelli attivi dopo il 1995), la possibilità di accedere intorno ai 63-64 anni a una prestazione di importo pari alla quota contributiva maturata alla data della richiesta (ovviamente accettando un taglio del trattamento) per poi avere la pensione completa al raggiungimento dell’età di vecchiaia. Questa ipotesi, secondo i calcoli dell’Inps, sarebbe sostenibile, con un aggravio di circa 2,5 miliardi per i primi tre anni e risparmi a partire dal 2028. Nel 2022 potrebbero accedere a questo strumento 50mila persone per una spesa di 453 milioni mentre nel 2023 potrebbero accedere 66mila persone per 935 milioni.

Quota 100, cosa succede dopo la scadenza? Le ipotesi per la pensione anticipata nel 2022 e 2023

Gli anni con il costo più sostenuto sarebbero il 2024 e 2025 con oltre 1,1 miliardi l’anno e 160mila uscite nel biennio. I requisiti sarebbero: almeno 63-64 anni di età (requisito da adeguare alla speranza di vita); essere in possesso di almeno 20 anni di contribuzione; aver maturato, alla data di accesso alla prestazione, una quota contributiva di pensione di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. La prestazione completa spetterebbe fino al raggiungimento del diritto per la pensione di vecchiaia e sarebbe parzialmente cumulabile con redditi da lavoro dipendente e autonomo. Inoltre si potrebbero prevedere meccanismi di staffetta generazionale, legati anche a part time, mentre il meccanismo sarebbe incompatibile con trattamenti pensionistici diretti, trattamenti di sostegno al reddito, reddito di cittadinanza, Ape sociale e indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale. 

Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 00:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA