Pensioni, aumenti a marzo 2024 con la nuova Irpef e gli arretrati (ma non per tutti): tabelle, simulazioni e calcoli

Nel cedolino di pensione di marzo 2024 ci saranno anche i conguagli e arretrati relativi alle pensioni di gennaio e febbraio 2024

Lunedì 4 Marzo 2024
Pensioni, aumenti a marzo con la nuova Irpef (e da aprile arrivano gli arretrati): tabelle, simulazioni e calcoli

Pensioni 2024, arrivano gli aumenti con l'applicazione della nuova Irpef e la rivalutazione dell'assegno con gli arretrati. A comunicarlo è stato l'Inps attraverso una circolare. L'aumento riguarda coloro che hanno una rata di pensione tra 1.250 e 2.333 euro (1.154 e 2.154 euro considerando la tredicesima), grazie al risparmio Irpef del 2%.

Nel cedolino di pensione di marzo 2024 ci saranno anche i conguagli e arretrati relativi alle pensioni di gennaio e febbraio 2024, sempre per coloro che hanno una pensione annua imponibile fiscale tra 15.000 e 28.000 euro. Ecco i calcoli, le simulazioni e le tabelle.

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Nuova Irpef

Dal rateo di pensione di marzo 2024 l’Inps procede all’applicazione delle novità introdotte dal decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 216. Le trattenute Irpef vengono quindi effettuate sulla base della riduzione da quattro a tre degli scaglioni di reddito. Sono inoltre adeguati gli importi delle detrazioni personali da lavoro dipendente sulle prestazioni sulle quali sono riconosciute in alternativa alla detrazione da pensione. Si ricorda, in proposito, che la detrazione spetta sul complesso dei trattamenti riconosciuti al medesimo soggetto. Inoltre, insieme al rateo di pensione, viene corrisposto il conguaglio relativo al ricalcolo dell’Irpef applicata sui ratei di pensione di gennaio e di febbraio 2024.

 

Calendario pagamenti

La prima data nel calendario dei pagamenti è per venerdì 1° marzo, con accredito su conto corrente o ritiro in contanti presso le Poste. Nel dettaglio:

A – B: Venerdì 1 marzo 2024;
C – D: Sabato 2 marzo (solo mattina);
E – K: Lunedì 4 marzo 2024;
L – O: Martedì 5 marzo 2024;
P – R: Mercoledì 6 marzo 2024;
S – Z: Giovedì 7 marzo 2024.

Aumenti e arretrati

Per la fascia corrispondente tra le quattro e le cinque volte il minimo, l'importo sarà rivalutato dell'85% dell'inflazione, ovvero del 6,205%, mentre chi conta su un reddito da pensione tra le cinque e le sei volte il minimo (da 2.626,91 a 3.152,28 euro) riceverà solo il 53% dell'inflazione pari a una rivalutazione del 3,869%. Le percentuali di rivalutazione scendono all'aumentare dell'importo della pensione (insieme dei redditi pensionistici) fino ad arrivare ad appena il 32% di rivalutazione per chi ha assegni superiori a 10 volte il minimo (5.253,81 euro al mese) con il recupero rispetto all'aumento dei prezzi del 2,336%.

 

Fasce di reddito

Le fasce di reddito individuate nella legge di bilancio:

- 85% per le pensioni pari o inferiori a 5 volte il minimo tra 2.101,52 e 2.625 euro

- 53% per le pensioni pari o inferiori a 6 volte il minimo tra 2.626 e 3.152 euro

- 47% per le pensioni pari o inferiori a 8 volte il minimo tra 3.153 e 4.203 euro

- 37% per le pensioni pari o inferiori a 10 volte il minimo tra 4.204 e 5.253 euro

- 32% per le pensioni superiori a 10 volte il minimo oltre 5.254 euro

 

Calcoli e simulazioni

Il decreto interministeriale del 20 novembre 2023, spiega l'Inps, ha previsto che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l'anno 2023 è determinata in misura pari a +5,4 dal 1° gennaio 2024, salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l'anno successivo.

L’articolo 1, comma 135, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30 dicembre 2023, Supplemento Ordinario n. 40/L, dispone inoltre che nel 2024 la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, è riconosciuta:

- per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento;
- per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi:

- nella misura dell’85 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS [...];
- nella misura del 53 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS. [...];
- nella misura del 47 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo INPS. [...];
- nella misura del 37 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a dieci volte il trattamento minimo INPS. [...];
- nella misura del 22 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a dieci volte il trattamento minimo INPS”.

 

Pagamento sospeso per chi non ha il RED

Il 29 febbraio 2024 è scaduta la possibilità di inviare la dichiarazione della situazione reddituale, comunemente chiamata modello RED, relativa ai redditi percepiti nel 2021. Questa dichiarazione deve essere sottoscritta da una determinata fascia di soggetti, tra cui alcuni pensionati. Il mancato invio del modello RED può comportare una sospensione, temporanea o definitiva, delle prestazioni erogate all'interessate. Vediamo chi avrebbe dovuto inviare questa dichiarazione e cosa fare se non si è rispettata la scadenza del 29 febbraio.

 

Cosa è e chi è obbligato

Sono obbligati a inviare il modello RED i titolari di prestazioni economiche collegate al reddito. Tra questi, in particolare, figurano una serie di categorie di pensionati, come ad esempio i pensionati che negli anni precedenti non hanno avuto redditi oltre a quello da pensione (soltanto se la situazione reddituale è variata rispetto a quella dichiarata nell’anno precedente); titolari di prestazioni collegate al reddito che non comunicano integralmente all’amministrazione finanziaria tutti i redditi influenti sulle prestazioni (per esempio chi è percettore di reddito da lavoro dipendente prestato all’estero, di interessi bancari, postali, Cct, titoli di Stato o proventi di quote di investimento); chi non deve presentare la dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate e possiede redditi ulteriori a quelli da pensione, come quello da abitazione principale; i titolari di alcune tipologie di redditi rilevanti ai fini previdenziali come quelli derivanti da collaborazione coordinata e continuativa.

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