Quota 102-bis, in pensione a 61 anni (con 41 di contributi): come funziona la nuova ipotesi a cui lavora il governo

Quota 100 o 102 "flessibile" dovrebbe consentire l'uscita dei lavoratori di età compresa tra i 61 ed i 66 anni con almeno 35 anni di contributi

Sabato 22 Ottobre 2022 di Andrea Bassi
Pensione a 61 anni con Quota 100 "flessibile", l'ipotesi su cui sta lavorando il nuovo governo

Marina Elvira Calderone, neo ministro del lavoro, dovrà gestire uno dei dossier più scottanti del nuovo governo: la riforma delle pensioni. Tra un paio di mesi scadrà “Quota 102”, lo scivolo che permette di lasciare il lavoro con 64 anni di età e 38 di contributi.

Poi dal primo gennaio del prossimo anno, se nulla accadrà nel frattempo, si tornerà alle ordinarie regole della legge Fornero, con il pensionamento a 67 anni. Il ministro Calderone, non appena giurato nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha già detto come intende procedere: «Con un rinnovato dialogo sociale». Sulle pensioni, insomma, farà molto probabilmente ripartire il tavolo di confronto con i sindacati voluto dal governo Draghi e che si era interrotto con lo scoppio della guerra in Ucraina. Così ieri sarebbe rimasta sorpresa, per il fatto che uno studio tecnico della Fondazione dei consulenti del lavoro, con un ipotesi di pensionamento a 60 anni con 35 di contributi, sia stata indicata come una proposta politica. Cosa che invece non è.

Cosa c’è allora effettivamente sul tavolo della riforma? Il confronto tra sindacati e governo Draghi non era arrivato ad una sintesi sull’uscita anticipata. Il governo aveva proposto uno scivolo a partire dai 64 anni di età, ma con un ricalcolo contributivo dell’assegno. I sindacati, invece, hanno sempre proposto una doppia alternativa: o quota 41 per tutti, o un’uscita anticipata a partire dai 62 anni. Ed è proprio da questi punti che riprenderanno le trattative, che dovrebbero essere rapide, tra il governo e le parti sociali. I tecnici in realtà sarebbero già al lavoro quanto meno per capire i costi delle varie soluzioni sul tavolo. Qualche simulazione sarebbe anche già stata chiesta all’Inps. Su un’ipotesi in particolare: una sorta di Quota 41 “ammorbidita”. Che poi si potrebbe anche tradurre come una Quota 102 bis. 

L’idea in pratica sarebbe questa: consentire, almeno per il prossimo anno, di lasciare il lavoro con 41 anni di contributi e 61 anni di età. Il costo stimato di questa soluzione sarebbe, nel primo anno, di 700 milioni di euro. Compatibile, insomma, con i conti pubblici e una manovra che quest’anno potrebbe non avere dei grandissimi margini per riforme profonde delle pensioni. Ma si tratta comunque, di un’ipotesi al momento “tecnica”, a fianco della quale ce ne sono anche altre, come la cosiddetta “Opzione Uomo”, ossia un meccanismo simile a quello già oggi previsto per le donne e che consente il pensionamento anticipato a 58 anni con 35 di contributi accettando il ricalcolo contributivo dell’assegno. 

IL PASSAGGIO
E proprio a proposito di “Opzione donna”, va ricordato che alla fine dell’anno questo scivolo andrà a scadenza. Così come pure l’Ape sociale, l’assegno pensionistico che permette l’uscita a 63 anni per chi svolge lavori gravosi. Si tratta di due strumenti che dovrebbero comunque essere confermati, anche perché fino ad oggi hanno avuto costi limitati. Al tavolo tra Draghi e i sindacati si era discusso anche di rendere strutturali le due misure, o quantomeno di allungare l’Ape sociale fino al 2026. Si tratta di due temi che potrebbero essere ripresi anche dal nuovo governo. 

Ultimo aggiornamento: 23 Ottobre, 12:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA