Pensioni, c'è il piano: via con 41 anni di contributi senza limite di età. L'annuncio di Freni: «Opzione donna, troveremo un compromesso»

Il sottosegretario all'Economia: «Opzione donna è una misura costosa, troveremo una soluzione di compromesso»

Mercoledì 28 Dicembre 2022 di Luca Cifoni
Pensioni, c'è il piano: via con 41 anni di contributi senza limite di età. Freni: «Sarà eliminato il requisito anagrafico»

Sottosegretario all’Economia Federico Freni, la legge di Bilancio lascia aperti molti nodi in materia di previdenza: quando partirà il tavolo con le parti sociali verso quale tipo di flessibilità in uscita si dirigerà?
«La scelta è chiara: quota 41 è un metodo, non uno spot.

Solo ragioni di costo hanno richiesto l’inserimento di un coefficiente anagrafico a 62 anni, ma il futuro è verso l’azzeramento progressivo del limite di età. Quindi si potrà andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età». 

Ci sono possibilità di recuperare Opzione donna in versione meno ristretta?
«Purtroppo Opzione donna non era sostenibile economicamente nella versione conosciuta sino ad oggi. Ma si tratta di una misura che intercetta un bisogno di tutela cui non possiamo e non vogliamo negare risposte. Vedremo di trovare una quadra migliorativa».

Sempre parlando di previdenza, le limitazioni alla rivalutazione sono state giudicate penalizzanti da varie categorie professionali. 
«Abbiamo scelto di supportare in modo deciso i redditi medio bassi, limitando la rivalutazione previdenziale solo a determinate fasce. Abbiamo creduto giusto supportare chi ha più bisogno, chi a fronte dell’inflazione galoppante ha perso maggiore potere di acquisto, partendo dalle pensioni più basse. È stata una scelta politica». 

Questo schema varrà anche nel 2024 o potrebbe essere rivisto nei prossimi mesi?
«Nei prossimi mesi l’andamento dell’inflazione sarà il parametro per le nostre scelte».

Il ministero dell’Economia ha rivendicato la prudenza finanziaria della manovra. 
«Quella approvata dalla Camera è una legge di bilancio prudente, all’insegna del buonsenso, con una larga parte dedicata all’energia, come è giusto che sia. Abbiamo però avviato un percorso netto e deciso, in chiara discontinuità con il passato, dando un tratto politico ai provvedimenti economici, nel rispetto del mandato ricevuto dagli elettori». 

Quali capitoli sono rimasti incompleti?
«C’è ancora molto da fare: oltre al completamento di quota 41, la definitiva ristrutturazione del nostro sistema fiscale e la definizione di politiche energetiche e di sviluppo che guardino al futuro e non al passato. Abbiamo messo da parte molte idee e molte proposte, ma ci aspettano cinque anni di governo, il tempo non mancherà».

In base alle vostre stime è possibile ipotizzare per la metà 2023 un rallentamento dell’inflazione e il ritorno ad una politica economica “normale”?
«Questa nostra inflazione è strettamente dipendente dalle fluttuazioni dell’energia, e la sua effettiva persistenza è difficilmente stimabile: ma è ragionevole attendere un rallentamento per la seconda metà dell’anno, a condizione - ovviamente- che il trend energetico segua la stessa linea».

In ogni caso a fine marzo scade la maggior parte dei sostegni a famiglie e imprese a fronte del caro-bollette.
«Il costo dell’energia sarà il parametro di valutazione di ogni intervento. Ma una cosa è certa, non faremo mai mancare il nostro sostegno a famiglie ed imprese».

Anche quest’anno la manovra è stata discussa faticosamente, solo in un ramo del Parlamento. Si può pensare che dal prossimo autunno si tornerà ad una sessione di bilancio meno sacrificata?
«Nonostante il governo si sia insediato a fine ottobre i tempi della manovra, calendario alla mano, sono stati assolutamente identici rispetto agli ultimi due anni. La compressione cui sono andate incontro le sessioni di bilancio non dipende dalla volontà del governo, ma dalla particolare situazione in cui ci siamo trovati dal 2020 ad oggi: legiferare per decreto non aiuta a snellire l’iter parlamentare e, soprattutto, crea sovrapposizioni che impediscono una sessione di bilancio più fluida e lineare».

Parliamo dei rilievi della Ragioneria…
«Un mito da sfatare: rispetto agli ultimi cinque anni quest’anno la nota di Ragioneria è stata di gran lunga la meno dura: un solo stralcio e alcuni rilievi marginali. Ricordo anni, anche in tempi recentissimi, con oltre 60 rilievi e quasi 15 stralci. Ma è fisiologico che sia così: è giusto che vi sia sempre un controllo a valle che garantisca l’equilibrio contabile».

Eppure l’opposizione ha tuonato contro il metodo seguito.
«Ho grande rispetto le posizioni dell’opposizione e per le sue battaglie, ma credo sia giusto che ciascuno reciti la propria parte in commedia. Mi preoccuperei, insomma, se dall’opposizione arrivasse un plauso incondizionato all’operato del governo». 

Per la Lega, di cui lei fa parte, quali sono i risultati più rilevanti?
«Parto dalla mia Regione: finalmente, grazie al lavoro dei parlamentari della Lega, è stato approvato il commissariamento di un’infrastruttura strategica come la Roma – Latina: erano decenni che l’immobilismo della Regione Lazio ne impediva la costruzione. Poi mi piace ricordare i fondi alle infrastrutture ospedaliere del basso Lazio, tanto necessari quanto attesi da tempo. E ancora, sul piano nazionale, il rifinanziamento del bonus mobili, la riduzione dell’IVA sul pellet e sul teleriscaldamento, oltre al rafforzamento di flat tax e pace fiscale: vero e proprio ossigeno per famiglie e imprese.

Due misure che le sono particolarmente care?
«Tra tante misure strutturali e di sistema mi piace citare due piccoli ma significativi interventi: l’acquisto della villa di Giuseppe Verdi, che rischiava di finire all’asta in mano a corsari ed avventurieri, e il finanziamento stabile del festival Donizetti di Bergamo. Proteggere le nostre radici e la nostra cultura, significa proteggere il futuro dei nostri figli».

 

Ultimo aggiornamento: 17:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA