Patuelli (Abi): «I tassi su non spaventano, ma il Pnrr deve marciare»

Il presidente dell’Abi: «Banche e imprese adesso collaborino per prevenire la crisi»

Domenica 24 Luglio 2022 di Rosario Dimito
Patuelli (Abi): «I tassi su non spaventano, ma il Pnrr deve marciare»

Il costo del denaro resta molto basso, nonostante Bce ci abbia fatto uscire dal lungo periodo di tassi negativi, anche rispetto agli anni del miracolo economico. Le imprese non devono temere perché hanno linee di finanziamento diversificate. Ma la fortuna per l’Italia che si trova ad affrontare una campagna elettorale tra le più imprevedibili, è che il Pnrr è già stato definito. Ora dovrà solo essere realizzato, e non sarà impresa facile viste le lentezze cui ci hanno abituato le burocrazie centrali e locali. Ma Antonio Patuelli, da nove anni leader dell’Abi, in questa intervista al Messaggero, sdrammatizza un certo allarmismo alimentato dalle recenti decisioni della Banca centrale.

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Presidente Patuelli, l’aumento dei tassi dello 0,50% annunciato dalla Bce da un lato serve per contrastare l’inflazione, dall’altro potrebbe però creare nuove difficoltà a famiglie e imprese. Non le sembra una contraddizione?
«La Bce ha aumentato dello 0,50% i tassi dopo che le banche centrali Usa e del Regno Unito avevano deciso incrementi ben maggiori, ugualmente per combattere l’inflazione che è un fenomeno ora diffusissimo nel mondo.

Per l’Europa dell’euro lo scopo era anche di uscire dalla fase eccezionale dei tassi negativi che non ha precedenti nella storia d’Italia. Se lo valutiamo in questa ottica si tratta di un aumento oggettivamente limitato per l’Europa, e in ogni caso il costo del denaro rimane ancora bassissimo rispetto perfino agli anni del secondo dopo guerra, quando l’Italia stava costruendo e realizzando il “miracolo economico”. Aggiungo che moltissimi mutui stipulati dalle famiglie negli scorsi anni hanno tassi fissi, quindi senza oneri aggiuntivi. Davvero non vedo contraddizione».


E’ però innegabile che le imprese verranno danneggiate dovendo pagare di più per i prestiti: non c’è il rischio di un’ulteriore crescita delle insolvenze?
«I tassi non sono solo fissati dalle banche centrali, ma anche dal mercato. Le imprese hanno linee di finanziamento molto diversificate, perciò penso che l’aumento dei tassi annunciato nell’Europa dell’euro non graverà in maniera rilevante. Soprattutto per quelle imprese che hanno usufruito dei prestiti poliennali in gran parte garantiti dallo Stato per l’emergenza pandemica. Ovviamente non nego che non ci siano rischi di una nuova crisi delle imprese e dunque di una crescita dei crediti deteriorati».


Come impedire che il fenomeno ci riporti a metà del decennio passato?
«Imprese e banche dovranno collaborare per prevenire queste possibilità di nuova crisi».


L’aumento dei tassi ha un risvolto positivo perché alimenta il margine di interesse delle banche. Quindi le fa guadagnare di più. Lei in più occasioni ha riconfermato il sostegno del sistema all’economia, ma oggi il cavallo potrebbe non essere più in grado di bere. Ne conviene?
«E’ un rischio che le banche conoscono bene e non è l’unico che corrono quotidianamente, soprattutto in una fase di perdurante pandemia, di crisi energetica e di guerra in Ucraina. Peraltro, nonostante il rialzo dei tassi il margine di guadagno continua a essere molto limitato, fra quelli più bassi della storia d’Italia. Per contro, a mio avviso, il momento continua a essere propizio per gli investimenti proprio perché i tassi continuano a essere molto bassi e non cala la spinta alla ripresa».


Francoforte ha varato uno scudo per difendere i Paesi fragili come l’Italia dalla speculazione più esasperata: non c’è rischio per la sovranità del Paese se le condizionalità fossero pesanti?
«La Bce ha definito un indirizzo strategico riservandosi di definire poi più precise metodologie. Valuteremo più avanti le eventuali condizionalità. In ogni caso, più l’Italia avrà conti in ordine e meno avrà emergenze dovute alla volatilità degli spread e dunque meno avrà bisogno di interventi straordinari attraverso il nuovo “scudo” Bce. Per difendere la sovranità gli Stati debbono tenere in buon ordine i propri conti e non eccedere in deficit e debito pubblico. La ricetta è nota».


Con la sua esperienza, non ritiene che con maggiore senso di responsabilità delle forze politiche, il governo Draghi avrebbe potuto portare a termine il suo mandato fino alla scadenza naturale?
«L’Abi è distinta e distante dalle polemiche politiche e non dà giudizi sulle crisi di governo. Comunque le banche restano pienamente operative a sostegno dell’economia produttiva e dell’attuazione del Pnrr, così come sono state impegnatissime anche in ogni giorno di pandemia acuta».


Il Paese ha bisogno dei fondi del Pnrr così come delle riforme a esso collegate: quali rischi vede con un governo diverso da quello guidato da Draghi, quale che sia il colore?
«Le decisioni sul Pnrr sono state in gran parte già assunte dalle Istituzioni della Repubblica e ora debbono essere materialmente realizzate. Mi auguro davvero che lo scioglimento delle Camere non rallenti la fase esecutiva del Pnrr, per il quale il governo, tutt’ora in carica per gli affari correnti, mantiene le competenze attuative come disposto dalla circolare firmata dal premier».


La Borsa ha tenuto in modo apprezzabile davanti alla crisi politica, eppure c’era chi temeva una tempesta perfetta. C’è chi sostiene che i mercati avevano già metabolizzato questo epilogo del governo Draghi. E’ una spiegazione coerente?
«Sono mesi che la speculazione sta muovendosi quasi quotidianamente sui mercati, compreso quello italiano. La speculazione frequentemente cerca di anticipare gli eventi, ricercando l’accentuazione degli effetti di ogni novità. Comunque in questi anni, anche con l’aiuto della Bce e dell’Unione europea, l’Italia si è rafforzata, nonostante il suo eccessivo debito pubblico. In particolare le banche hanno fatto grandi sforzi a sostegno dell’economia e di rafforzamento dei propri indici di solidità patrimoniale. Insomma, l’Italia appare più solida, credo abbia giocato anche questo».


Fitch e Moody’s si erano espresse per la continuità, ora che il governo si è dimesso teme un downgrade?
«Non sottovaluto mai, ma nemmeno sopravaluto, le prese di posizione delle società di rating che tante volte in passato abbiamo visto sbagliare i propri giudizi. Comunque i rating debbono valutare innanzitutto i fondamentali economici. L’Italia, nonostante tutto, non è rassegnata, le imprese stanno dimostrando grande flessibilità e capacità di adattarsi e di svilupparsi anche nelle emergenze. Di sicuro le agenzie di rating valuteranno anche questo».
 

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